di Paolo Barosso

Immerso nel dolce paesaggio collinare del Monferrato, tra Asti e Casale, sorge l’abitato di Moncalvo, che deve la propria prosperità alla pratica dell’agricoltura e dell’allevamento, in particolare la coltivazione della vite e la produzione di carni bovine di pregiata razza piemontese.

La piazza centrale di Moncalvo con la medievale casa dei Marchesi del Monferrato (o palazzo Paleologo).

Nelle due ultime domeniche di ottobre si svolge poi, per antica tradizione, la Fiera del Tartufo, essendo la città (e il suo territorio) un importante luogo di raccolta e di commercio del pregiato fungo ipogeo.

Inserita nei possedimenti dei marchesi aleramici del Monferrato, che a partire da Bonifacio II la scelsero tra le sedi principali della loro corte itinerante, la località di Moncalvo seguì per lungo tempo le sorti dello stato monferrino, con parentesi di occupazione astigiana (1290) e saluzzese (dopo il 1305). Sottoposta alla signoria dei Paleologi, che governarono il Monferrato succedendo alla dinastia aleramica, e, a partire dalla metà del Cinquecento, dei Gonzaga di Mantova, che s’erano assicurati il dominio sul territorio monferrino grazie al matrimonio tra Federico Gonzaga e Margherita Paleologo, l’ultima della sua stirpe, Moncalvo passò nel 1708, insieme con l’intero Monferrato, ai duchi di Savoia, che garantirono da allora in avanti un periodo di stabilità.

La gotica casa Lanfrancone (sec. XIII).

Nel 1774 il sovrano, Vittorio Amedeo III di Savoia, confermò alla comunità di Moncalvo, con Regie Patenti, il titolo di “città”, già riconosciuto nel 1705 dal duca di Mantova Carlo Federico Gonzaga.

Di notevole interesse, vistando Moncalvo, è il centro antico, d’impianto medievale. Qui si conservano pregevoli esempi di dimore con facciate in cotto e formelle decorate, come la quattrocentesca casa De Maria, conosciuta anche come palazzo Paleologo o casa dei Marchesi del Monferrato, e la duecentesca gotica casa Lanfrancone, che si affaccia sulla Contrada Maestra di Moncalvo, denominata nei secoli passati “Contrada della Fracchia” (La Fracia nella parlata locale), ricalcata sul tracciato viario di origine romana e longobarda.

Dell’antico castello marchionale, che fu residenza dei marchesi del Monferrato e ospitò illustri personalità come l’imperatore Sigismondo di Lussemburgo, sopravvivono i poderosi bastioni e i suggestivi camminamenti, recuperati di recente.

Le vestigia che oggi si osservano non appartengono, però, alle fortificazioni più antiche, che secondo gli storici locali dovevano invece sussistere in località Gessi, dove prese forma il nucleo primigenio di Moncalvo, o sul rilievo che in seguito avrebbe accolto la chiesa di San Francesco. Già da tempo in condizioni di abbandono, l’antico castello marchionale venne in gran parte demolito nella seconda metà dell’Ottocento quando l’amministrazione comunale, sorda alle rimostranze di una parte della popolazione, volle fare spazio a un’ampia piazza circondata da portici, da destinare all’esercizio del commercio.  

Degne di rilievo sono alcune dimore gentilizie, come l’elegante palazzo Manacorda, di gusto barocco, il settecentesco palazzo Testa Fochi, opera dell’architetto casalese Francesco Ottavio Magnocavalli (o Magnocavallo), che racchiude capitelli di età romana, e il signorile palazzo Dal Pozzo, considerato il più insigne della città nella “Guida del Viaggiatore in Piemonte” scritta da Marco Nicolosino e pubblicata a Torino da Modesto Reycend nel 1831. Quest’ultimo, con facciata dalle linee sobrie e severe proprie del periodo della Restaurazione, venne interessato tra il 1812 e il 1816 da una campagna decorativa affidata all’artista casalese Pietro Fea, formatosi a Torino al tempo di re Vittorio Amedeo III e considerato esponente di quel clima culturale sospeso tra “sussulti ancora rococò” e “compostezza neoclassica”.

