di Paolo Barosso
L’insediamento di Pont Canavese, d’origine molto antica, è posto in prossimità del punto di raccordo tra le valli dell’Orco e del Soana, che si biforcano poco più a valle del paese. A lungo tormentato dalle discordie che opponevano le famiglie dei San Martino e dei Valperga, assegnatarie pro indiviso del feudo, l’abitato di Pont conserva poche ma suggestive sopravvivenze del complesso sistema fortificato medievale, in particolare le torri Ferranda e Tellaria, dominano il borgo con la loro sagoma slanciata.

La collocazione geografica di Pont, in corrispondenza degli sbocchi vallivi dell’alto Canavese, rese il controllo della località molto ambito fin dai tempi antichi, quando la popolazione celtica (o celto-ligure) dei Salassi, attestata tra la valle della Dora Baltea (valle d’Aosta) e il Canavese, iniziò a frequentare il sito, chiamato “Rondilitegna” nel significato di “passaggio a due valli”, lasciando tracce di sé nella toponomastica e nei ritrovamenti archeologici.
L’avvento dei Romani, che sottomisero i Salassi a partire dalla metà del II secolo a.C., infliggendo agli ultimi, indomiti, resistenti, una terribile sconfitta intorno all’anno 25 a.C., portò dapprima alla fondazione di Eporedia (Ivrea) nel 100 a.C. e, in seguito, alla progressiva colonizzazione degli impervi e selvaggi territori dell’alto Canavese, con il coinvolgimento dell’area di Pont, ribattezzata “Ad duos pontes”.

Passando al periodo medievale, già nel XII secolo l’abitato di Pont, così come le valli Orco e Soana, risulta soggetto alle due nobili casate comitali dei San Martino e dei Valperga che, rivendicando una supposta comune discendenza dal celebre Arduino, eletto rex Italiae nel 1002 a Pavia e marchio (marchese) della marca anscarica di Ivrea, si contendevano la gestione del territorio pontese e dei fiorenti pascoli alpini.
L’agguerrita competizione tra le due famiglie, che avevano tratto origine dai conti del Canavese, signori di questi territori, menzionati nelle fonti come “comites de Caneves” (A. Barbero) o “de Canavise” (o, ancora, de Canavisio) dalla fine dell’XI secolo, raggiunse il culmine nel corso del Trecento, sfociando nel conflitto per l’egemonia politico-militare conosciuto tra gli storici come “Guerra del Canavese”.

Dalle cronache di Pietro Azario, giurista novarese che documentò, anche per avervi preso parte, le varie fasi della Guerra del Canavese nel suo “De bello canepiciano”, scritto probabilmente a Tortona nel 1362/1363, apprendiamo che il territorio canavesano, nel periodo compreso tra il 1339 e il 1362 (a due riprese), fu teatro dello scontro tra i San Martino e i Valperga, i primi, di parte guelfa, appoggiati dai principi di Savoia-Acaia, vassalli dei conti di Savoia, e i secondi sostenuti dal marchese del Monferrato.
Naturalmente anche Pont, infeudata pro indiviso alle due principali famiglie canavesane, venne coinvolta nel confronto bellico, con le cronache dell’Azario che ci restituiscono l’immagine dei massi tirati dalle torri delle fortificazioni pontesi, in mano ai San Martino e ai Valperga, contro le postazioni avversarie.

E’ sempre l’Azario, nei suoi scritti, a fornirci informazioni circa l’esistenza a Pont, in quei secoli travagliati del Medioevo, di tre postazioni fortificate: il castrum Pontis e il castrum Tellarium o Thelarii, posseduti dai San Martino, e il castrum Ferrandae, appartenuto invece ai Valperga. Il castrum Pontis, che si ipotizza fosse situato appena sopra l’odierna chiesa parrocchiale di San Costanzo e di cui rimangono poche tracce, si trovava a un “tiro di pietra” dal castrum Ferrandae, di pertinenza dei Valperga, che ha lasciato invece una corposa testimonianza architettonica nella torre Ferranda, una delle due costruzioni medievali fortificate che rendono così caratteristico il profilo di Pont Canavese.

A dispetto della tradizione che, intrecciando verità storica a fantasie popolari, assegna al marchese Arduino d’Ivrea il ruolo di costruttore dei castelli di Pont, la loro edificazione è, in realtà, ricondotta dagli storici all’iniziativa dei conti del Canavese, signori del luogo tra il X e l’XI secolo, che diedero origine, nella loro discendenza, ai due rami dei San Martino e dei Valperga. Queste due famiglie, unite da parentela, gestirono in comunione, dal XII secolo in poi, i territori delle valli Orco e Soana, insieme con il caposaldo di Pont, in una situazione foriera di continue occasioni di litigio.
La torre Ferranda, che si eleva sull’affioramento roccioso alle spalle della chiesa di San Costanzo, in posizione dominante su quel che resta del ricetto di Pont, appare di solida struttura, in buona pietra locale, affiancata dalle vestigia di un edificio fortificato, ricostruito a più riprese e recante tracce di merlatura.

