di Paolo Barosso

Nell’alta val Chisone è aperto al pubblico dal 1997 il Museo del Costume e delle Tradizioni delle Genti Alpine di Pragelato, specchio delle tradizioni materiali e dell’identità culturale e sociale delle popolazioni alpine di questo angolo di Piemonte montano.  

Inaugurato in occasione dei Campionati Mondiali di sci alpino, dopo alcuni anni di allestimento provvisorio nel borgo vecchio di La Ruà, dal 2002 la collezione museale è ospitata in un edificio di borgata Rivet, acquistato e restaurato a cura dell’amministrazione comunale di Pragelato.

Come spiega Grazia Clapierconsigliera della Fondazione Guiot Bourg, che gestisce il Museo, “tutto è nato nel 1984 da un’idea dell’allora Sindaco di Pragelato, l’ingegner Gabriele Bermond, che istituì la nostra Fondazione con una delibera della Giunta comunale. Fu un lascito del dottor Giuseppe Guiot Bourg, per molti anni medico condotto a Pragelato, a porre le basi economiche per la nascita dell’istituzione culturale, che, grazie all’aiuto dei pragelatesi, iniziò a raccogliere gli oggetti di uso comune e i meravigliosi costumi tradizionali. Tutti gli oggetti esposti nel Museo sono stati donati dai nostri concittadini”.

In occasione dei Campionati Mondiali di sci alpino, svoltisi a Sestriere nel 1997, vennero esposti nella sala consiliare del Comune e in una sala parrocchiale scialli, cuffie, nastricostumi oggetti della vita quotidiana risalenti a un periodo compreso tra la fine del XIX e i primi decenni del XX secolo. Durante le Olimpiadi Invernali di Torino i visitatori poterono finalmente ammirare le collezioni museali nel loro allestimento definitivo.

Il ventennale del Museo è stato celebrato il 22 luglio scorso con uno spettacolo di musiche e danze tradizionali dell’area provenzale alpina e con l’inaugurazione di una mostra dedicata alle fontane storiche delle borgate di Pragelato. Nei suggestivi spazi dell’ultracentenaria Casa del Sarto, il museo raccoglie e illustra la natura e la funzione di una serie di oggetti d’uso quotidiano in casa e sul lavoro, presentati in differenti ambienti: la stalla, la cucina, la camera da letto, il fienile, la cantina e il caratteristico “crotin”: ambienti in cui si respira il passato e si rivivono scene di vita quotidiana emblematiche della laboriosità della gente di montagna e della sua propensione alla vita comunitaria.

Nel museo, accanto alla biancheria per la casa e agli abiti da lavoro e per i giorni di festa, spicca la bellissima collezione di antichi costumi tradizionali, che hanno assunto le loro attuali caratteristiche e forme attraverso la progressiva sovrapposizione del patrimonio culturale savoiardo al preesistente sostrato di matrice provenzale alpina, lascito dell’antico Escarton di Pragelato. L’evoluzione maggiore avvenne poi nel corso del XIX secolo, con le stoffe più leggere in cotone, i nastri, i pizzi e i ricami a colorare e arricchire gli austeri costumi dei montanari. Particolarmente ricco è poi il corredo di accessori e gioielli in oro: spille, orecchini e, soprattutto, croci.

Prima di proseguire, introduciamo una parentesi storica: per Escarton di Pragelato s’intende una delle cinque circoscrizioni amministrative, denominate appunto “Escarton”, che presero forma nella prima metà del Trecento come forma di autonomia delle comunità alpine nel quadro dei territori del Delfinato, governati dai conti di Albon, conosciuti come Delfini dall’emblema principale della loro arme dinastica.

Il nome Escarton deriva dal francese antico escarter / écater, nel senso di “ripartire”, con riferimento alle modalità di ripartizione delle imposte, ma, se vogliamo essere più precisi, il significato esatto è “suddividere in quattro quarti”, perché in origine le circoscrizioni, istituite per finalità fiscali e amministrative, erano solo quattro, Briançonnais e Queyras sul versante oggi francese, e la valle di Oulx (alta valle di Susa) insieme con la cosiddetta “Castellata” (corrispondente all’alta valle Varaita, con capoluogo Casteldelfino) sul versante piemontese.

Il quinto Escarton, quello facente capo a Pragelato, comprendente l’alta valle del Chisone, venne aggiunto più tardi, scorporandone il territorio dall’Escarton di Oulx. Nel 1349, con la cessione dei territori delfinali decisa dall’ultimo Delfino, Umberto II, i tre Escarton piemontesi (Oulx, Pragelato e Castellata) vennero incorporati nel Regno di Francia, mantenendo tale condizione politica fino al 1713, quando il trattato di Utrecht, a conclusione della Guerra di successione spagnola, ne decretò il definitivo passaggio ai duchi di Savoia.

Il Museo del Costume di Pragelato è anche il punto di partenza dei percorsi diretti alle suggestive e caratteristiche borgate, dove si possono ammirare i forni per la cottura del pane e le antiche fontane pubbliche, principali punti di aggregazione sociale delle comunità alpine, oltre alle numerose meridiane che ornano le pareti delle abitazioni, disegnando veri e propri itinerari culturali alla scoperta della civiltà montana d’un tempo. Sulla facciata del museo, in occasione delle Olimpiadi del 2006, l’associazione “Horologium” ha realizzato un grande quadrante solare, che è diventato una sorta di insegna del museo. 

La struttura principale del quadrante è sostituita dalla figura di una mamma, a dimensione naturale, abbigliata con un tradizionale costume da festa. La figura femminile è affiancata da un ragazzo, che porta ai piedi un paio di sci originali, che sono stati tagliati e che, opportunamente affiancati, creano una lama di luce la cui punta è lo gnomone dell’orologio. Le due figure, inserite in un paesaggio alpino, sono inscritte nella sagoma della “toque”, la caratteristica cuffia colorata della donna pragelatese, evidenziata in rosso, elemento visivo essenziale e “marchio” della comunicazione del museo.

Pezzo forte dell’allestimento museale, – conclude Marina Satta, una delle guide che accompagnano i visitatori, – è l’abito che le donne di Pragelato indossavano il giorno delle nozze e nelle cerimonie più importanti della vita religiosa e sociale. Il grembiule, lo scialle e il nastro sono in seta, importata da Lione. In capo le donne indossavano la cuffia detta barèt. Nei giorni di lavoro si indossava invece un costume più semplice, composto da un grembiule e da uno scialle in cotone”.

Per informazioni e prenotazioni delle visite guidate al Museo del Costume si può contattare la Fondazione Guiot Bourg, al numero di telefono cellulare 348-4434357 o scrivere a biblioteca.guiotbourg@gmail.com