Testo di Paolo Barosso

Foto di Roberto Beltramo

La presenza longobarda nel Piemonte altomedioevale è stata rilevante e tale da condizionare la storia e la cultura dei nostri territori per alcuni secoli.

I Longobardi, popolazione di ceppo germanico stanziata in origine in area scandinava e successivamente migrata verso l’Europa continentale, invasero l’attuale Nord Italia e il Piemonte nella seconda metà del VI secolo quando, costretti dalla pressione esercitata dai rivali Avari e guidati dal re Alboino, valicarono le Alpi orientali, muovendo dalle pianure della Pannonia, dov’erano insediati, verso l’odierno Friuli.

In realtà quelli che definiamo “Longobardi” e che giunsero nei nostri territori a partire dal 569, fondando il Regnum Langobardum, erano un raggruppamento polietnico formato da tribù di ceppo diverso, accomunate dal riconoscimento dell’autorità di un leader e di un popolo-guida (i Longobardi, appunto), com’era nei costumi delle popolazioni barbariche seminomadi del tempo.

Prova evidente di questa varietà etnica la si trova nell’area del Torinese occidentale, che era una zona prossima al confine con i territori occupati dai Burgundi, popolo federato dei Franchi, e dove, per questa ragione, si registrò una particolare concentrazione di insediamenti longobardi, poggianti sull’unità base di organizzazione sociale e militare detta “fara” (da cui, ad esempio, il paese di Fara Novarese).

In questo territorio l’elemento etnico prevalente era quello dei Turingi. Nelle antiche fonti, infatti, il duca di Torino, Agilulfo, che poi divenne re, era definito “Dux Turingorum de Taurini”, vale a dire duca (cioè capo della circoscrizione militare detta Ducato) dei Turingi di Torino.

Il Piemonte, durante l’occupazione longobarda, venne ripartito in quattro Ducati, circoscrizioni di natura eminentemente militare, definite da un confine amministrativo non fisso e stabilito con approssimazione, in linea con una concezione del potere in cui l’elemento personale (la consapevolezza di esercitare l’autorità su di un certo numero di famiglie e di uomini) prevaleva ancora su quella territoriale (agganciata ad un confine che definisce con precisione un territorio, come oggi).

Contrariamente all’opinione comune che vuole i Longobardi come dispregiatori della cultura urbana di matrice latina, i Ducati s’imperniarono su centri cittadini già esistenti, Torino, Asti, Ivrea, e solo in un caso si scelse come sede un luogo distante dalle città, l’isola di San Giulio d’Orta, che risultava comunque già fortificata dall’età teodoriciana.

Capitello scolpito in San Costanzo al Monte

I Longobardi acquisirono le categorie della cultura giuridica latina, sviluppando una civiltà del diritto più evoluta e raffinata rispetto a quella dei Franchi, evidente nel cosiddetto Editto di Rotari del 643, una raccolta di norme consuetudinarie in cui, tra l’altro, troviamo la prima menzione documentata di un vocabolo assai popolare in Piemonte, la masca, termine passato poi al piemontese per designare la strega.

Altro elemento da mettere in evidenza è l’adesione originaria dei Longobardi alla corrente cristologica, poi dichiarata eretica, dell’Arianesimo, fondata da Ario, presbitero del vescovo di Alessandria d’Egitto, che considerava il Cristo come una creatura, benché sovraordinata rispetto alle altre, ma non “consustanziale” al Padre. Dopo un’iniziale frizione con gli ambienti ecclesiastici ortodossi, cioè fedeli al credo niceno, dimostrata ad esempio dalla cacciata del vescovo di Torino Ursicino attorno al 570 (ancor oggi in Cattedrale si può osservare la lastra sepolcrale di Ursicino, databile al 609/610 e proveniente dalla scomparsa Basilica torinese di San Solutore), le posizioni dei Longobardi in materia di fede si allinearono gradualmente a quelle ufficiali, abbandonando l’arianesimo delle origini.

In questo quadro di riconsiderazione della presenza longobarda in Piemonte come parte importante della nostra storia, s’inserisce la rievocazione storica di Cannetum Longobardorum, che da sei anni a questa parte si tiene in bassa Val Maira.

Le testimonianze del popolo longobardo costellano il territorio cuneese: ne è prova la scoperta della grande necropoli longobarda di Sant’ Albano Stura. Questa tangibile testimonianza del loro dominio, rafforzata dalla tradizione che riconduce le origini del complesso monumentale di San Costanzo al Monte (e della sottostante ex abbazia del Villar) ad Ariperto II, figlio del duca di Torino Ragimperto e re dei Longobardi dal 702, ha spinto l’associazione l’Arc (Centro Ricerche Archeologiche Sperimentali) alla realizzazione nel territorio comunale di Villar San Costanzo, in località Santa Brigida, del Parco Archeologico CANNETUM che comprende suggestivi habitat caratteristici del Piemonte antico e alto-medioevale, ricostruiti con meticolosità filologica e con finalità anche didattiche. Tra questi, spiccano il castelliere alto medioevale, scenario ideale per le svariate fasi delle rievocazioni, la capanna longobarda e, in fase di realizzazione per fine 2018, il villaggio celtico.

L’interpretazione 2017 della rievocazione storica di Cannetum, giunta alla sua sesta edizione, si svolgerà nella suggestiva cornice del Parco Archeologico (comune di Villar San Costanzo) nelle date di sabato 19domenica 20 agosto.

I visitatori potranno assistere a laboratori di archeologia sperimentale e a visite guidate al castelliere provando l’emozione del tiro con l’arco storico assistiti dai ricercatori dell’associazione L’Arc.

Per informazioni scrivere a enricolarc@libero.it o chiamare i numeri 338/6797814 e 340/5374280

Tutte le foto pubblicate sono di Roberto Beltramo