Di Paolo Barosso
Isolata al centro d’uno spiazzo creato dalla rettificazione della strada che conduce in alta Valle Maira, poco prima dell’abitato di Macra, sorge l’edificio romanico della cappella di San Salvatore.
Originariamente dedicata a Gesù Salvatore, ma nota come San Salvatore, la chiesetta, considerata una delle più antiche fondazioni cristiane della valle (insieme con la chiesa di San Peyre a Stroppo), venne eretta tra il 1120 e il 1142 per iniziativa della potente e florida comunità di canonici agostiniani di Oulx nell’alta valle della Dora Riparia (valle di Susa).
La prevostura di San Lorenzo di Oulx, da cui dipendeva all’inizio la cappella di San Salvatore (dal 1386 attribuita alla giurisdizione della pieve di Caraglio), era un insediamento di canonici fedeli alla regola di Sant’Agostino che, sotto la guida di un prevosto (da cui il nome “prevostura”), trovò riconoscimento ufficiale nel 1065 con la “Bulla maior” di Cuniberto, vescovo di Torino.
La posizione della prevostura, lungo il ramo della Via Francigena che percorre la valle della Dora Riparia conducendo al valico del Monginevro, ne determinò presto l’ascesa sia come polo religioso, sia come centro di potere economico e politico, al centro di una rete di dipendenze, comprendente chiese e case ospedaliere, estesa tra Piemonte, Liguria, Provenza e Delfinato.
La cappella di San Salvatore, assai semplice nelle linee esterne, costruita in pietra e con il tetto rivestito dalle caratteristiche lausas, le lastre d’ardesia, custodisce all’interno, a navata unica terminante in un vano absidale, una delle più importanti testimonianze pittoriche del territorio, articolate in due distinti cicli di affreschi, diversi per periodo di realizzazione e tratti stilistici.
Gli affreschi visibili sui muri laterali del presbiterio appartengono alla fase più antica, essendo stati realizzati nella prima metà del XII secolo, quando la cappella venne eretta: il ciclo si segnala per la peculiarità delle scene rappresentate, quasi tutte tratte dall’Antico Testamento, tali da costituire un unicum nella provincia di Cuneo.
Tra queste troviamo una scena incentrata sul tema del peccato originale, con Adamo ed Eva separati dall’albero della conoscenza, secondo la tradizione medioevale un melo (in latino malus, vocabolo dal significato ambivalente, in quanto designa la pianta, ma anche il concetto di male), attorno a cui si avvolge il serpente tentatore; una scena di combattimento con un guerriero a cavallo e un soldato disteso a terra, trafitto da una lancia; la raffigurazione d’un banchetto con una danzatrice, forse Salomè, che si esibisce davanti a re Erode e tre spettatori.
In queste scene, non tutte di facile lettura (ad esempio vi compare un personaggio dalla folta chioma raggiante, simile a una criniera leonina, che soffia in un corno e in cui si ipotizza di riconoscere le fattezze del dio Pan), si riscontrano i più antichi esempi di strumenti musicali dipinti nel territorio di queste vallate.
Nell’affresco della battaglia si nota un suonatore di flauto, forse impegnato nell’esecuzione di un brano funebre, data la vicinanza a un guerriero ucciso, mentre nella scena conviviale la danza di Salomè è accompagnata da un citaredo, intento a utilizzare uno strumento che pare una via di mezzo tra un’arpa e un salterio.
Nell’area absidale si ammira invece un secondo ciclo pittorico, che ha come protagonisti nella volta il Cristo benedicente in mandorla attorniato dai quattro Evangelisti e nel registro inferiore, divisi in quattro riquadri scanditi da monofore, i dodici apostoli.
Questi affreschi, probabilmente sovrapposti al ciclo romanico, che doveva proseguire anche nell’abside, presentano tratti stilistici riconducibili alla stagione quattrocentesca del gotico internazionale.
Discussa è l’attribuzione: alcuni studiosi riscontrano delle analogie con la maniera del Maestro di Lusernetta, l’ignoto autore degli affreschi visibili nella cappella di San Bernardino da Siena a Lusernetta in val Pellice, mentre altri vedono delle affinità con le opere del Maestro del Laietto, attivo in valle di Susa, a riconferma dei persistenti legami con la prevostura di San Lorenzo a Oulx.
Note bibliografiche:
Rosella Pellerino e Davide Rossi, Le chiese di Mistà. I tesori romanico-gotici delle valli Grana, Maira, Varaita e Po, Bronda, Infernotto, Più Eventi ed., 2012
Si ringrazia Roberto Beltramo per la concessione delle foto