Testo e foto di Paolo Barosso 

La Sacra di San Michele, proclamata monumento simbolo del Piemonte, è un grandioso complesso di fabbricati accostati ad edifici in rovina che domina dall’alto del monte Pirchiriano, a quasi mille metri d’altezza, l’imbocco della Valle di Susa, per vocazione storica terra di transito di viandanti, pellegrini, mercanti ed eserciti in movimento da una versante all’altro delle Alpi occidentali.

L’abbazia benedettina, dedicata al culto dell’Arcangelo Michele, difensore della Cristianità, venne fondata nell’ultimo scorcio del X secolo con il contributo di diversi personaggi che, con ruoli differenti, vengono ricordati dalla storia e dalla tradizione per il loro intervento: San Giovanni Vincenzo e il gruppo di eremiti in origine stanziati sui fianchi del monte Caprasio (anche noto come Rocca Sella), il vescovo di Torino Amizone, il marchese di Torino, appartenente alla dinastia degli arduinici, e il nobile alverniate Ugo di Montboissier (detto lo Scucito per la prodigalità).

Luogo di fede e di pellegrinaggio, il complesso racchiude capolavori artistici e di architettura medioevale: tra questi, ci soffermiamo su due elementi che sorprendono in modo particolare il visitatore, lo Scalone dei Morti e il Portale dello Zodiaco.

Lungo il percorso fisico e spirituale che conduce dalle rovine del Sepolcreto dei Monaci alla chiesa abbaziale, attraverso la Porta di Ferro, che segna l’ingresso al complesso fortificato della Sacra, il viandante si trova a dover salire gli oltre 150 gradini dello Scalone dei Morti.

Racchiuso all’interno del possente basamento che fu concepito dai costruttori alla metà del XII secolo come piano di sostegno delle absidi della sovrastante chiesa abbaziale, al tempo in fase di ingrandimento, il vertiginoso Scalone dei Morti è composto da due rampe di gradini che ruotano attorno ad un massiccio pilastro centrale, alto oltre 18 metri, ed è così chiamato per le sepolture di uomini illustri e abati in parte ancora visibili nelle nicchie lungo i suoi fianchi.

Al culmine della salita, si trova il celebre Portale dello Zodiaco che conduce ad una scalinata esterna di collegamento con la chiesa abbaziale. Il portale presenta raffinati lavori scultorei eseguiti in marmo dal celebre maestro Nicolò o Nicolao, attivo nei cantieri delle cattedrali di Ferrara, Piacenza, Verona, che lavorò alla Sacra nel 1128/1130, affiancato da collaboratori, fra cui Pietro da Lione e il Maestro di Rivalta.

Portale dello Zodiaco – da sinistra: capitello con figure femminili tormentate dai serpenti e capitello con falconi in cerchio

Vos qui transitis sursum, vel forse reditis, vos legite versus quos descripsit Nicholaus (voi che salite o forse scendete, leggete i versi che descrisse Nicolao): l’esortazione, incisa sullo stipite di destra (salendo), è rivolta al pellegrino che, impegnato nell’ascesa alla chiesa abbaziale, o nella discesa, si sofferma ad ammirare le figure e le scene scolpite da Nicolao, accompagnate da scritte pensate per favorirne la comprensione. La salita al monte, infatti, non è solo uno spostamento materiale, ma è anche un itinerario spirituale che, concludendosi nella chiesa abbaziale dove avviene l’incontro con Dio, implica un percorso di rinnovamento e purificazione.

In questo processo interiore, che conduce il pellegrino a presentarsi a Dio emendato dalle passioni terrene, il fedele è aiutato da una foresta di segni con valore simbolico e pedagogico che lo accompagnano visivamente nel tragitto. Le figure simboliche e le scene raffigurate nel Portale, forse collocate in origine nel cosiddetto Sepolcreto dei Monaci e poi spostate in loco in un secondo momento (il che spiegherebbe alcuni tagli e manomissioni), guidano quindi il fedele nel suo viaggio fisico e spirituale. Il Sepolcreto dei Monaci, costruzione in rovina a base ottagonale situata ai piedi della Sacra e risalente al X secolo, è chiamato così perché ritenuto in origine una cappella cimiteriale, ma è oggi interpretato piuttosto come una riproduzione della Rotonda del Santo Sepolocro, richiamo al pellegrinaggio per eccellenza, quello verso Gerusalemme.

Questo lavoro lo interpreti chi è capace, si vedono fiori mescolati a belve: così recita un altro messaggio di Nicolao inciso sulla faccia centrale dello stipite di sinistra, riferito ad un motivo ornamentale che alterna fiori ad animali fantastici. Nella lettura di queste figure dal valore simbolico, l’uomo medievale era senza dubbio agevolato, in quanto per forma mentis era portato a ragionare per simboli. Il simbolo è una figura, un segno materiale, che richiama, evoca, una realtà astratta, un concetto, un’idea, di cui è la proiezione in questo mondo.

