Testo e foto di Paolo Barosso
Nei pressi dell’abitato di Borgofranco d’Ivrea, lungo la strada che conduce in Val d’Aosta, si trovano i Balmit (Balmetti), caratteristiche cantine naturali addossate alle rocce moreniche del massiccio del Mombarone. Se ne contano oltre duecento e sono in uso sin da tempi antichi per la conservazione di tome, salumi e vino.
La peculiarità dei Balmit (dal vocabolo d’origine celto-ligure balma, che indica il riparo sotto roccia, da cui traggono origine diversi toponimi dell’area alpina piemontese) è spiegata da un singolare fenomeno geo-naturale.
Le correnti d’aria, localmente chiamate òre, che spirano dalle viscere della montagna infilandosi nelle fenditure delle rocce modellate dal ghiacciaio balteo, consentono di mantenere costanti, all’interno delle cantine, il tasso di umidità e la temperatura, quest’ultima attestata sui 7/8 °C in tutte le stagioni.
Mitigando il freddo invernale e rinfrescando le calde estati, le correnti creano un ambiente favorevole al deposito e alla conservazione di derrate alimentari e soprattutto del vino.
La nascita dei Balmit è legata alla coltivazione della vite, attestata in zona (borgata Biò e collina di Montebuono) sin dal XII secolo e praticata sui caratteristici terrazzamenti artificiali che modellano i versanti più riparati dai freddi venti della valle. Qui i viticoltori di Borgofranco producono ancor oggi il Vin dël balmèt bianco, in prevalenza da uve Erbaluce, e il Vin dël balmèt rosso, miscela di Nebbiolo, Barbera, Neyret e Vernassa.
La natura in origine paludosa dei terreni di Borgofranco, impedendo lo scavo delle cantine nel sottosuolo, favorì la ricerca di soluzioni alternative inducendo gli abitanti a ricavare gli ambienti per la conservazione di vini e formaggi là dove era possibile captare l’aria fredda proveniente dal seno della montagna.
Con il tempo, in corrispondenza delle cantine appoggiate alla roccia, si sono realizzati degli edifici più complessi, che appaiono oggi come un insieme di case addossate le une alle altre, estese in successione per circa 500 metri a nord dell’abitato di Borgofranco.
Questi fabbricati, molto essenziali nelle forme, suggestivi esempi di architettura spontanea e popolare, sono composti di norma da uno o due piani fuori terra dove il piano superiore, se presente, è adibito ad incontri conviviali e quindi attrezzato con potagé (fornello) e caminetto.
Le costruzioni, spesso ingentilite da affreschi parietali con temi popolari e agresti, sono provviste di un giardino antistante l’ingresso, delimitato da un recinto e chiuso da cancelli in legno o in ferro lavorato secondo il gusto liberty. Le caratteristiche tòpie coperte con viti e piante rampicanti fungono da riparo a tavoli con panche in pietra e altri manufatti.
I Balmit, come già scritto, sono stati sfruttati anche come ambienti per la stagionatura e la maturazione dei formaggi, attività in cui si specializzarono sin da fine Ottocento Luigi Ferrando e Egidio Torreano, i cui discendenti oggi gestiscono l’azienda casearia “Egidio Torreano e figli” con sede a Borgofranco d’Ivrea. Nel 1956 Luigi e Giuseppe Torreano registrarono i brevetti per marchio d’impresa della “Fontegidia“, un fontal dalle caratteristiche uniche, con forme fatte riposare per ottanta giorni su assi di legno di larice rosso.
I Balmit, che rivestono non solo un interesse geo-naturalistico, per l’unicità del fenomeno che li origina, ma anche socio-culturale, per la forza aggregativa che da sempre esercitano sulla popolazione del luogo, si animano durante la vendemmia, ma anche in giugno quando, nella terza domenica del mese, si svolge la manifestazione “Andoma ai Balmit”.
In questa occasione i visitatori hanno modo di respirare l’atmosfera conviviale dei Balmetti, ma anche di assaggiare le specialità locali: oltre naturalmente ai vini, sono disponibili salumi, lardo, tome e dolci, tra cui i celebri Canestrelli di Borgofranco.
Passeggiando tra i Balmetti non si può non notare, infine, un edificio che sovrasta tutti gli altri, presentandosi come un interessante reperto di archeologia industriale, meritevole di recupero. Si tratta dello stabilimento birrario De Giacomi, chiuso da decenni, che evoca le gesta del fondatore, Luigi De Giacomi, originario di Chiavenna.
De Giacomi trovò a Borgofranco un fenomeno del tutto affine a quello che origina i cosiddetti Crotti di Chiavenna, cantine naturali dove spira un’aria fredda, proveniente da fenditure nella roccia dette sorèl, che mantiene costante la temperatura. Proprio tra i Balmetti, che tanto gli ricordavano i Crotti del paese natio, De Giacomi decise d’impiantare la sua fabbrica di birra, sfruttando le cantine naturali per la conservazione del prodotto.