di Paolo Barosso
Padre Ambrogio, al secolo Andrea Cassinasco, nato a Torino nel 1967, è oggi rettore della parrocchia ortodossa russa di San Massimo a Torino. Mi accoglie nel grazioso edificio di culto in muratura mista, con prevalenza di mattoni rossi, che si staglia appena sopra piazza Hermada, all’imbocco di Strada Comunale Val San Martino, alle pendici della collina torinese.
Il tempio prese forma alla fine dell’Ottocento come chiesa conventuale del Santissimo Redentore, appartenuta alle Suore del Buon Pastore e disegnata in stile tardo-eclettico dall’architetto Giuseppe Gallo, artefice di diversi edifici ecclesiastici presenti a Torino, tra cui la chiesa di Gesù Nazareno in piazza Luigi Martini (detta Benefica) e la chiesa di San Bernardino in borgo San Paolo. Il complesso conventuale, composto da chiesa e Istituto, venne danneggiato dal terribile bombardamento del 13 luglio 1943.
Nel 2001 le suore lasciarono la chiesa in uso a una comunità di ortodossi che la elessero a sede ufficiale della parrocchia ortodossa del Patriarcato di Mosca, come annunciato dal cartello in legno visibile a lato del cancello d’ingresso.

Padre Ambrogio, a quando risale la presenza di una comunità ortodossa russa a Torino?
La nostra comunità, benché si sia formata e rafforzata in tempi recenti a seguito dei flussi migratori dall’Europa orientale, con prevalenza di fedeli provenienti dalla Repubblica di Moldova, ma con nutrite rappresentanze di russi, ucraini, bielorussi, romeni, georgiani e anche italiani, s’inserisce nell’alveo di una presenza che affonda le proprie radici nel vecchio Regno di Sardegna alla fine del XVIII secolo, quando, precisamente nel 1791, venne costituita a Torino, al tempo capitale degli Stati di Savoia, la prima cappella ortodossa russa, il cui atto di fondazione è tuttora conservato presso l’archivio di stato di San Pietroburgo. L’edificio di culto sorse come cappella dell’ambasciata imperiale russa presso il Regno di Sardegna.
I rapporti tra la dinastia sabauda e la famiglia imperiale russa furono d’altronde assai significativi nel corso della storia, in particolare ricordiamo la visita che l’ultimo Zar, Nicola II Romanov, poi brutalmente assassinato insieme con la famiglia nel 1918 per mano dei bolscevichi, recò nel 1909 all’allora sovrano Vittorio Emanuele III di Savoia. Lo Zar venne ospitato per tre giorni, dal 23 al 25 ottobre, nel castello sabaudo di Racconigi, sia per ricambiare l’ultima visita di Vittorio Emanuele III in Russia, avvenuta nel 1902, sia allo scopo di approfondire delicate questioni di politica internazionale come la precaria situazione balcanica.
Citiamo poi un’altra figura di rilievo nella storia del Piemonte, il generale russo Aleksandr Suvorov, proposto per la canonizzazione, che nel 1799 insieme con gli Austriaci sfidò le forze francesi contribuendo a liberare Torino e gli Stati Sabaudi dall’occupazione giacobina.
In tempi recenti il nuovo insediamento di una comunità ortodossa russa a Torino, e più in generale in Piemonte, è dovuto ai flussi migratori da Paesi dell’Est europeo, in particolare la Repubblica di Moldova, nazione di confine tra la Romania e la Russia, la Bielorussia, l’Ucraina. Gradualmente la comunità si è data un’organizzazione, culminata nel 1993 con la formazione dell’attuale parrocchia di San Massimo, che poi nel 2001 ha trovato sede permanente presso la bellissima chiesa del Santissimo Redentore dove tuttora ci troviamo.

Qual è il rapporto tra la comunità che dirige e il territorio torinese?