La torre Tellaria, che è la principale struttura superstite dell’antico castrum Thelarii, appartenuto ai San Martino, sorge su un poggio all’ingresso della valle dell’Orco, di cui era postazione di controllo e difesa, abitata da una guarnigione di soldati e circondata da un gruppo di casupole, di artigiani e contadini al servizio del castrum, pronti a cercare riparo all’interno della cinta muraria in caso di attacco.
Anch’essa assegnata dalla tradizione all’iniziativa di re Arduino, è invece da ricondursi, al pari della torre Ferranda, alla volontà dei conti del Canavese, in un periodo compreso tra il X e l’XI secolo, poi rinforzata dai conti San Martino, che ne furono in seguito proprietari, in perenne discordia con i Valperga, attestati nel castrum Ferrandae. Incerta è l’origine del toponimo Tellaria, che alcuni studiosi fanno risalire alla radice linguistica tell, designante un rilievo formato dall’accumulo di detriti lasciati da insediamenti precedenti, altri al piemontese tij/tëj con riferimento ai tigli del sottostante pianoro.

Le antiche fortificazioni di Pont vennero seriamente danneggiate già nel corso del Trecento, sia durante la guerra del Canavese, sia in occasione delle rivolte popolari note come “Tuchinaggio”, ma anche nei secoli successivi proseguirono i saccheggi, per via delle persistenti rivalità tra i San Martino e i Valperga. Le conseguenze più gravi, per l’integrità del sistema fortificato di Pont, si registrarono, però, nel Cinquecento, con l’imperversare della guerra tra il regno di Francia e l’impero di Carlo V, che aveva trascinato il ducato di Savoia in un turbinìo di cruenti episodi bellici.
Oltre alle torri, si può rintracciare una preziosa testimonianza del tessuto urbano medievale, meritevole di migliore valorizzazione e tutela, nell’odierna via Caviglione, che era l’antica via del Commercio, strada porticata, tra le meglio conservate del Canavese, che presenta un originale andamento tortuoso, spiegabile con l’esigenza di assicurare alle abitazioni dei residenti e alle botteghe dei mercanti un’efficace protezione dagli impetuosi soffi della bisa, il gelido vento proveniente dalle valli.

L’ampiezza molto ridotta della strada, che lasciava appena lo spazio sufficiente al passaggio di un carro, è dovuta all’avanzamento del fronte delle abitazioni, realizzato quando, a partire dal Quattrocento, si provvide all’edificazione del sottoportico in muratura, in luogo dei precedenti ripari porticati, originariamente costruiti in legno allo scopo di proteggere dalle intemperie le merci dei bottegai che qui, nel cuore commerciale di Pont, avevano i loro punti vendita (come testimoniano, ad esempio, le botole, osservabili tra un portico e l’altro, che servivano da accesso ai locali sotterranei, adoperati come deposito).
La sequenza continua dei portici di via Caviglione appare interrotta soltanto da uno spiazzo su cui si affaccia la chiesa di San Francesco, originaria del XV secolo, ma ricostruita tra fine Cinquecento e primo Seicento come chiesa conventuale francescana, che conserva, al suo interno (da notare la volta “a conchiglia” dell’area presbiteriale), un dipinto raffigurante il beato Giovanni Battista Bonatto (o Bonetti). Figura quasi dimenticata, Giovanni Battista Bonatto, nativo di Pont Canavese, entrò a Torino tra i Francescani Riformati e venne inviato missionario nel Nordafrica, dove, a causa della sua veemente predicazione cristiana, fu arrestato e condannato al rogo, morendo tra aspri tormenti il 22 settembre 1654.

Tra le abitazioni che si succedono lungo la strada, l’unica a distinguersi dalle altre per la ricchezza dell’apparato ornamentale esterno, è il mirabile palazzo Borgarello, che vanta pregevoli decorazioni realizzate nel 1930 in terracotta di Castellamonte e ferro battuto.
Nella seconda parte dell’itinerario alla scoperta di Pont Canavese, parleremo degli edifici di culto, in particolare la parrocchiale di San Costanzo e l’antichissima chiesa di Santa Maria in Doblazio, considerata la pieve matrice di tutte le fondazioni ecclesiastiche delle valli dell’Orco e del Soana.
Note bibliografiche:
AA.VV., Atlante castellano. Strutture fortificate della provincia di Torino, Celid, 2007
Augusto Cavallari Murat, Tra Serra d’Ivrea, Orco e Po, Istituto Bancario San Paolo di Torino, 1976
Canavese per tutti, intervista di Alessandra Boetto a Anna Maria Folco (comproprietaria di Palazzo Borgarello)
www.archeocarta.org
www.comune.pontcanavese.to.it
www.santiebeati.it