Testo e foto di Paolo Barosso

Il paese di Rosazza, incastonato nel cuore della biellese valle Cervo, colpisce il visitatore per l’eclettismo delle architetture e dell’arredo urbano, in gran parte realizzati con il sapiente uso della sienite, la pietra da taglio locale, la cui compattezza e resistenza ha consentito agli edifici di raggiungere altezze rilevanti (fino a cinque piani).

La svolta, per il piccolo borgo delle montagne biellesi, divenuto comune autonomo da Piedicavallo solo nel 1906, arrivò a partire dal 1870 quando l’avvocato e senatore Federico Rosazza Pistolet (1813-1899), uomo politico e discendente di una facoltosa famiglia di impresari edili, decise di far ritorno nel paese natale, dopo aver avuto due gravi lutti, la morte della moglie e dell’amata figlia Ida.

Già avviato alla vita ecclesiastica, con l’ingresso in giovane età nel seminario di Biella, Rosazza Pistolet aveva poi lasciato gli studi per impegnarsi nell’azienda di famiglia che, a quel tempo, aveva in appalto i lavori per l’ampliamento del porto di Genova, città in cui l’intraprendente biellese prese a frequentare ambienti mazziniani e massonici, allontanandosi dall’ortodossia cattolica.  

Il castello con la torre guelfa.

Stabilitosi nuovamente nella natia valle Cervo, anticamente conosciuta come valle d’Andorno (dal nome della comunità del fondovalle), ebbe l’idea di promuovere, a proprie spese, il rinnovamento architettonico del borgo di Rosazza, stretto tra il torrente Cervo e gli scoscesi fianchi della montagna, condividendo l’elaborazione dei progetti con l’amico Giuseppe Maffei (1821-1901), decoratore originario di Graglia nel biellese, con cui aveva in comune la frequentazione di ambienti massonici e, soprattutto, l’inclinazione per il mondo dell’occultismo e dello spiritismo, molto in voga nel periodo risorgimentale, in opposizione ai dettami della Chiesa, che ovviamente condannava queste pratiche.

La slanciata torre ghibellina del palazzo municipale.

L’ambizioso piano di ammodernamento del paese di Rosazza comportò la pianificazione di opere pubbliche di utilità generale, come la costruzione di una rete di tubazioni in ghisa per l’approvvigionamento idrico delle abitazioni, destinata altresì ad alimentare un sistema di fontane comunitarie, e la realizzazione di nuovi edifici, religiosi e civili, al servizio dei residenti, come la chiesa parrocchiale e la casa municipale, ma riguardò anche la messa a punto di un arredo urbano originale e curato nei dettagli ornamentali, ricco di allusioni simboliche.

In articoli e testi sull’opera di Rosazza Pistolet, come nel libro “Il segreto della rosa. Una chiesa tra spiritismo e massoneria”, scritto da Angelo Stefano Bessone e Sergio Trivero, si sostiene che la redazione dei progetti e dei programmi iconografici, studiati dal senatore con l’ausilio dell’amico Giuseppe Maffei, avvenisse attenendosi ad istruzioni ricevute dalla figlia Ida e da anime di defunti illustri (Dante, Sant’Agostino, Giulio Cesare), evocati in occasione di sedute spiritiche condotte dallo stesso Maffei, che si diceva dotato di poteri medianici.

Aldilà di quanto ciascuno possa credere, senz’altro la selva di motivi ornamentali, scolpiti e dipinti, che figurano sulle pareti degli edifici di Rosazza, all’interno della chiesa, nel cimitero monumentale, e che compaiono qua e là aggirandosi per le strade del paese, non può che sorprendere il visitatore, sollevando interrogativi destinati a rimanere in sospeso, senza risposte certe.

Elmo e altri elementi richiamanti la sfera militare e politica. Si notino le colonne, trattate con acido nitrico per dare la parvenza di antico.