E’ un rapporto molto buono, che noi stessi abbiamo voluto coltivare sin dagli albori della nostra esperienza comunitaria perché la testimonianza della Fede ortodossa non può prescindere dalla ricerca di relazioni ideali con i rappresentanti delle altre confessioni cristiane, concentrando il confronto sui temi della verità della fede. La prova più evidente di questa volontà di incardinarsi nel contesto storico-culturale del territorio torinese, riscoprendo insieme le radici che per mille anni hanno accomunato ortodossi e cattolici, traspare dalla dedicazione della chiesa, che è stata fatta a San Massimo, primo vescovo di Torino, figura fondamentale per l’affermarsi del Cristianesimo in terra subalpina.
Massimo, discepolo di Sant’Ambrogio e di Sant’Eusebio di Vercelli, patrono del Piemonte, venne consacrato alla fine del IV secolo vescovo di Torino, diocesi distaccata da quella vercellese che ai primordi del Cristianesimo comprendeva quasi tutto l’odierno Piemonte. Massimo, di cui conosciamo la personalità attraverso le Omelie e i Sermoni che ci sono pervenuti, s’insediò in città in un’epoca travagliata in cui la predicazione cristiana si concentrava soprattutto nelle realtà urbane di tradizione romana, incontrando serie difficoltà a irraggiarsi nelle campagne, dove sopravvivevano forme cultuali idolatriche legate al paganesimo delle origini e alle ritualità celtiche. Da qui derivò Il combattimento spirituale di Massimo contro le superstizioni, sopravvivenze del paganesimo, e la condanna delle tante pratiche idolatriche ancora in voga a quei tempi tra i cittadini dell’agro torinese.
L’intitolazione a San Massimo non costituisce però l’unica evidenza del legame esistente e ricercato tra la nostra comunità ortodossa e le radici cristiane del territorio piemontese.

Per spiegarmelo meglio Padre Ambrogio mi accompagna, fra le tante bellissime immagini sacre che impreziosiscono le pareti interne della chiesa, dinnanzi ad una grande icona, visibile sulla sinistra, appena varcato l’ingresso.
Ecco l’icona che rappresenta all’interno di un unico spazio pittorico l’intera schiera di santi piemontesi, cui si uniscono quelli valdostani e liguri, dagli albori della presenza cristiana in queste terre sino al 1054, l’anno che decretò lo Scisma, cioè la separazione, della Chiesa d’Oriente da quella d’Occidente. Quest’opera è stata voluta proprio per evidenziare il comune percorso delle comunità cristiane dei primi secoli e per mettere in rilievo gli elementi di unità tra Chiese Ortodosse e Chiesa Cattolica piuttosto che quelli di divisione.
La realizzazione dell’opera ha richiesto quattro anni di studio e di documentazione da parte dell’autore, il romeno Ovidiu Boc, iconografo della comunità e artefice anche di altre icone e dipinti murali che abbelliscono la chiesa e che testimoniano l’importanza che la venerazione dell’icona riveste nella Fede ortodossa.

Nella schiera dei santi piemontesi delle origini, accanto alle figure più note, come San Massimo, vi sono personaggi molto meno noti, che richiederebbero però un’attenzione maggiore, nell’ottica di una riscoperta delle radici cristiane della nostra storia, come ad esempio San Barolo martire, da cui, come osserva l’abate Casalis nei suoi scritti, si crede abbia preso il nome il comune langarolo di Barolo, oggi associato al pregiato vino rosso, o San Gozzelino che fu abate di San Solutore a Torino, morendo nel 1053, un anno prima dello Scisma che separò le chiese d’Oriente e Occidente.
Ricordiamo ancora il bellissimo dipinto murale che orna il coro della chiesa e che raffigura la Dormizione della Madre di Dio, fedele riproduzione di un’icona realizzata nel XV secolo da uno dei più celebri iconografi della scuola cretese, Andreas Ritzos. L’originale è conservato nella Galleria Sabauda di Torino.
Come sono i rapporti tra Cattolici e Ortodossi a Torino e in Piemonte?
