Testo e foto di Paolo Barosso
Strette tra le propaggini settentrionali delle colline del Monferrato e il corso del fiume Po, che ora scorre più distante, ma che un tempo lambiva la città, sorgono le imponenti rovine del municipium romano di Industria, uno dei più importanti siti archeologici del Piemonte.
Fondato negli anni 124/123 a.C. nel territorio dell’attuale comune di Monteu da Po, tra le circoscrizioni amministrative di Augusta Taurinorum e Vardacate (Casale Monferrato), l’insediamento di Industria si sviluppò nei pressi del preesistente villaggio celtico di Bodincomagus, toponimo traducibile come “mercato sul Po” (nell’idioma celto-ligure Bodinkos era il fiume Po), a richiamare una vocazione ai commerci che era propria delle genti autoctone anche prima della romanizzazione.
Il nome scelto dai colonizzatori romani, Industria, dalla tipica impronta beneaugurale che si riscontra anche in Valentia (Valenza), Pollentia (Pollenzo) o Carreum Potentia (Chieri), rispecchia la vocazione cittadina all’artigianato, focalizzato in particolare sulla lavorazione del bronzo (diversi manufatti bronzei rinvenuti a Monteu sono oggi conservati al Museo di Antichità Archeologiche di Torino), e ai commerci, legati alla navigazione sul Po, che al tempo scorreva molto più vicino al centro, e alla strategica vicinanza con il punto di confluenza della Dora Baltea nel grande fiume.
Gli scavi condotti nel Settecento per volere del re Carlo Emanuele III di Savoia, mosso dal proposito di arricchire le raccolte di oggetti antichi del Museo dell’Università, vennero affidati all’abate Antonio Rivautella e al letterato Giovanni Paolo Ricolvi, che localizzarono il sito basandosi sulle indicazioni di Plinio il Vecchio, che aveva menzionato il porto fluviale di Industria nella sua Storia Naturale.
Le campagne di scavo, riprese nel primo Ottocento sotto la supervisione del conte Bernardino Morra di Lauriano, portarono all’individuazione di un’area monumentale che inizialmente venne scambiata per l’edificio del teatro, ma che in seguito venne correttamente interpretata come un grande e importante polo religioso dedicato al culto di Iside e di Serapide, in grado di attirare pellegrini anche da regioni molto lontane.
L’area sacra, costruita in età augustea e ampliata al tempo di Adriano, comprende l’alto podio dell’Iseo, il tempio dedicato a Iside, e un vasto spazio semicircolare porticato, che unisce “elementi della tradizione architettonica egizia e schemi planimetrici tipici del tempio ellenistico“.
Il culto tributato alla dea egizia Iside, assorbito dal sincretismo religioso ellenistico e portato dai Romani in Occidente tramite le legioni, acquisì una connotazione misterica, con riti di iniziazione per i fedeli, di cui si trova evidenza nell’area sacra di Industria.
Qui, in sintonia con la descrizione dei misteri isiaci fornita dallo scrittore latino Lucio Apuleio nelle Metamorfosi, sono state individuate le celle dei sacerdoti, il pozzo per la purificazione, la cella dove la statua della dea veniva mostrata agli adepti, gli altari per i sacrifici e gli ambienti per la raccolta delle offerte votive.
I numerosi manufatti venuti alla luce durante gli scavi condotti dal conte Morra di Lauriano rimasero solo in piccola parte nella dimora di famiglia a Lauriano Po, mentre il nucleo principale dei ritrovamenti venne donato a re Carlo Alberto e sistemato nel Museo di Antichità di Torino.
Il declino di Industria cominciò dal IV secolo d.C., sia per la crisi dei commerci, sia per l’avvento del Cristianesimo che pose termine al culto isiaco, ma tracce di frequentazione della zona sino all’età tardo antica e alto-medioevale si riscontrano nelle sepolture databili alla tarda età imperiale e longobarda e nelle vestigia della pieve romanica di San Giovanni di Lustria (da Industria), che funzionò da parrocchia per i Cristiani del luogo prima dello spostamento degli abitanti nel sito dell’odierna Monteu da Po.