Senz’altro la vicinanza con gli ambienti massonici e la familiarità con le pratiche dello spiritismo e dell’occultismo esercitarono la loro influenza sulle realizzazioni architettoniche, eclettiche e di grande raffinatezza estetica, e sulle caratteristiche fantasiose dell’apparato decorativo che orna l’antico borgo delle montagne biellesi, capace oggi di attirare turisti e curiosi proprio per la stravaganza di quanto si può osservare addentrandosi tra vicoli e piazzette.

Nel panorama del paese, la torre guelfa del castello, costruzione avviata nel 1883 e terminata nel 1899, l’anno della morte di Rosazza Pistolet, si contrappone all’elegante torre ghibellina del palazzo municipale, cuore della “zona politica” del paese, traboccante di elementi provvisti di pregnanti valenze simboliche, in particolare la stella a cinque punte, la rosa (presente anche nello stemma comunale del paese) e i serpenti intrecciati.

L’arco di accesso al castello, costruito a imitazione dell’arco etrusco di Volterra.

Le colonne degli edifici e i manufatti in pietra, collocati in particolare attorno al castello come richiamo all’estetica della rovina, con rimandi specifici al sito archeologico di Paestum e alla civiltà etrusca (l’arco di accesso al castello è realizzato ad imitazione dell’arco etrusco di Volterra in Toscana, con l’aggiunta di tre teste di donne valligiane), sono trattati con l’impiego dell’acido nitrico, tecnica utilizzata dal Maffei con lo scopo di “antichizzare” le superfici, facendole apparire consunte e rovinate dal tempo.

Il monumento a Federico Rosazza, costituito da un altorilievo in marmo di Carrara, posto alle spalle del ritratto in bronzo del senatore e raffigurante la figlia Ida contornata dalle allegorie delle arti e delle opere buone fatte dal padre in vita. L’opera, realizzata da Leonardo Bistolfi, venne inaugurata nel 1909.

Nel parco del castello erano in origine visibili due grandi orsi in pietra (nel corso del Medioevo l’orso, animale della tradizione pagana nordica, celtica e germanica, consegnato all’oralità, assume accezione negativa, in quanto lo si contrappone, nell’orizzonte iconografico cristiano, al leone, animale della tradizione biblica, simbolo evocatore di forza e regalità accostato a Cristo).

A seguito della rovinosa piena del torrente Pragnetta, che nel 1916 inondò i locali del castello, uno dei due orsi venne trascinato via dalla forza delle acque, ma in seguito fu ritrovato e ricollocato all’interno del parco comunale, dove oggi fa bella mostra di sé nei pressi della Fontana della Valligiana. Qui, alla base della fontana, troviamo un’altra curiosità: un lastrone in pietra con sopra l’incisione di una scritta in caratteri runici che, secondo quanto si tramanda, sarebbe stata realizzata dal Maffei copiando un’antichissima tavola (di cui si sono perse le tracce) rinvenuta lungo il corso del rio Cervetto.

Il bassorilievo della Fontana della Fede con le figure di Adamo ed Eva.

L’ingegnoso sistema di approvvigionamento idrico del paese di Rosazza, messo a punto da Rosazza Pistolet e dall’amico Maffei, servì anche ad alimentare una serie di fontane monumentali in pietra collocate lungo le vie dell’antico borgo, su cui ritroviamo scolpiti motivi grafici con richiami simbolici, come la stella a cinque punti e la rosa, ma anche citazioni tratte dal libro biblico dei Salmi e rappresentazioni di personaggi maschili e femminili.

Tra quelle più rilevanti, ricordiamo la Fontana della Colonna, con un pilastro nel centro che sorregge una statuetta dell’eroe piemontese Pietro Micca, la Fontana della Rosa, con una conchiglia in marmo bianco, una rosa in marmo rosso e tre stelle in marmo giallo, e la Fontana della Fede, ornata da un bassorilievo raffigurante Adamo, con il capo cinto da foglie d’acacia, e Eva, con in testa una rosa. Su quest’ultima fontana, posta nei pressi della chiesa parrocchiale, si legge un versetto dei Salmi di Davide che, associando l’immagine del cervo assetato intento ad abbeverarsi alla sorgente d’acqua all’anima dell’uomo in cerca di Dio, suggerisce l’idea di un percorso iniziatico che, attraverso la lettura di segni e simboli, può condurre il visitatore di Rosazza a uno stadio superiore di conoscenza.