Aldilà dei trascorsi storici, come l’insediamento di Greci ortodossi avvenuto negli anni Cinquanta del Novecento con provenienza dalle isole del Dodecaneso, che appartennero all’Italia dal 1912 al 1947, la presenza di ortodossi nel nostro territorio si è consolidata con i flussi migratori degli ultimi tempi. Io stesso ho dedicato a questo argomento uno studio, la prima mappatura completa del mondo ortodosso in Piemonte, pubblicato con il titolo “Cristiani d’Oriente in Piemonte” e realizzato in collaborazione con Luigi Berzano.
I rapporti con i Cattolici nella Torino di oggi sono molto buoni, non ci sono episodi d’attrito, anche perché in città si percepisce una tradizione di rispetto religioso tra confessioni cristiane che risale al clima politico-culturale di metà Ottocento, quando regnante Carlo Alberto si riconobbe libertà di culto a Ebrei e Valdesi.
D’altronde nell’instaurazione di un clima di reciproca fiducia, nella riscoperta delle comuni radici cristiane, ha giocato la capacità dell’Ortodossia di adattarsi alle caratteristiche storico-culturali dei territori in cui si è incardinata. Questa tendenza si riflette ad esempio nelle modalità con cui si è manifestato lo spirito missionario e l’evangelizzazione ortodossa negli sconfinati territori siberiani, dove la diffusione della fede e della liturgia ortodossa è avvenuta nel rispetto delle diversità etniche e linguistiche del mosaico di popoli stanziati in quelle lande remote.
Quali sono i rapporti tra la comunità ortodossa russa e le altre comunità ortodosse presenti in Torino?
I rapporti sono buoni, tenendo conto delle differenze dovute alle peculiarità nazionali e etniche che ciascuna Chiesa rappresenta e porta con sé. A Torino è presente la Chiesa ortodossa romena, con le parrocchie di Santa Parascheva e di Santa Croce, quella greco-ortodossa, che ha come punto di riferimento la parrocchia della Natività di San Giovanni Battista in via delle Orfane, ma vi sono anche rappresentanze di Chiese orientali non calcedoniane, come la parrocchia Copto Ortodossa di Santa Maria Vergine e la parrocchia ortodossa etiopica di Medhane Alem, e cattoliche di rito orientale.
Da registrare poi l’esistenza a Torino di una parrocchia di Vecchi Credenti o Vecchi Ritualisti, la cui origine come gruppo religioso a se stante risale agli anni Sessanta del XVII secolo quando, tra il 1652 e il 1666, il patriarca Nikon varò una serie di riforme avversate da una parte del clero e dei fedeli. Gli oppositori, che continuarono a seguire le pratiche liturgiche antecedenti le riforme, diedero vita ad uno scisma, disperdendosi in regioni remote, dove tuttora troviamo i discendenti. Alcuni oggi sono a Torino. A pesare non sono solo le differenze liturgiche, ma anche un diverso stile di pietà popolare.
Ci piacerebbe che aumentassero le occasioni di incontro tra comunità ortodosse residenti a Torino: ad esempio, nel 2014 si è tenuta una sola celebrazione panortodossa, in occasione della settimana dell’Unità dei Cristiani, mentre su questo fronte si potrebbe e dovrebbe fare di più.
Molti osservano come il declino della pratica religiosa nell’Occidente secolarizzato contrasti con la rifioritura graduale della Fede cristiana in Russia
Non si può che concordare con questa osservazione, e anche le Chiese ortodosse presenti qui in Occidente devono fare i conti con questo innegabile fenomeno di scristianizzazione.
In Russia, invece, dopo il crollo del regime comunista e il lento ripristino della normalità democratica, si è assistito ad un recupero di vitalità della fede presso le nuove generazioni, che hanno ripreso consapevolezza di quale ruolo essenziale rivesta il Cristianesimo nella storia e nella identità nazionale della Russia (il cui atto fondativo, è opportuno ricordarlo, si riconduce al Battesimo della Rus’ del Santo Vladimir di Kiev). Lo stesso presidente Putin ha più volte osservato che non si può concepire la Russia senza Cristianesimo, evidenziando il legame indissolubile tra la nazione russa e l’identità cristiana. Pensiamo ad un capo di Stato occidentale che osi dichiarare una cosa del genere!

