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di Fabio Occhial 

con il contributo di Don Cesare Silva

Morto verso il 973 l’abate Belegrino, nel 975 i monaci elessero Gezone che si rivelò un ottimo amministratore, il cui abbaziato, durato circa vent’anni, fu forse il periodo di maggiore splendore per Breme. Gezone avviò il recupero dei beni che erano stati di Novalesa inviando, come racconta la Cronaca, il monaco architetto Bruningo a ricostruire gli edifici abbaziali abbandonati e a restaurare l’antica chiesa di Sant’Andrea a Torino, costruendovi l’imponente torre campanaria che si ammira tuttora accanto al Santuario della Consolata.

Veduta del complesso abbaziale di Novalesa in val Cenischia

Lo stesso autore abbonda nella narrazione gli avvenimenti prodigiosi volti a confermare il favore divino sull’abbazia: il marchese Guido, incontrato l’abate nell’Astigiano, lo aggredì violentemente e fu colpito da pazzia e morte; il vescovo di Vercelli, Leone (999 – 1024), quando cercò di usurpare il vescovado di Ivrea e l’abbazia di Breme, vide in sogno la Vergine e san Pietro  che lo invitavano a desistere da tale proposito. Fondamentale per lo sviluppo e per il potere amministrativo del monastero,  fu la bolla del papa Benedetto VIII del febbraio 1014 che, oltre a confermarne possedimenti, esenzioni e privilegi di carattere politico ed economico, ne concedeva uno basilare: nelle chiese dipendenti dal monastero era possibile amministrare il battesimo, la cresima e gli ordini sacri, in deroga alla giurisdizione episcopale e ai diritti parrocchiali.

Veduta aerea di Breme e della campagna circostante (da www.comunebreme.it)

Nel maggio 1093 l’imperatore Enrico IV donò l’abbazia di Breme alla chiesa di San Siro di Pavia, ovvero a quella diocesi. Intanto il borgo di Breme veniva valorizzato come fortezza per la sua posizione strategica e la naturale difesa costituita dai fumi Po e Sesia. Tra il 1213 e il 1215 il paese fu investito dalle guerre tra Pavesi e Milanesi; nel 1337 Azzone Visconti assediò il borgo fortificato e lo prese in possesso devastandolo, finché Carlo IV non lo diede nel 1355 al marchese del Monferrato che se lo vide strappare con un nuovo assedio, da parte di Luchino del Verme nel 1359, il quale lo restituì ai Visconti.

Nuovamente fortificato, subì le drammatiche vicende dei secoli successivi del Ducato di Milano e in particolare ai fatti d’arme del secolo XVII, che investirono il borgo già  fortificato dai francesi in piena guerra di successione del Monferrato. L’abbazia fu interessata notevolmente nelle operazioni belliche che videro coinvolta Breme tra il 1635 e il 1638 nelle fasi della guerra combattuta da Spagnoli e Francesi. Nel 1635 i Francesi conquistarono Breme, creando una pericolosa enclave all’interno della Lombardia spagnola, in posizione strategica sul Po e la Sesia a non molta distanza dalla piazzaforte di Casale.

La cripta dell’abbazia di San Pietro, sopravvissuta a trasformazioni e demolizioni, sebbene accorciata di una o due campate (da www.comunebreme.it)

Il duca di Savoia, Vittorio Amedeo I, fece trasformare Breme in importante una fortezza militare affidandone il disegno all’ing. Bailera. Il nucleo antico sul dosso fu circondato da  mura con due porte e tutto intorno si posero imponenti terrapieni, stravolgendo in particolar modo la strutturazione del complesso abbaziale, la cui chiesa fu adibita a deposito di munizioni e vettovaglie,  i monaci, vennero espulsi in quanto accusati d’essere filo – spagnoli dal Governatore Mongaillard, il quale il 26 marzo 1638 dopo l’assedio delle truppe Spagnole guidate da Martino d’Aragona su incarico del marchese di Leganes, fìrmò la resa con gli Spagnoli, nonostante l’articolata difesa prestata dalle truppe francesi, coadiuvate dall’intervento dei rinforzi giunti da Casale agli ordini del maresciallo Crequì, che rimase ucciso durante le operazioni ossidionali.

