Testo e foto di Paolo Barosso
La certosa di Santa Maria di Pesio, fondata nel 1173 nella valle del Pesio con una donazione dei signori di Morozzo, si presenta come un grandioso complesso architettonico d’origine medievale, ma cresciuto nei secoli per successive addizioni e stratificazioni, tanto che oggi non è più leggibile la conformazione originaria, se non limitatamente ad alcune parti.
Il centro monastico si articola in due poli principali, la correria, posta poco più a valle, e il nucleo monumentale costituito dalla certosa vera e propria, in conformità alle prescrizioni dell’Ordine certosino, istituito da San Bruno di Colonia nell’ambito di quel rinnovamento del monachesimo benedettino che si manifestò in Europa tra XI e XII secolo.
San Bruno, canonico della cattedrale di Reims, fondò nel 1084, in un luogo montuoso, isolato e impervio tra Grenoble e Chambéry, la comunità monastica della Grande Chartreuse, coniugando in modo originale anacoretismo (ritiro in solitudine) e cenobio (vita in comune)
La comunità fondata da San Bruno divenne in breve tempo la “Casa madre” dell’Ordine certosino (da “Chartusia”, nome latino della località) e proprio da qui, negli anni seguenti, piccoli gruppi di “monaci bianchi”, alla ricerca di luoghi solitari e appartati ad immagine e somiglianza del “deserto di Chartreuse”, partirono per la creazione delle prime certose piemontesi, che vennero edificate tra il 1170 e il 1190 nella valle di Susa (Madonna della Losa e Monte Benedetto) e nell’area montana monregalese dove sorsero il centro monastico di Casotto in Valcasotto, documentato dal 1172, e nell’anno successivo la certosa di Pesio.
Percorrendo dal paese di Chiusa Pesio la strada del fondovalle, s’incontra a un certo punto, alla sinistra orografica del torrente, il primo elemento caratteristico delle certose medievali, costruite sempre in montagna come la Grande Chartreuse, la cosiddetta “domus inferior” o casa bassa, così denominata per la sua collocazione a una quota inferiore, ma indicata anche come “correria”, nucleo insediativo riservato all’abitazione dei “conversi”, monaci che, pur prendendo i voti, potevano lavorare al di fuori della propria cella e del perimetro della certosa.
Della correria di Pesio osserviamo in particolare il bel portale d’ingresso, sormontato dal simbolo primitivo dell’Ordine certosino, una croce patente dotata di piede appuntito nel braccio inferiore, richiamo alla stabilità della vita monastica, e la chiesa di San Giovanni Battista, che presenta le caratteristiche costruttive delle chiese certosine medievali, improntate a semplicità e essenzialità.
La “domus superior”, chiamata anche “eremus” o casa alta, era costituita essenzialmente dalla chiesa, fulcro del complesso, dal “chiostro piccolo”, riservato alla preghiera dei monaci, su cui affacciavano gli spazi comuni (sala capitolare, refettorio), e dal “chiostro grande”, galleria di collegamento tra le celle dei monaci, concepite ciascuna come abitazione separata dalle altre, articolate in una prima sala, detta dell’Ave Maria, pensata per gli uffici divini, e un secondo ambiente, il “cubicolo”, che fungeva da refettorio, laboratorio, camera da letto.
La casa alta di Pesio si trova sul lato opposto del torrente, un tempo collegata da un solo ponte in pietra con tetto in legno a doppio spiovente, ora scomparso.
Il nucleo medievale, edificato sotto il priore Uldrico, in carica fino al 1197, non ha lasciato molte tracce di sé, inglobate nelle ampliazioni cinquecentesche e d’età barocca.
Della primitiva certosa rimane una rete di locali a livello interrato e seminterrato, che formano una sorta di “certosa nascosta”. La chiesa monastica, dedicata a Santa Maria, si sviluppa sue due piani: la chiesa inferiore, a livello del terreno, che rispecchia la conformazione delle chiese certosine delle origini, con pianta rettangolare, navata unica, assenza di transetto, abside piatta o semicircolare ricavata in spessore di muro, e la chiesa superiore, poggiante sulla prima, costruita a fine Cinquecento.
La volta e l’abside vennero interessate in età barocca da un fastoso programma decorativo, con stucchi e affreschi, in prevalenza incentrati sul tema mariano ed eseguiti da artisti di buon livello come Antonino Parentani, documentato a Torino come pittore di corte di Carlo Emanuele I di Savoia.
Il complesso monastico, come appare oggi, risulta distribuito su grandi terrazzamenti studiati per assecondare i dislivelli del terreno, che digrada verso il torrente Pesio. Tra gli ambienti che s’incontrano nella visita abbiamo la corte inferiore, grande spiazzo d’accesso, e il portale monumentale che dà l’accesso all’area del monastero vero e proprio, con l’edificio della Foresteria, opere risalenti ai lavori di ammodernamento intrapresi da metà Seicento sotto la direzione dell’architetto Giovenale Boetto e del pittore Jean Claret.
La scala coperta, superando lo sbalzo di quota, conduce al livello più alto, dove si apre la loggia meridionale e il chiostro superiore, la struttura monumentale di maggior fascino del complesso, con i capitelli delle colonne che costituiscono uno “straordinario museo di scultura rinascimentale”.
Secondo la tradizione le due statue poste al centro del giardino claustrale rappresentano due certosini, identificati con i figli della benefattrice Audisia Mezzavacca, che alla fine del XIII secolo fece una cospicua donazione in favore dei certosini di Pesio.
Con la soppressione degli ordini e delle congregazioni religiose, deliberata dal famigerato decreto napoleonico del 1802, anche la certosa di Pesio venne costretta alla chiusura e spogliata di arredi e opere d’arte. Nel 1840 il complesso venne acquistato da un privato, che lo trasformò in stabilimento idroterapico. Solo nel 1934, dopo decenni di abbandono, vi si insediarono i missionari della Consolata, ordine fondato dal canonico Giuseppe Allamano, che intrapresero importanti lavori di recupero del magnifico complesso.
Tra le opere sopravvissute alle devastazioni ottocentesche ammiriamo il bellissimo affresco raffigurante la Madonna della Misericordia, di mano ignota, risalente al primo Cinquecento, staccato dalla parete del molino, dov’era collocato in origine, e sistemato all’interno della certosa. La Madonna è colta nell’atto di allargare il suo manto protettivo sui monaci certosini raccolti ai suoi piedi, alla sua destra i padri e alla sua sinistra i conversi, riconoscibili dalle barbe e dall’assenza di tonsura.
L’ambiente naturale che circonda la certosa di Pesio è stato profondamente inciso dall’opera dei monaci che nei secoli si presero cura dei boschi e dei pascoli, promuovendo l’allevamento del bestiame e il pastoralismo.
Oggi si può affermare che i confini dell’area protetta del Parco Naturale del Marguareis, l’area carsica più vasta e famosa del Piemonte, ricalchino in gran parte il perimetro del cosiddetto “deserto”, corrispondente all’ampio territorio che era stato assegnato fin dalle origini nel XII secolo alla gestione dei monaci di Pesio.