Il viaggio in Canavese in compagnia di Giovanni Dughera prosegue con la quinta tappa, che ci condurrà a scoprire i borghi storici di Bairo, con la possente Torre Rossa del ricetto e le memorie del celebre Amaro Dom Bairo, Torre Canavese, con gli affreschi murali eseguiti da artisti russi, e Agliè, resa celebre dai trascorsi sabaudi e dalle villeggiature gozzaniane.
Bairo. Piccolo paese sospeso tra Medioevo e Ottocento, è dominato dalla Torre Rossa, testimonianza dell’antico ricetto, dalla cui sommità si gode di un dolce panorama del Canavese.
La chiesa, edificio in cotto che pare un barocco al quale sia stato imposto con una mano di fermare e appiattire le sue linee ondeggianti, è un composto esempio di tardo settecento piemontese e dalla piazza appare la Torre illusoriamente sormontata da una cupola barocca, che in realtà appartiene a una chiesa che si trova dietro di essa. Possiamo vedere questo come emblema di due momenti importanti della storia del Piemonte: Medioevo e età barocca che si sovrappose, riplasmando i borghi medievali.
A Bairo sorge un ex convento del Settecento dove si produsse sino agli anni Settanta del Novecento l’amaro Bairo (poi Dom Bairo) a base di cardamomo, pianta aromatica d’origine indiana, e di trentasei diversi tipi di erbe. Pare che la paternità della ricetta, risalente al XV secolo, sia da ricondursi a Pietro de Micheli, archiatra dei duchi di Savoia, nativo di Bairo e sepolto nel Duomo di Torino.
Esiste qui, lungo il canale di Caluso, derivato dall’Orco, un antico mulino a ruota idraulica, che venne fatto costruire per l’abbeveraggio dei cavalli dal maresciallo di Brissac, governatore e luogotenente generale del Piemonte durante l’occupazione francese del Cinquecento.
Indi troveremo Torre Canavese, coi suoi affreschi dipinti da artisti russi sui muri delle case e il castello che ospitò nel 1993 la mostra sui Tesori del Cremlino.
Agliè
Ad Agliè è d’obbligo una visita alla deliziosa villa “Il Meleto”, costruzione dell’Ottocento ingentilita da aggiunte liberty, come il glicine dipinto sul muro che s’accompagna a quello vero e gli interni dall’arredamento ottocentesco e liberty, che fanno rivivere le poesie di Guido Gozzano, in particolare “Il salotto di nonna Speranza”. Il poeta crepuscolare l’abitò nelle sue villeggiature estive ed è affascinante rivivere questo importante fenomeno legato alla borghesia del Piemonte ottocentesco che si ispirava a mode parigine e londinesi, nonché al più prosaico modo di evitare la calura estiva di Torino. Particolare l’intimo giardino, con tavolini d’epoca, statuette in marmo, glicini e i fiori dei meli che gli danno il nome (visite tutto l’anno, tel. 0124/330150).
Il castello Ducale, appartenuto a Filippo d’Agliè, brillante cortigiano del Seicento, coreografo di spettacoli dei duchi di Savoia, e al re Carlo Felice di Savoia, è importantissimo per i suoi sfarzosi interni e per il grande parco all’inglese, i giardini all’italiana di siepi di bosso a disegni geometrici e scenografici fondali di grotte, statue, telamoni.
Stupenda la Fontana dei Fiumi, con sculture raffiguranti allegorie dei fiumi, tritoni, mostri acquatici, delfini, dei e dee legate alla mitologia. Visitabile il parco da maggio a ottobre, il castello tutto l’anno. Il complesso è sotto la tutela della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte.
Testo di Giovanni Dughera