Nella comprensione del quadro della Fede nella Russia contemporanea occorre però tenere conto non solo delle luci, ma anche delle ombre. Il Patriarca di Mosca Kirill nel 2010, riflettendo sulla questione, ebbe a dire che dovranno trascorrere almeno cento anni prima che la situazione della Chiesa ortodossa russa torni nelle stesse condizioni in cui si trovava prima della famigerata Rivoluzione d’Ottobre del 1917, a meno che naturalmente non si verifichi qualche intervento divino che possa accelerare i tempi…
Traduzione in lingua piemontese a cura di Michele Bonavero
Un tòch ëd Russia a Turin: ancontr con Pare Ambrogio, parco dla comunità ’d San Màssim Vësco
Pare Ambrogio, al sécol Andrea Cassinasco, nà a Turin ant ël 1967, a l’é ancheuj resior ëd la paròchia ortodòssa ’d San Màssim a Turin. A m’arsèiv ant ël grassios edifissi ’d cult an muradura mës-cia, con na prevalensa ’d mon ross, ch’as dëstaca pen-a dzora ’d piassa Hermada, a l’imboch ëd la Stra Comunal Val San Martin, a le pendiss ëd la colin-a turinèisa.
Ël templi a l’avìa pijà forma a la fin ëd l’Eutsent coma cesa dël convent dël Santìssim Redentor, apartenùa a le Seur dël Bon Pastor e dissegnà an ëstil tard-eclétich da l’architet Giuseppe Gallo, arté ’d vàire edifissi eclesiàstich present a Turin, tra ij quaj la cesa ’d Gesù Nazaren an piassa Luigi Martini (dita piassa Benefica) e la cesa ’d San Bërnardin an borgh San Pàul. Ël compless dël convent, formà da cesa e Istitù, a l’era stàit danegià dal terìbil bombardament dij 13 ëd giugn dël 1943.
Ant ël 2001 le monie a l’avìo lassà la cesa an usagi a na comunità d’ortodòss ch’a l’avìo elegiula a sede ufissial ëd la paròchia ortodòssa dël Patriarcà ’d Mosca, coma anonsià dal cartel an bòsch ch’as peul vëdde da banda dël cancel d’intrada.
Pare Ambrogio, a quand ch’a armonta la presensa ’d na comunità ortodòssa russa a Turin?
Nòstra comunità, tutun ch’a sia formasse e rinforsasse ’nt ij temp pì davsin a séguit dij fluss migratòri da l’Euròpa oriental, con la prevalensa ’d fedej ch’a rivo da la Repùblica ’d Moldova, ma con bondose rapresentanse ’d russi, ucràin, bielorussi, romen, georgian e ’dcò d’italian, a s’inseriss ant ël sorgh ëd na presensa ch’a fonga soe rèis ant ël vej Règn ëd Sardegna a la fin dël sécol XVIII, quand, con precision ant ël 1791, a l’era stàit costruì a Turin, a col temp capital ëd jë Stat ëd Savòja, la prima capela ortodòssa russa, ëd la qual lë strument ëd fondassion a l’é ancora guernà press ëd l’Archivi dë Stat ’d San Pietroburgo.
L’edifissi ’d cult a l’era vnuit su coma capela dl’ambassada imperial russa press dël Règn ëd Sardegna.
Ij rapòrt tra la dinastìa sabàuda e la famija imperial russa a son ëstàit motobin significativ ant ël cors ëd la stòria, an particolar i arcordoma la vìsita che l’ùltim Zar, Nicola II Romanov, peui sassinà brutalment con la famija ’nt ël 1918 për man dij bolsévich, a l’avìa portà ’nt ël 1909 a l’antlora sovran Vittorio Emanuele III ëd Savòja. Lë Zar a l’era stàit ospità për tre di, dai 23 ai 25 d’otóber, ant ël castel sabàud ëd Racunis, sia për arcambié l’ùltima vìsita ’d Vittorio Emanuele III an Russia, fàita ’nt ël 1902, sia con ël but d’aprofondì ’d question polìtiche internassionaj ëdlicà coma la situassion balarin-a ’nt ij Balcani.
