di Paolo Barosso
Il centro storico di Saluzzo, antica capitale marchionale, appare sovrastato dalla mole massiccia del castello, popolarmente detto “la Castiglia”, forse dal plurale latino castella, a indicare l’originaria presenza di più fortificazioni collegate.

L’edificio, che fu residenza principale dei marchesi di Saluzzo, si staglia con la sua sagoma possente alla cima della Salita al Castello, percorso urbano d’impianto trecentesco lungo cui si affacciano eleganti dimore signorili, di prevalente impronta gotica, in origine provviste di porticati al pianterreno, poi chiusi nel Settecento, e con facciate spesso caratterizzate dall’aggiunta di elementi rinascimentali come i loggiati degli ultimi piani o le decorazioni ad affresco.

Eretta nel 1270, sull’area di precedenti punti fortificati, per iniziativa del marchese Tommaso I, che intendeva così dare un segno tangibile al consolidamento dell’egemonia signorile sul nascente nucleo cittadino, la Castiglia venne ampliata e ammodernata secondo il gusto del tempo nell’ultimo decennio del XV secolo per volere del marchese Ludovico II, in occasione dell’arrivo della seconda moglie, Margherita di Foix-Candale.

Margherita, di nobile famiglia francese, visse e governò (assumendo la reggenza dello Stato dal 1504 al 1521) nel momento di massimo splendore culturale e artistico del marchesato, che mostrava però, dal lato politico e militare, i segni anticipatori del declino, che sopravvenne con esiti drammatici nella prima metà del Cinquecento, culminando nella morte dell’ultimo marchese, Gabriele, avvenuta nel 1548. Seguì una fase di occupazione francese, durante la quale il marchesato divenne di fatto un protettorato dei re di Francia con l’insediamento di un Governatore imposto da Enrico II di Valois, Ludovico Birago, che prese dimora proprio nella Castiglia.

Fu un periodo turbolento, segnato dalle violenze degli occupanti francesi, al tempo in prevalenza ugonotti, contro le popolazioni cattoliche delle valli marchionali, violenze che si aggravarono soprattutto a seguito dell’insediamento come nuovo Governatore del maresciallo di Bellegarde, che nel 1578 aveva esautorato Carlo Birago, fratello e successore di Ludovico. La presenza francese, che stava trasformando l’antico marchesato in un avamposto del re di Francia a ridosso dei territori sabaudi, e la crescente infiltrazione dei protestanti nelle valli, spinsero il duca di Savoia Carlo Emanuele I, che si legittimò come paladino dell’ortodossia cattolica e difensore dell’integrità dell’antico marchesato, a intervenire, occupando di fatto il Saluzzese nel 1589.

L’integrazione dei territori saluzzesi negli Stati Sabaudi venne formalmente sancita dal trattato di Lione del 1601, che suggellò lo scambio tra i territori un tempo sabaudi di Bresse, Bugey, Valromey e Pays de Gex, ceduti alla Francia, e il marchesato di Saluzzo, che i francesi riconoscevano in capo ai Savoia.

La fine del marchesato come entità indipendente segnò per la Castiglia, antica dimora marchionale, un lungo processo di decadenza culminato nella destinazione a carcere posta in essere dal 1828 che comportò la pesante alterazione della struttura con eliminazione di elementi importanti del circuito fortificato originario e compromissione di arredi e decori interni. Con il trasferimento della Casa di Pena in regione Felicina verso Revello nel 1992, si aprirono nuove prospettive di utilizzo per la struttura, che conserva inalterato il fascino antico e che è stata di recente riaperta alle visite come Museo della Memoria Carceraria.

L’elemento di maggior spicco nell’architettura del complesso, sopravvissuto allo stravolgimento ottocentesco, è forse la “rondella”, basso e poderoso torrione eretto nel 1491 che si staglia proprio dinnanzi al culmine della Salita al Castello: caratteristica è la sequenza di beccatelli e caditoie, di cui è parzialmente ornato.

Il torrione reca in alto gli stemmi affiancati dei marchesi di Saluzzo e dei duchi di Savoia, a voler trasmettere un messaggio rassicurante dopo l’integrazione del marchesato nei domini sabaudi, sottolineando la continuità tra la precedente dominazione e quella sopravvenuta. Il duca di Savoia si pone non come occupante, bensì come garante dell’integrità dei confini marchionali e dell’ortodossia cattolica contro il nemico politico, il re di Francia, e il nemico religioso, gli Ugonotti, che avevano sconvolto le terre marchionali durante il governatorato francese.

Il medesimo richiamo è osservabile a poca distanza dalla Castiglia, sulla facciata del Palazzo Comunale, che, pur conservando l’impronta quattrocentesca nei lavori in cotto delle finestre e delle fasce marcapiano, mostra una decorazione pittorica realizzata nel 1601 da Cesare Arbasia su committenza delle autorità municipali. Il comune volle così omaggiare l’arrivo in città del duca di Savoia Carlo Emanuele I, giunto per prendere formalmente possesso del marchesato. Qui si può ammirare lo scudo sabaudo, emblema del nuovo potere dinastico, sorretto dai santi Chiaffredo e Costanzo, patroni e protettori del marchesato, a voler ribadire il ruolo del duca di Savoia quale garante della continuità con la precedente esperienza marchionale.

Di fronte al torrione della Castiglia si trova la bellissima fontana della Drancia, risalente al 1481, con vasca ottagonale aggiunta in seguito, mentre quella originale è conservata nel Museo di Casa Cavassa.

Concludiamo con i versi della scrittrice e poetessa torinese Diodata Saluzzo Roero che nel 1819, visitando il centro storico saluzzese, subì il fascino romantico della Castiglia, tramutandolo in melanconici versi evocanti la passata grandezza dell’edificio, ormai abbandonato e in rovina:
Ombre degli avi per la notte tacita
al raggio estivo di cadente luna
v’odo fra sassi diroccati fremere
che ‘l tempo aduna…

Fonti bibliografiche:
Tesori del Piemonte/Saluzzo/guida-ritratto della città, Lea Carla Antonioletti, Editris Duemila ed., Torino, 2000
Arte nell’antico marchesato di Saluzzo, Noemi Gabrielli, Istituto Bancario San Paolo di Torino, Torino, 1973
Castelli del Piemonte – Tomo III Torino e Cuneo, Flavio Conti, Görlich editore, Milano, 1980