di Cristina Quaranta

La mutua … reale[1]

I mesi dell’anno dove si registrano più infermi sono da sempre gennaio e dicembre.

Anche nel 1760 in gennaio si videro le malattie da raffreddamento trascinarsi dagli ultimi mesi del 1759 e tenere detenuti in letto sino a febbraio ed oltre, molti dei servitori della Real Casa: guardia carrozze, garzone di camera, il mulattiere e il cacciatore. Si temette a lungo per la vita del palafreniere giubilato Simone Bertolo.

Ritratto di re Carlo Emanuele III (1701-1773), Maria Giovanna Battista detta La Clementina, 1740 (proprietà Regione Piemonte in deposito presso la reggia di Venaria Reale)

Si ammalò l’aiutante di cucina e Pietro il portiere del parco. Non riusciva a migliorare nonostante le cure neppure il cocchiere Ferraris e il lacchè Giuseppe Corso, il valletto a piè e quello des chiens[2]. Il capo tappezziere e gli uscieri di anticamera e di sala non furono risparmiati dal morbo in febbraio. I resoconti del medico della Mandria indicano che venne servito brodo e carne di pollo per ben 52 razioni in gennaio, 50 in febbraio e ben 77 a marzo, quando coi primi calori si suda e più facilmente si è soggetti a malevoli colpi d’aria.

Il Capo cavallaro stette almeno 22 giorni a letto con la febbre. In aprile gli ammalati furono ancora in numero elevato, ben 68.

In settembre, verso il 15, si ammalò, di vajole, Sua Altezza Reale secondo duca del Chiablese[3], e furono chiamati e pagati straordinariamente per la veglia 2 valletti a piedi e un portore, quali in ogni notte hanno gioito con 1 pinta di vino e mezza razione di pane con 3 once di groviera ciascuno. Dopo qualche giorno, il 24 dello stesso mese anche il Principe di Piemonte[4] cadde ammalato della stessa malattia ed anche per lui vi furono delle veglie speciali e costi aggiuntivi alle spese ordinarie.

Per la malattia che colpì la duchessa[5] vennero impegnati quattro valletti a piè e si mandò al pagamento il biglietto dichiarante gli acquisti fatti per loro: 16 once di groviera, ben 32 pinte di vino e 16 razioni di pane. Si legge nello stesso, che sono cadute per sbagli 3 once più del necessario di groviera.

Per il malanno accaduto a S.M. in viaggio si fornisce per la veglia reale, vino e formaggio ad un pastore trovato strada facendo.

Dettaglio di una nota spese relativa all’acquisto di vini per l’anno 1821

Spese per lieti eventi ed altri momenti

Non solo malanni per gli addetti alle reali persone e servitori negli elenchi delle spese: si possono trovare anche esborsi per lieti eventi; così per i battesimi dei figli del cuoco, del garzone di cucina o quello straordinario, del postiglione o del mulattiere o il garzone del maneggio vengono donate 1 torcia e mezza e 1 libra e mezza[6] o 2 di confetti a seconda del ruolo investito dal padre del nascituro.

Per la figlia del cocchiere 2 furono le torce e 3 le once dei confetti.

Ancor più fortuna ebbe la figlia del valletto di camera che ebbe ben 2 e mezza torce, 4 once di confetti e si aggiunsero anche 2 once di canditi. Su cento nascite solo 4 saranno fortunate nel beneficiare del dono dei canditi.

Cera e spezierie per le torce che i paggi e camerieri useranno per servire S.A.R. il Principe di Piemonte nottetempo, e del pane per i servitori su detti,  il materassaio della duchessa e la nutrice.

Al garzone di camera al servizio della duchessa, si comanda possa avere da somministrare ogni volta gli sia richiesto, distribuita in 5 ampollini, dell’acquavita  o spirito di vino, dell’orzata e acqua di cedro.

Il “vino vecchio odorifero” così come alcune varietà di vini orientali erano ricercate sin dal Medioevo per le supposte qualità terapeutiche 

L’acqua di cedro viene ordinata in quantità notevole anche per il ballo e all’Opera per le eventuali richieste delle reali persone.

È stato ordinato anche dello spirito di vino per un cavallo di Sua Maestà. Viene riempita, si legge, la solita botte. Ancora acquavite è trasportata al palazzo di caccia di Stupinigi e della Venaria.

I vini forestieri sono molto apprezzati e utilizzati anche nella farmacopea, infatti il vino di Siracusa è spedito sia all’Ospedale di Carità che elargito come elemosina ai vari enti assistenziali; per i paggi ammalati di vajole  o solo di raffreddore, si usa quello bianco, probabilmente più leggero.

Lo stesso vino approda a Superga per la festa presenziata da Sua Maestà e dalla corte che avviene ogni anno l’8 settembre  e anche a palazzo per essere lavorato e servito come sorbetto durante i balli e le feste in genere.

Per i sorbetti si usa anche il vino moscato di Nizza, e dalla Borgogna si ordinano solitamente due bottelle di vino Borgogna e due altre di champagne.

La lingeria da tavola è regalata ai Monasteri e alle Chiese, sono per lo più serviette utilizzate anche dai paggi del Guardamobili per le pulizie dei mobili e in infermeria per le persone ammalate.

Voce di spesa significativa era quella per cera e candele – foto di Paolo Barosso

Altra voce riguarda il mondo della cera e delle candele

Al signor Vittorio Majna è stata data per portare il latte di buon mattino a Corte, altro quantitativo per la Cavallerizza e per la scuola dei Paggi.

Il giorno 7 settembre 1760 il garzone guardamobili viene fornito di un numero considerevole di candele per vegliare per una intera settimana  al parto di un nascituro reale, nella settimana successiva toccherà al tappezziere: a questo si daranno 14 candele per altrettante notti di veglia. Lo stesso si farà con  gli archibugieri e le guardie di piantone al Regio Teatro.

Questi poi saranno forniti di legna e carbone, così sarà per i paggi della Cavallerizza ai tappezzieri alla scuola dei paggi e chi veglierà alla Cappella della Sindone, agli archivi regi; non si negherà una fascina di legna alla Camera del Consiglio che si raduna il 9 del primo mese dell’anno e ben quattro fascine più 2 sacchi di carbone sono destinate alla signora Regis per asciugare la lingeria e per la camera dove si distribuisce il pane. Ne beneficeranno inoltre la Congregazione dei poveri e le stufe della Galleria del Teatro regio, per questo 8 carre di legno di rovere, e carbone per le guardie del corpo di S.M..

I servitori hanno bisogno di stivali, soprattutto quelli più vicini alla corte, così oltre alla divisa che si cambia solitamente ogni tre anni, per questo tipo di calzature non vi sono limitazioni di tempo. Nel 1760 occorrono al palafreniere della Mandria, Lorenzo Francese, che monta gli stalloni e a  Giò Angelo Agnello. Un paio di stivali  al capo cavallaro e uno di bottine  al cavallaro Rusca e al cacciatore da fucile; stivaletti al garzone del maneggio.

 

[1] Vittorio Amedeo II, Carlo Emanuele III, Vittorio Emanuele I

[2] dei cani

[3] Benedetto Maria Maurizio che divenne duca del Chiablese dopo la morte del fratello Carlo Francesco Romualdo   avvenuta nel 1733.

[4] Vittorio Amedeo III erede al trono.

[5] Maria Antonietta di Borbone moglie del Principe del Piemonte.

[6] Kilogrammi 0,6804

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