I citoma peui n’àutra figura arlevanta ’nt la stòria dël Piemont, ël general russo Aleksandr Suvorov, proponù për la canonisassion, che ’nt ël 1799 ansema a j’Àustriach a l’avìa sfidà le fòrse fransèise portand un contribù a liberé Turin e jë Stat Sabàud da l’ocupassion giacobin-a.
Ant ij temp pì recent ël neuv insediament ëd na comunità ortodòssa russa a Turin, e pì an general an Piemont, a l’é dovù ai fluss migratòri da ’d pais ëd l’Est euròpengh, an particolar la Repùblica ’d Moldova, region ëd confin tra la Romanìa e la Russia, la Bielorussia, l’Ucraina. Pòch a la vira la comunità a l’é dasse n’organisassion, culminà ’nt ël 1993 con la formassion ëd l’atual paròchia ’d San Màssim, che peui ’nt ël 2001 a l’ha trovà na sede përmanenta press ëd la pì che bela cesa dël Santìssim Redentor andoa che ancora is trovoma.
Col ch’a l’é ’l rapòrt tra la comunità che chiel a dirigg e ’l teritòri turinèis?
A l’é un rapòrt assè bon, che noi midem i l’avoma vorsù coltivé fin-a da j’inissi ’d nòstra esperiensa comunitaria përchè la testimoniansa dla Fé ortodòssa a peul nen fé a meno dl’arserca ’d relassion ideaj con ij rapresentant ëd j’àutre confessio cristian-e, concentrand ël confront an sij tema dla verità dla fé. La preuva pì evidenta ’d costa volontà d’anpiviesse ’nt ël contest ëstòrich-coltural dël teritòri turinèis, dëscheuvrend torna ansema le rèis che për mila ani a l’han butà ansema ortodòss e catòlich, a ven fòra da la dedicassion ëd la cesa, ch’a l’é stàita fàita a San Màssim, prim vësco ’d Turin, figura fondamental për l’afermesse dël Cristianèsim an tèra subalpin-a.
Màssim, dissepol ëd Sant’Ambreus e ’d Sant Eusebi ’d Vërsèj, patron dël Piemont, a l’era stàit consacrà a la fin dël sécol IV vësco ’d Turin, diòcesi dëstacà da cola vërslèisa che a l’inissi dël Cristianèsim a comprendìa squasi tut ël Piemont d’ancheuj. Màssim, dël qual i conossoma la përsonalità a travers ëd le Prèdiche e dij Sermon ch’a son rivane, a l’era insediasse an sità ’nt n’época bolversà ’nt la qual la predicassion cristian-a as concentrava dzortut ant le realtà urban-e ’d tradission roman-a, ancontrand ëd greve dificoltà a spantiesse ’nt le campagne, andoa ch’a survivìo ’d forme coltural basà an sj’ìdoj gropà al paganèsim ëd j’orìgin e a le ritualità dij Selt. Da sì a l’era rivà ’l combatiment ëspiritual ëd Màssim contra le superstission, survivense dël paganèsim, e la condana dle tante pràtiche con j’ìdoj ancora an vòga a coj temp fra ij sitadin ëd l’area turinèisa.

L’intitolassion a San Màssim a costituiss nen tutun l’ùnica evidensa dla lijura esistenta e arsercà tra nòstra comunità ortodòssa e le rèis cristian-e dël teritòri piemontèis.
Për spieghemlo mej Pare Ambrogio am compagna, fra le tante imagin sacrà maravijose ch’a rendo pressiose le muraje andrinta a la cesa, dë ’dnans a na granda icon-a, visìbila an sla snistra, pen-a passà l’intrada.