La statuetta di Pietro Micca, in cima al pilastro centrale della Fontana della Colonna.

Malgrado la prevedibile diffidenza degli ambienti ecclesiastici per il progetto di rinnovamento urbano concepito da Rosazza Pistolet e dall’amico Maffei, adusi a frequentazioni di logge massoniche e sedute di spiritismo, ovviamente non gradite alla Chiesa, il riferimento alla fede e alla tradizione cristiana appare ricorrente e, d’altronde, i due finanziarono anche la realizzazione di un cimitero monumentale, realizzato aldilà del torrente Cervo e collegato alla sponda opposta a mezzo di un ardito ponte in pietra a tre arcate, e di una nuova chiesa parrocchiale, costruita in sostituzione della precedente, demolita per far spazio alla palazzina municipale.

La chiesa parrocchiale di Rosazza.

Proprio nel portico d’ingresso alla chiesa, oltre alle statuette raffiguranti i principali protagonisti del progetto di “restyling” urbano di Rosazza, troviamo incisa sopra l’ultimo gradino la scritta “Desiderium peccatorum peribit” (periranno i desideri dei peccatori), che appare come un severo monito nei confronti di chi non rispetta le leggi divine.

La filantropia di Federico Rosazza Pistolet (che potrebbe ricordare l’evergetismo della cultura classica, in particolare dell’età ellenistico-romana) non si manifestò soltanto nel paese di Rosazza, impreziosito da architetture raffinate e arricchito di opere di interesse comunitario, ma riguardò anche l’intera alta valle Cervo, che poté beneficiare di un nuovo collegamento stradale, efficiente e rapido, con la contigua valle Oropa.

Passaggio coperto con colonna. Si noti, sopra il capitello, la stella a cinque punte, figura ricorrente nell’apparato decorativo del paese.

In soli otto anni, dal 1889 al 1897, il senatore Rosazza e l’amico Maffei, provvidero a realizzare una nuova arteria stradale, di alto valore ambientale e socio-economico,per mettere in comunicazione diretta il santuario di Oropa con il santuario-ospizio di San Giovanni Battista di Andorno, punto di riferimento spirituale e identitario di tutta l’alta valle, detta anche La Bursch nella parlata piemontese locale (esposta a influenze franco-provenzali e Walser perché da sempre utilizzata dalle popolazioni delle vicine valli del Lys e della Valsesia come corridoio di passaggio verso la pianura).

Lungo il percorso, che s’inseriva perfettamente nel contesto ambientale, Rosazza Pistolet e Maffei previdero la costruzione di una serie di manufatti di valore estetico e simbolico, ma anche pratico, come il rifugio con locanda (tutt’oggi funzionante), la rotonda belvedere, il tempietto pagano diruto, chiamato Delubro, la torretta a pianta esagonale, l’edicola del riposo, chiamata “Baracun”, e l’edicola di Sant’Eusebio.

Il monumento ingresso della Galleria Rosazza dal lato della valle Cervo.

Il collegamento con il versante di Oropa venne poi attuato con la realizzazione di un tunnel, chiamato Galleria Rosazza, opera ardita scavata sotto il colle della Colma con la supervisione dello scalpellino Battista Rosazza Bertina, che si avvalse di manodopera valligiana, incluse decine di donne incaricate del trasporto delle pietre e dell’acqua, e di squadre di muratori canavesani, remunerati con salari più alti della media, anche perché, per scelta dei committenti, si decise di non fare ricorso alla perforatrice meccanica.

Anna e Gianni Valz Blin, La valle del Cervo. Guida monografica, edizioni Leone Griffa, 2000

Pro Loco Rosazza, Rosazza, mini guida alle opere di Federico Rosazza Pistolet

www.altavallecervocentrodoc.it, Centro di Documentazione dell’Alta Valle del Cervo La Bürsch