di Paolo Barosso
Nobili morti è il suggestivo titolo del libro che Francesco Cordero di Pamparato, storico e scrittore torinese, già autore di numerosi libri dedicati alla storia di Bisanzio, delle Crociate e del Piemonte (tra cui “Il Conte Verde” e “Piemontesi alle Crociate”), ha dedicato, per i tipi di Ananke, a quattro personaggi del Medioevo piemontese e, in particolare, alle loro morti, accadute in circostanze misteriose.
Protagonisti dei fatti, che l’autore ricostruisce raccogliendo testimonianze documentate e ovviando con maestria alle difficoltà dovute al silenzio o alla lacunosità delle fonti, sono i seguenti personaggi:
l’aleramico Corrado, marchese del Monferrato, vissuto al tempo delle Crociate, caduto vittima di sicari a Tiro nel 1192 dopo aver difeso con successo questo baluardo della Cristianità dall’assedio delle truppe islamiche del Saladino, consentendo così la sopravvivenza del Regno di Gerusalemme per un altro secolo (poco prima dell’omicidio, materialmente eseguito da membri della Setta degli Assassini capeggiata dal Vecchio della Montagna, era stato proclamato re di Gerusalemme dall’assemblea dei baroni radunatasi ad Ascalona);
il sabaudo Filippo d’Acaia, figlio di Giacomo di Savoia-Acaia, scomparso misteriosamente nel 1367 dal castello di Avigliana, in cui era stato imprigionato, nel quadro delle lotte che contrapposero nel Trecento piemontese il ramo principale dei Savoia di Chambèry, in particolare la figura di Amedeo VI, al ramo cadetto dei Savoia-Acaia, cui era stato in precedenza affidato il governo di parte dei domini piemontesi, con piccola capitale a Pinerolo (il titolo di principi d’Acaia risale al matrimonio tra il capostipite del ramo, Filippo di Savoia, e Isabella di Villehardhouin, ultima esponente dell’omonima famiglia franca assegnataria del principato d’Acaia a conclusione della quarta crociata);
il paleologo Ottone III detto Secondotto, marchese del Monferrato (i Paleologi erano subentrati agli Aleramici nel titolo marchionale), morto nel 1378 in circostanze tali da suscitare parecchie perplessità, forse caduto vittima delle rivalità che nel travagliato Trecento piemontese videro contrapporsi per il predominio politico diverse forze in gioco, in particolare i Savoia, molto abili come da tradizione dinastica nell’azione diplomatica, i Visconti, temuti per l’efferatezza e la crudeltà dei modi, e i Monferrato, ormai in fase calante;
il sabaudo Amedeo VII, meglio noto come Conte Rosso, figlio del Conte Verde, morto nel 1391 a Ripaille in Savoia in seguito ad una caduta da cavallo, forse per un’infezione tetanica, anche se il suo decesso, avvenute in circostanze poco chiare, diede adito a sospetti ed anche a un processo, terminato con la condanna a morte per decapitazione di un farmacista, in realtà incolpevole (e riabilitato post-mortem).
Nel delineare le figure dei protagonisti, l’autore si destreggia con abilità, offrendo al lettore un quadro composto da prove documentate e elementi indiziari capaci di guidarlo non solo nella ricostruzione dell’intreccio di motivi che possono averne determinato la morte in circostanze misteriose o poco chiare, ma anche nella comprensione del contesto storico in cui le vicende umane dei personaggi trattati si dipanarono, aprendo squarci anche su realtà percepite come “esotiche” e lontane da noi, come gli Stati d’Outremer fondati in Terra Santa e nel Medio Oriente dai Crociati occidentali a partire dalla fine dell’XI secolo o il modus operandi della famigerata “Setta degli Assassini”.