Ch’a varda ambelessì l’icon-a ch’a rapresenta andrinta d’un ùnich ëspassi pitòrich l’antregh ëstrop dij sant piemontèis, ai quaj a s’unisso coj ëd la Val d’Osta e dla Liguria, da la primalba dla presensa cristian-a an coste tère fin-a al 1054, l’ann ch’a l’avìa decretà lë Scisma, visadì la separassion, ëd la Cesa d’Orient da cola d’Ocident. Costa euvra a l’é stàita vorsùa pròpi për evidensié ’l përcors comun ëd le comunità cristian-e dij prim sécoj e për buté an arlev j’element d’unità tra le Cese Ortodòsse e la Cesa Catòlica pitòst che coj ëd division.
La realisassion ëd l’euvra a l’ha ciamà quatr ani dë studi e ’d docomentassion da part ëd l’autor, ël rumen Ovidiu Boc, iconogràfo dla comunità e realisator ëdcò ’d d’àutre icon-e e piture an sij mur ch’a archinco la cesa e ch’a dan testimoniansa dl’importansa che la venerassion ëd l’icon-a a arvest ant la fé ortodòssa.
Ant la lista dij sant piemontèis ëd j’orìgin, da cant a le figure pì conossùe, coma San Màssim, a-i son ëd përsonagi motobin meno conossù, ch’a ciamerìo pro n’atension magior, ant l’òtica ëd na dëscuerta dle rèis cristian-e dla nòstra stòria, coma për esempi San Bareul màrtir, dal qual, coma ch’a osserva l’abà Casalis ant ij sò scrit, as chërd ch’a l’abia pijà ’l nòm la Comun-a langareula ’d Bareul, ancheuj socià al pressios vin ross, o San Goslin ch’a l’é stàit abà ’d San Solutor a Turin, muirend ant ël 1053, n’ann anans ëd lë Scisma ch’a l’avìa dividù le Cese d’orient e d’Ocident.

I arcordoma ancora la pì che bela pitura an sël mur ch’a archinca ’l còro dla cesa e ch’a rafigura la Dormission ëd la Mare ’d Dé, arprodussion fedela ’d n’icon-a realisà ’nt ël sécol XV da un dij pì avosà iconogràfo dla scòla cretèisa, Andreas Ritzos. L’original a l’é guernà ’nt la Galarìa Sabàuda ’d Turin.
Coma ch’a son ij rapòrt tra Catòlich e Ortodòss a Turin e an Piemont?
Al dëdlà dël passà ëstòrich, coma l’insediament ëd Grech ortodòss capità ’nt j’ani Sinquanta dël Neuvsent con la provniensa da j’ìsole dël Dodecaneso, ch’a j’ero apartenùe a l’Italia dal 1912 al 1947, la presensa d’ortodòss ant nòstr teritòri a l’é consolidasse con ij fluss migratòri dj’ùltim temp. Mi midem i l’hai dedicà a cost argoment në studi, la prima mapatura completa dël mond ortodòss an Piemont, publicà con ël tìtol «Cristiani d’Oriente in Piemonte» e realisà an colaborassion con Luigi Berzano.
Ij rapòrt con ij Catòlich ant la Turin d’ancheuj a son assè bon, a-i son nen d’episòdi ’d contrast, ëdcò përchè an sità as sent na tradission ëd rispèt religios tra le confession cristian-e ch’a armonta al clima polìtich-coltural ëd metà Eutsent, quand ch’a regnava Carlo Alberto e a l’era arconossusse la libertà ’d cult a Ebreo e Valdèis.
D’àutra part ant l’instaurassion d’un clima scambiévol ëd fiusa, ant la neuva dëscuerta dle comun-e rèis cristian-e, a l’ha giugà l’atitùdin ëd l’Ortodossìa a adatesse a le caraterìstiche stòriche-colturaj dij teritòri andoa ch’a l’é ampivotasse. Costa tendensa as riflet për esempi ’nt le manere coma ch’a l’é manifestasse lë spìrit missionari e l’evangelisassion ortodòssa ’nt ij teritòri inmens ëd la Siberia, andoa che lë spantiament ëd la fé e dla liturgìa ortodòssa a l’é avnùa ’nt ël rispet ëd le diferenze étniche e lenghìstiche dël mosàich ëd pòpoj ch’a vivo ’nt cole vàude assè lògne.
