di Paolo Barosso
All’imboccatura della valle di Susa, sull’orlo della conca morenica che testimonia l’espansione dei ghiacciai avvenuta in epoche remote, sorge l’abitato di Avigliana con il suo nucleo medievale sovrastato dagli affascinanti ruderi del castello.

La cittadina, oggi centro residenziale e rinomata meta turistica, anche per la prossimità ai due bacini lacustri, il lago Piccolo e il lago Grande, d’origine glaciale, raggiunse l’apice della prosperità tra XI e XIV secolo, dapprima sotto l’autorità dei marchesi arduinici di Torino e poi con i conti di Savoia, che vi risiedettero per lunghi periodi in particolare durante il Trecento.
Tra le numerose testimonianze architettoniche e artistiche che documentano l’importanza della cittadina nei secoli centrali del Medioevo, vi è la chiesa di Santa Maria Maggiore, posta in incantevole posizione panoramica nei pressi della piazzetta Santa Maria nel Borgo Vecchio. Più volte distrutta e ricostruita nel corso dei secoli, venne purtroppo abbandonata negli anni Settanta del Novecento a seguito della decisione di trasferire il culto nella nuova parrocchia di Santa Maria, edificata nel borgo basso di Avigliana, di recente espansione.

La chiesa, da oltre vent’anni sede del centro culturale “Vita e pace”, che ne promuove i lavori di restauro e le indagini archeologiche volte a studiarne le fasi costruttive, sta oggi attraversando un periodo di rinascita, attestato dal recente recupero delle pareti della prima e seconda campata della navata centrale e degli affreschi realizzati nell’Ottocento.
Le origini dell’edificio appaiono oscure: si ritiene probabile che un primo rifacimento dell’antica pieve sia stato effettuato dopo il 773, quando la chiesa dovette essere riparata o ricostruita per i danni subiti durante la celebre battaglia delle Chiuse, che vide scontrarsi le armate del re dei Franchi, Carlo Magno, in discesa dal valico del Moncenisio verso la pianura, e le truppe dei Longobardi al comando di Adelchi, principe condottiero figlio di re Desiderio.

Descritta in documenti del XII secolo quale possedimento della Prevostura di Oulx, nell’alta valle della Dora Riparia, e funzionante probabilmente come pieve di castello, la chiesa di Santa Maria Maggiore svolse un ruolo preminente nella cura d’anime della basse valle nel corso dei secoli XII e XIII, periodo in cui risulta inserita nel sistema delle castellanie dei conti di Savoia e utilizzata come luogo di redazione di documenti pubblici e di adunanze assembleari della comunità aviglianese.
Dopo una serie di interventi che si susseguirono nel tempo, alterando profondamente la struttura e l’aspetto originario della chiesa medievale, nella seconda metà del Seicento si procedette alla quinta ricostruzione, secondo le linee di ispirazione barocca che si possono ammirare ancora oggi.

I lavori comportarono la trasformazione planimetrica dell’edificio, che venne ridotto a una sola navata, cui in seguito si aggiunsero le cappelle laterali. Tra queste vi è la cappella dedicata al conte Umberto III di Savoia, vissuto nel XII secolo, ma beatificato nel corso dell’Ottocento (1838) grazie all’interessamento del re Carlo Alberto, che volle promuoverne il culto sia per questioni di prestigio dinastico, sia per autentica fede cristiana.

Del glorioso periodo medievale rimangono le tracce più significative nel campanile d’impianto romanico, provvisto di cuspide con pinnacoli di foggia gotica e decorato con bacini in ceramica policroma, secondo un uso in voga al tempo e documentato anche nei campanili di San Pietro e San Giovanni, sempre ad Avigliana, nei labili resti di un affresco trecentesco rintracciabili nell’attuale sacrestia e nella pianta poligonale dell’abside, risalente a metà Quattrocento (le opere del pittore Defendente Ferrari, che ornavano la chiesa dal XV secolo, vennero in parte acquisite dai musei torinesi e in parte disperse a seguito di furti sacrileghi).

Nell’edificio, già ricco di storia e di significati, sono custodite da un ventennio a questa parte le opere dell’artista Elsa Veglio Turino (1921-1986), che all’età di 35 anni, senza alcuna esperienza in ambito scultoreo, sentì forte l’impulso di creare plasmando e iniziò a realizzare prima volti del Cristo e poi vere e proprie statue a grandezza d’uomo, in bronzo e gesso, quasi tutte di carattere religioso.

Segnaliamo anche che, nella prima cappella a sinistra, è custodita la “losa delle coppelle“, un masso di quattro quintali ritrovato un centinaio di anni fa sulla cima del monte Cuneo e inciso con venticinque coppelle. Il reperto, risalente a circa 3000 anni fa, è stato indagato dalla ricercatrice Eleonora Piccinini, che si è basata sugli studi di storici valsusini, mettendo in evidenza i legami con la religiosità celtica e con i culti litolatrici (delle grandi pietre) propri del magalitismo.
Si ringrazia per il materiale fotografico l’ufficio stampa della Città Metropolitana di Torino
Riferimenti bibliografici e siti internet
Eleonora Piccinini, La losa delle coppelle conservata nella chiesa di Santa Maria Maggiore in Borgo Vecchio di Avigliana
www.archeocarta.org, Avigliana (To): chiese di San Giovanni e Santa Maria Maggiore
www.cittaecattedrali.it, chiesa di Santa Maria Maggiore