Testo e foto di Paolo Barosso
Il comune di Volpedo nel tortonese è conosciuto per la fiorente frutticoltura – in particolare pesche, fragole, albicocche – e per aver dato i natali al celebre pittore Giuseppe Pellizza da Volpedo, ma pochi sanno che il paese custodisce un vero e proprio scrigno d’arte antica, la pieve di San Pietro, che racchiude un vasto ciclo di affreschi, in parte attribuiti al misterioso “Magister Antonius”.
Citata per la prima volta in un documento del 965 (conservato nell’Archivio Capitolare di Tortona), la chiesa attuale, situata ai mergini dell’abitato, risulta innestata sulle fondamenta d’una chiesa battesimale pù antica, risalente secondo gli studiosi al V/VI secolo.
L’edificio presenta una struttura semplice, con facciata a salienti e tessitura muraria in mattoni misti a ciottoli di fiume, che si conserva nell’abside e in alcuni punti delle pareti laterali, mentre le restanti parti vennero rimaneggiate in occasione del cantiere quattrocentesco.
La chiesa di San Pietro nacque, al pari di tante altre disseminate per le campagne piemontesi, come pieve o parrocchia rurale, avente diritto di battesimo e sepoltura. Il vocabolo “pieve” deriva dal latino “plebs”, che nell’accezione invalsa nell’alto Medioevo indica i villici (abitanti delle campagne) raggruppati nelle parrocchie rurali intese sia come entità sociali, sia poi come distretti territoriali. Il termine “plebs/pieve” passò infatti, con il tempo, a designare anche il tempio fisico in cui i villici si riunivano, secondo lo stesso processo che portò il vocabolo “ecclesia”, designante l’assemblea dei fedeli, ad indicare il luogo materiale, la chiesa, deputato alla loro riunione.
La pieve conserva all’interno importanti affreschi che rivelano una cultura figurativa di alto livello, datati tra la seconda metà del XV e il principio del XVI secolo e riferiti a cinque mani diverse, tra cui spicca l’intervento di un artista identificato come Magister Antonius, ancora largamente influenzato nei modi dal gusto gotico cortese.
Antonius ha lasciato una firma su uno dei frammenti pittorici e a lui o alla sua bottega sarebbe riconducibile buona parte dell’apparato decorativo della chiesa, come il maestoso ciclo dell’abside e alcune (cinque su undici) delle immagini votive presenti sui pilastri (Bernardo Gabrieli in “Gli affreschi di Magister Antonius nella pieve di San Pietro a Volpedo”).
La maggior parte di questi affreschi, prima che si consolidasse l’ipotesi dell’attribuzione al Magister Antonius, era ricondotta dalla critica locale all’ambito dei Boxilio, famiglia di pittori originaria di Castelnuovo Scrivia che fu molto attiva tra fine Quattrocento e principio del Cinquecento nei territori dell’alessandrino e del tortonese. A un loro esponente, Giovanni Quirico Boxilio, è attribuito, ad esempio, il pregevole affresco raffigurante la Vergine in trono con i santi Giacomo ed Agata (1502) che orna l’edicola addossata al terzo pilastro della navata destra.
Nell’abside, di recente restaurata, si sviluppa il ciclo pittorico datato 1460-1462 e attribuito al Magister Antonius, maestro dall’impronta stilistica ancora tardo-gotica influenzata dalla produzione minatoria della prima metà del Quattrocento e di ambito pavese.
Nel registro inferiore si nota la teoria dei dodici Apostoli, intervallati dalla figura di Re David, inserita in una nicchia, a suggerire l’idea di continuità tra il Vecchio e il Nuovo Testamento, da una Madonna con il Bambino e da una raffigurazione del Cristo in Pietà o Imago Pietatis, che propone il tema iconografico di Gesù ritratto in posizione frontale, stante nel sepolcro e con le mani incrociate, intento a mostrare i segni e gli oggetti della Passione.
Nel catino absidale, campeggia invece un Cristo Pantocratore in mandorla attorniato dai simboli degli Evangelisti (Tetramorfo), dalla Vergine sfarzosamente abbigliata e dall’Arcangelo Michele, a comporre una rara rappresentazione dell’Apocalisse (Bernardo Gabrieli).
Concludiamo questo breve scritto con una curiosità: come abbiamo scritto, il paese di Volpedo è legato alla figura di un altro celebre artista, Giuseppe Pellizza da Volpedo, di cui si conserva la casa-studio, dove il pittore morì suicida nel giugno 1907, devastato dal dolore per la morte del figlio terzogenito e dell’amata moglie. Proprio in una delle opere di Pellizza, intitolata “Fiumana”, che anticipa i temi del suo capolavoro, il “Quarto Stato”, troviamo immortalato l’inconfondibile profilo della pieve di San Pietro, che doveva essere molto cara all’artista.