L’antica cucina del monastero (www.comunebreme.it)

L’ultimo Abate Commendatario di Breme  nel 1543 ottenne dalla Santa Sede di permutare l’Abbazia di San Pietro con quella di Sant’Alberto di Butrio, nell’oltre Po.  I pochi monaci rimasti a Breme (circa una dozzina) furono trasferiti a Butrio dove non proseguirono nell’accettazione dei novizi portando all’estinzione la storica comunità. Il monastero di Breme fu quindi preso in consegna dai monaci benedettini della Congregazione di Monte Oliveto. Gli Olivetani eressero San Pietro in Breme in un nuovo monastero dipendente dalla Congregazione, con una piccola comunità retta da un abate.

Dall’archivio di Monte Oliveto Maggiore ricaviamo il nome del primo abate, Bartolomeo da Legnano. All’epoca olivetana si deve la costruzione del complesso superstite che occupò il lato orientale del borgo fortificato in prossimità della confluenza del Po con la Sesia.  In quegli anni iniziò la ricostruzione del fabbricato abbaziale con l’erezione del vasto chiostro porticato con grandiosi ambienti voltati addossato al lato orientale della chiesa su un terrapieno del forte. Anche la chiesa fu restaurata in stile barocco.

Il grandioso chiostro fatto costruire in epoca olivetana (www.comunebreme.it)

L’imponente torre campanaria fu eretta in stile classico nella seconda metà del sec. XVII forse sul tronco della torre medioevale danneggiata dagli eventi bellici. Con la seconda metà del Settecento iniziò la stagione delle soppressioni per gli Ordini religiosi e l’incameramento da parte dei vari sovrani, dei beni ecclesiastici, che si sarebbe conclusa nel 1810 con la soppressione generale napoleonica di tutte le corporazioni religiose.

Il re di Sardegna otteneva il 17 gennaio 1782 da papa Pio VI la soppressione della Canonica Lateranense di Santa Maria delle Grazie di Novara per stabilirvi i monaci olivetani delle abbazie di Breme. Finiva così la presenza benedettina a Breme dopo otto secoli. Agli Olivetani dell’abbazia novarese, soppressa l’8 giugno 1805, rimase la proprietà della tenuta della cascina Rinalda che fu venduta agli Arborio di Sartirana nel 1793. Il locale dell’abbazia e il giardino restarono di proprietà del Demanio e furono assegnati  dal 1785 come beneficio del parroco di Santa Croce in Mortara, la cui abbazia di Canonici Lateranensi era stata parimenti soppressa.

L’imponente campanile della chiesa olivetana, forse innestato sulla torre campanaria medioevale (www.comunebreme.it)

Nel 1830 il prevosto di Santa Croce vendette la proprietà che successivamente venne divisa  in due proprietà distinte: di queste una fu venduta nel 1872 al Municipio di Breme che vi stabilì la sede dei suoi uffici e delle scuole pubbliche. La chiesa fu successivamente demolita agli inizi dell’Ottocento, lasciandone solo il muro perimetrale sinistro, il presbiterio, adattato ad abitazione, e il coro, parzialmente conservato nei muri perimetrali. Una cripta, accorciata di una o due campate fu lasciata a uso cantina, rifacendo parte delle volte verso la nuova parete di chiusura e aprendo l’odierno accesso dall’esterno.

Parte dell’abbazia olivetana adibita a sede municipale e scolastica (www.comunebreme.it)

Nel 1938 fu abbattuta la facciata della chiesa, demoliti i fabbricati addossati alla navata della chiesa e furono riaperti i portici murati. Degli arredi e delle opere custodite nella chiesa, compresa la biblioteca, purtroppo non  è rimasto praticamente nulla.  Tra le suppellettili preziose di pertinenza della chiesa parrocchiale di Breme si custodiscono alcuni oggetti ritenuti provenienti dall’abbazia. Ricordiamo un calice in argento cesellato e dorato raffigurante della Madonna con il Bambino, di San Giovanni Battista e uno stemma nobiliare: la dicitura sotto il piede fu malamente abrasa. È un pezzo notevole di oreficeria senese della fine del sec. XVI, di inizio sec. XVII è un altro calice in argento cesellato che reca incise le insegne abbaziali.

Nel museo della sacrestia dell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore sono esposti due calici molto simili. Di eccellente fattura, ma di provenienza lombarda, sono un turibolo e navicella in argento sbalzato, degli inizi del sec. XVIII.

Scorcio del chiostro porticato e del campanile eretto in stile classico dai monaci olivetani (www.comunebreme.it)