Ingresso del Teatro Civico, costruito nel 1878.

Sull’ampia piazza Garibaldi si affaccia il maestoso Teatro Civico, costruito nel 1878 dopo la demolizione del castello, nel punto dove sorgeva una cappella militare chiamata “chiesa della Madonna”.

Interessante è anche l’edificio che oggi ospita la sede municipale e che, acquistato nella prima metà del Seicento dal pittore Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, promotore di investimenti immobiliari nella Moncalvo del tempo, fu adibito per sua volontà a monastero delle Orsoline affinché vi trovassero sistemazione le figlie. Una di queste, Orsola Caccia, trascorse la sua esistenza tra le mura del monastero dedicandosi alla preghiera e all’arte e lasciando come testimonianza di sé numerose opere pittoriche, realizzate anche su committenza dei Savoia, in cui manifestò una sua originale sensibilità, riconoscibile in particolare nei dettagli delle nature morte, nelle scene con piccoli animali e nell’uso di colori brillanti e vividi, rivelatore di influssi fiamminghi.

Chiesa di Sant’Antonio Abate.

Nel palazzo che accoglie gli uffici municipali si trova anche allestito il Museo Civico, un luogo sorprendente che offre ai visitatori la collezione privata donata alla città dall’ambasciatore moncalvese Franco Montanari, una pinacoteca con opere di Chagall, De Chirico, Guttuso e altri pittori del Novecento, due piccole raccolte di arte giapponese e africana e tre capolavori di Orsola Caccia.

L’itinerario alla scoperta del patrimonio artistico e architettonico di Moncalvo non può non comprendere la visita della chiesa di San Francesco, fondata nel XIII secolo su un rialzo del terreno detto Monteguardo o Belvedere, posto a sud-est dell’abitato. Divenuta parrocchiale solo nel 1783 e riplasmata nel periodo tardo-barocco – salvo il campanile, l’area absidale e il chiostro attiguo alla sacrestia, che conservano la struttura trecentesca – la chiesa è uno scrigno d’arte, che vede come protagoniste le tele di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (1568-1625), insigne pittore piemontese nato a Montabone presso Acqui e formatosi alla scuola vercellese, e della figlia Orsola Maddalena.

Altre opere di questo pittore, che fu interprete del manierismo controriformistico, ma aperto a influenze diverse, si possono ammirare nella chiesa di Sant’Antonio Abate, seicentesca, che si trova lungo la Contrada Maestra. La chiesa della Madonna delle Grazie, con movimentato prospetto in cotto, si segnala invece come l’unica opera dell’architetto Magnocavalli ad essere stata completata secondo il progetto originale, datato 1756-58.

Un altro personaggio legato alla città monferrina, dove nacque nel 1806, fu Gabriele Capello, soprannominato anch’egli “il Moncalvo“, che si distinse come fabbricante di mobili e come abile ebanista, divenendo il principale fornitore della Real Casa e collaborando insieme con Pelagio Pelagi (1775-1860) al rinnovamento degli arredi lignei delle residenze sabaude, in particolare Palazzo Reale e il castello di Racconigi.

Per quanto riguarda le tradizioni locali, oltre all’ambito enogastronomico, va segnalata l’antica pratica sportiva del tamburello a muro, chiamato “tambass” in piemontese, e soprattutto la produzione artigianale di fischietti artistici, detti “subiet ‘d Patro” perché tipici della frazione Patro di Moncalvo. Menzionati anche da Vincenzo Buronzo, letterato e politico nato a Moncalvo nel 1884, i cosiddetti subiet ‘d Patro sono statuine plasmate in creta collinare (argilla), lasciata grezza o colorata, che assumono le forme più disparate, animali, personaggi, oggetti, e che, grazie a un ingegnoso sistema di fori e cavità comunicanti, emettono melodie in forma di fischio.