La ricercatrice albese Patrizia Deabate porta Torino e gli U.S.A. alla Giornata di Studi dell’Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema – Bologna, dicembre 2016.
di Milo Julini
La ricercatrice albese Patrizia Deabate ha portato alla luce un personaggio di Torino riscoprendo un prezioso frammento di cultura italiana celato, tramite simbologie “in codice”, in almeno due dei romanzi dello scrittore Francis Scott Fitzgerald, simbolo dell’Età del Jazz degli U.S.A.. Questo quanto emerso alla Cineteca di Bologna il 5 dicembre scorso durante l’annuale Giornata di Studi dell’A.I.R.S.C., l’Associazione Italiana di Ricerche di Storia del Cinema.

La relazione di Patrizia Deabate “Nino Oxilia: l’idolo segreto di Francis Scott Fitzgerald?” alle 16,30 ha aperto la Sessione “A” presieduta da Denis Lotti.
Nino Oxilia (1889-1917), poeta crepuscolare torinese della cerchia di Guido Gozzano, fu anche commediografo e direttore cinematografico di dive internazionali quali Maria Jacobini (sua fidanzata), Lyda Borelli, Francesca Bertini, Leda Gys, Maria Carmi. Nel 2014 Oxilia era stato celebrato alla Cineteca di Bologna con la presentazione del film del 1918 “Addio giovinezza!” (restaurato in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino) e con l’edizione in dvd di “Sangue bleu”, realizzata dalla Cineteca con il Filmmuseum di Amsterdam.
L’intervento di Patrizia Deabate, concernente una ricerca in via di ultimazione, si è aperto con i ringraziamenti al compianto avvocato Piero Cazzola, decano del Centro Studi Piemontesi di Torino e docente dell’Università degli Studi di Bologna, ed è proseguito con un’espressione di gratitudine all’editorialista del «Corriere della Sera» Aldo Cazzullo, che nel libro “Le donne erediteranno la terra” (Mondadori, 2016), ha segnalato la Deabate quale autrice del saggio “Maria Jacobini in Joan of Arc: un successo del cinema muto da Torino agli Stati Uniti”, edito a Torino nel 2015.
Durante il convegno la relatrice ha specificato che la sua ricerca è scaturita da “Il curioso caso di Benjamin Button” (racconto del 1922 dello scrittore statunitense Francis Scott Fitzgerald da cui è stato tratto l’omonimo film con Brad Pitt del 2008) la cui affinità con la “Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino” del crepuscolare torinese Giulio Granelli aveva dato origine nel 2009 ad un evento presso la Fondazione Tancredi di Barolo a Torino e all’articolo di Alfonso Cipolla “Ma è torinese l’ispiratore di Benjamin Button” su «La Repubblica».
Per quanto riguarda i suoi studi tra Torino e gli U.S.A., la Deabate ha finora pubblicato: “Chi ispirò il Benjamin Button?” in «Storia in rete» (114, X, 2015), “Racconti sulla vita al contrario” in «LG Argomenti» (4, LI, 2015) e “Il mistero di Benjamin Button passa dal Sacro Monte di Oropa” in «L’Escalina» (1, V, 2016), volume presentato lo scorso 26 novembre a Ivrea con Andrea Balbo, docente dell’Università degli Studi di Torino e dell’Università della Svizzera Italiana. La relazione di Bologna su Oxilia e Fitzgerald anticipa un saggio di Patrizia Deabate di prossima pubblicazione.
POESIA & CINEMA.
L’AIRSC, Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema, è stata fondata l’otto settembre 1964 a Venezia durante la 25a edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica per iniziativa di Maria Adriana Prolo, Camillo Bassotto, Aldo Bernardini, Fausto Montesanti, Sergio Raffaelli, Nazzareno Taddei e Davide Turconi.
L’AIRSC promuove la ricerca storiografica sul cinema attraverso l’organizzazione di convegni e mostre specializzate e la pubblicazione di cataloghi, periodici e monografie. Fiore all’occhiello dell’Associazione è «Immagine. Note di storia del cinema», rivista classificata in fascia “A” dall’ANVUR, il cui prestigio è attestato anche dalla diffusione presso le principali università e cineteche italiane e straniere. Sul numero 14 di «Immagine», in corso di pubblicazione, apparirà un saggio della ricercatrice albese Patrizia Deabate, che il 5 dicembre scorso ha partecipato in qualità di relatrice alla Giornata di Studi annuale dell’AIRSC, tenutasi presso la Cineteca di Bologna e finalizzata all’illustrazione di ricerche originali in itinere.

A Bologna Patrizia Deabate ha esordito ringraziando Aldo Cazzullo per avere segnalato, in “Le donne erediteranno la terra” (Mondadori, 2016) il saggio “Maria Jacobini in Joan of Arc. Un successo del cinema muto da Torino agli Stati Uniti”, edito dal Centro Studi Piemontesi nel 2015. E ha concluso il suo intervento affermando che questo film è stato il primo colossal della storia del cinema mondiale dedicato alla Pulzella, ma tale primato non è stato riconosciuto né dai francesi né dagli statunitensi, e neppure dagli italiani che hanno perduto la pellicola. L’abbiamo intervistata.
Che cosa riguardava il suo intervento?
Era intitolato: “Nino Oxilia, l’idolo segreto di Francis Scott Fitzgerald?”. Nino Oxilia fu un poeta crepuscolare torinese, nonché regista delle dive del muto. Ad una di esse, Maria Jacobini, fu anche legato sentimentalmente: la diresse in Giovanna d’Arco e la immortalò in poesie appassionate. Invece Fitzgerald è lo scrittore simbolo dell’America Anni Venti, dell’Età del Jazz.
Che cosa avevano in comune Oxilia e Fitzgerald?
Cinema e poesia, su cui si fecero le ossa entrambi. Fitzgerald, durante la sua maturità di sceneggiatore a Hollywood, avrebbe scritto alla figlia: “L’unica cosa che ti aiuterà a raffinare lo stile è la poesia, che è la forma stilistica più concentrata”. Questo è il punto di origine sia della prosa dello scrittore americano, sia dell’attività cinematografica di Oxilia.
Come è nata questa ricerca?
È partita dall’indagine che ho fatto sulle possibili derivazioni de “Il curioso caso di Benjamin Button”, racconto di Fitzgerald del 1922 divenuto film da Oscar, dalla “Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino” del poeta crepuscolare Giulio Granelli.
Com’è stato essere tra i relatori della Giornata di Studi di Bologna?
É stata un’esperienza bellissima. Gli altri relatori, i “colleghi”, erano ricercatori e docenti universitari dei più importanti Atenei italiani, e mi hanno accolta come una di loro. Presto la rivista «Immagine» pubblicherà un mio saggio sul film “Addio giovinezza!”del 1918, a lungo creduto perso, poi ritrovato in Giappone e restaurato dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino.
Che ne pensi del rapporto fra poesia e cinema?
É uno dei più interessanti misteri artistici nati con il XX secolo.