Capitello con Caino che uccide Abele, istigato dalla figura diabolica alle sue spalle (nell’atto di tagliarsi un’enorme lingua, allusione alla menzogna)

Nei sette capitelli del lato destro del Portale, sorretti da esili colonnine marmoree (di cui due tortili), si trovano raffigurate scene bibliche e allegoriche accanto a motivi attinti dal mondo vegetale e animale. In particolare se ne notano due ornati da raffigurazioni tratte dal Vecchio Testamento: nel primo caso, su due lati diversi, sono rappresentati Caino e Abele intenti a porgere la loro offerta a Dio (che respinge quella di Caino, accogliendo invece quella di Abele) e Caino nell’atto di uccidere Abele, istigato da una figura diabolica posta alle sue spalle; nel secondo caso sono protagoniste le avventure di Sansone, immortalato mentre scuote le colonne del tempio dei Filistei e nel momento dell’arresto e della ubriacatura ad opera di Dalida.

Da sinistra: capitello con le avventure di Sansone (Sansone che scuote le colonne del tempio dei Filistei) e capitello con personaggi nudi e accosciati che si strappano a vicenda i capelli

Un altro capitello, il sesto, mostra la scena di tre personaggi nudi e accosciati che si afferrano vicendevolmente per i capelli, accompagnata dalla scritta “Hic locus est pacis, causas deponite litium” (Questo è il luogo della pace – deponete ogni cagione di litigio). Evidente è la funzione di ammonimento morale, l’invito rivolto al pellegrino, che voglia presentarsi libero da turbamenti terreni al cospetto di Dio, a lascarsi alle spalle le animosità della vita quotidiana.

Tra le quattro colonnine s’inserisce lo stipite, il cui apparato decorativo ispirò i padri rosminiani nel denominare la porta “dello Zodiaco”: sul lato rivolto verso lo Scalone compaiono infatti, inscritti all’interno di cerchi formati da due rami che s’intrecciano, le dodici costellazioni zodiacali.

Sul lato sinistro del Portale (sempre salendo) i capitelli sono soltanto sei, con un ampio repertorio iconografico, presente anche sui piedistalli: oltre ai quattro falconi in cerchio del secondo capitello, compaiono tre tritoni, figure chimeriche del Bestiario medioevale provviste di testa e busto umani e coda di pesce, un leone con testa di drago e grifoni con becco d’aquila intenti a divorare il capo di un uomo. Il leone, presenza abituale nell’iconografia medioevale, assume valenza simbolica diversa a seconda delle culture e delle epoche (nel contesto biblico in alcuni casi il leone è associato al diavolo, che minaccia di ghermire le anime così come il primo va in cerca delle sue prede, mentre in altre situazioni il combattimento con il leone è una prova di coraggio e di forza che rivela l’autentica regalità).

Capitello con leone dalla testa di drago

In ambito occidentale prevale nel corso del Medioevo la rappresentazione del leone come simbolo di regalità: in questo senso, nella sua posizione di rex animalium s’impone sull’orso, proveniente dalle culture orali nordiche, pagane, celtiche e germaniche, quindi guardato con diffidenza dai chierici, in primis da Sant’Agostino (ursus est diabolus).

Anche il drago rivela tutta l’ambiguità e l’ambivalenza di cui il simbolo è capace: infatti nelle culture pagane, celtiche e nordiche, lo si concepisce come una sorta di genius loci, abitatore di laghi e grotte, custode di grandi tesori, con cui è possibile scendere a patti, ammansendolo con regali e offerte. L’aggressività del drago è quindi domabile con l’astuzia, ma nella tradizione cristiana medioevale si fa strada una diversa interpretazione del drago, che viene associato al serpente del Genesi come rappresentazione del diavolo.

Ecco che il drago diventa così l’essere mostruoso e diabolico, simbolo delle forze pagane, con cui il santo, eroe civilizzatore, deve fare i conti per dissipare le tenebre del paganesimo e della superstizione con la luce della fede cristiana.

Capitello con tritoni

Nel primo capitello si osserva poi una scena di non facile lettura, considerata dai più come evocatrice della lussuria, altro peccato di cui mondarsi percorrendo l’itinerario spirituale di purificazione: due donne allattano serpenti i quali, provvisti di due teste, con l’una assorbono nutrimento dal seno della figura femminile e con l’altra le mordono i talloni. Secondo Giovanni Gaddo, che fu rettore rosminiano della Sacra, si tratta invece di una libera riproduzione della Madre Terra nutrice di tutti, come veniva rappresentata nel Medioevo nel Praeconium paschale.

Sullo stipite sinistro, infine, fa da contraltare ai dodici segni zodiacali del lato destro la rappresentazione delle sedici costellazioni australi e boreali, di cui sono, anche in questo caso, riportati i nomi.

Fonti bibliografiche e siti internet:

Giovanni Gaddo, La Sacra di San Michele in Valle di Susa, Susa Libri ed., 2007

AA.VV. (a cura di Giovanni Romano), Piemonte romanicoFondazione CRT (Cassa di Risparmio di Torino), Industrie Grafiche Musumeci, Torino, 1994

Michel Pastoureau, Medioevo simbolico, ed. Laterza, 2005

www.archeocarta.org – Carta archeologica del Piemonte