Quaj ch’a son ij rapòrt an tra la comunità ortodòssa russa e j’àutre comunità ortodòsse presente a Turin?
Ij rapòrt a son bon, tenend cont ëd le diferense dovùe a le particolarità nassionaj e étniche che minca Cesa a rapresenta e as pòrta andrinta. A Turin a l’é presenta la Cesa ortodòssa rumen-a, con le paròchie ’d Santa Parascheva e ’d Santa Cros, cola greca-ortodòssa, ch’a l’ha coma ponto d’arferiment la paròchia dla Natività ’d San Gioann Batìsta an contrà dj’Orfane, ma a-i son ëdcò ’d rapresentanse ’d Cese orientaj nen calcedonian-e, coma la paròchia Còpto Ortodòssa ’d Santa Maria Vèrgin e la paròchia ortodòssa etiòpica ’d Medhane Alem, e d’àutre catòliche ’d rit oriental.
A l’é da registré l’esistensa a Turin ëd na paròchia dij Vej Chërdent o Vej Ritualista, l’orìgin ëd la qual coma grup religios daspërchiel a armonta a j’ani Sessanta dël sécol XVII quand che, tra ’l 1652 e ’l 1666, ël patriarca Nikon a l’avìa varà na serie d’arforme ostacolà an part dal clero e dai fedej. J’opositor, ch’a l’avìo continuà a segue le pràtiche liturgiche ’d prima dj’arforme, a l’avìo dàit vita a në scisma, dësperdendse an region lògne, andoa che ancora adess i na trovoma ij dissendent. Quaidun ancheuj a son a Turin. A peisé a son nen mach le diferense liturgiche, ma ’dcò un divers ëstil ëd pietà popolar.
An piasrìa ch’a aumentèisso j’ocasion d’ancontr tra le comunità ortodòsse residente a Turin: për esempi, ant ël 2014 a l’é tenusse na sola selebrassion pan-ortodòssa, an ocasion ëd la sman-a dl’Unità dij Cristian, mentre che su cost front as podrìa e dovrìa fesse ’d pì.
Tanti a osservo coma che la decadensa dla pràtica religiosa ’nt l’Ocident secolarisà a sia an contrast con l’arfioridura gradual ëd la Fé Cristian-a an Russia
As peul nen che esse d’acòrdi con costa osservassion, e ’dcò le Cese ortodòsse presente ambelessì an Ocident a deuvo fé ij cont con cost fenomen ch’as peul nen neghesse ’d decristianisassion.
An Russia, nopà, dòp dël cròl dël regim comunista e ’l pasi arpristin ëd la normalità democràtica, a l’é assistusse a n’arcuper ëd vitalità dla fé press ëd le neuve generassion, ch’a l’han arpijà consiensa ’d qual ròl essensial a arvesta ’l Cristianèsim ant la stòria e ’nt l’identità nassional ëd la Russia (L’at ëd fondassion ëd la qual, a fà bin arcordelo, an pòrta andaré al Batésim ëd la Rus’ dël Sant Vladimir ëd Kiev). Ël midem pressident Putin a l’ha pì ’d vire osservà ch’as peul nen concepì la Russia sensa Cristianèsim, evidensiand la lijura ch’as peul nen tajesse tra la nassion russa e l’identità cristian-a. Pensoma a un cap dë Stat occidental ch’a s’ancala a dichiaré na còsa parèj!
Ant la comprension dël quàder ëd la Fé ’nt la Russia d’ancheuj a venta tutun ten-e cont nen mach ëd le lus, ma ’dcò ’d j’ombre. Ël Patriarca ’d Mosca Kirill ant ël 2010, fasend na riflession an sla question, a l’avìa dit ch’a dovran passé almanch sent ani anans che la situassion ëd la Cesa ortodòssa russa a torna ’nt le mideme condission ant le quaj as trovava anans ëd la malfamosa Rivolussion d’Otóber dël 1917, a meno che naturalment as verìfica nen quàich intervent divin ch’a peussa rende pì curt ij temp…