di Paolo Barosso
Nel cuore delle Grange Vercellesi, a San Genuario, poco distante da Crescentino, risalta la sagoma turrita del castello dei Tizzoni di San Genuario. La località, già frequentata in epoca romana, acquisì rilevanza nel corso del Medioevo per la sua posizione di confine tra i domini del marchese del Monferrato e i territori della diocesi vercellese.
Edificato per iniziativa dei figli del conte Giacomo Tizzoni, signore di Crescentino, che era stato investito dei diritti sul luogo da papa Martino V nel 1419 in cambio di protezione militare e fondi da versare al vicino monastero di San Genuario (in origine intitolato a San Michele, è il più antico insediamento monastico del vercellese, seguito in ordine cronologico da Santa Maria di Lucedio), il castello è uno dei pochi in Piemonte ad essere stati costruiti ex novo nel XV secolo senza innestarsi su fabbricati preesistenti (per la precisione vi è traccia documentale di una fortificazione più antica, smantellata nella prima metà del XIV secolo dagli abitanti di Crescentino, ma il nuovo edificio non sembra incorporare alcuna porzione di quello precedente).
La fortezza presenta una forma caratteristica dei castelli di pianura quattrocenteschi e, infatti, mostra affinità tipologiche con i castelli di Vicolungo e Castellazzo Novarese. L’edificio è simmetrico, con apparati a sporgere su tutti i lati, con addossata una slanciata torre cilindrica, anch’essa dotata di beccatelli, aggiunta più per ragioni di armonia estetica che non per reali motivazioni di difesa.
Estintasi nel 1592 la dinastia dei Tizzoni, il duca Carlo Emanuele I di Savoia ricondusse a sé il feudo di San Genuario, che nei decenni successivi passò a diversi titolari fino ad essere acquisito nella prima metà del Settecento dal marchese Morozzo della Rocca.
Malgrado la posizione per lungo tempo liminale, al confine tra possedimenti sabaudi e monferrini, e l’esposizione agli attacchi provenienti dal Milanese, il castello è giunto a noi sostanzialmente integro, senza mutilazioni, ed è interessante notare la soluzione data dall’assenza di merlatura, sostituita da aperture a finestra coperte da archi ribassati su cui poggiano le travi del tetto (soluzione non inconsueta tra i castelli di ambito sabaudo).
Nella frazione merita una visita anche la chiesa parrocchiale, che sorge nello stesso luogo dell’antica chiesa abbaziale, e di questa conserva alcune strutture medievali, come l’abside con archetti pensili, risalente all’XI secolo, e il solido campanile, che rivela però diverse fasi costruttive. L’antico complesso monastico benedettino fa risalire le sue origini a cavallo tra la fine del VII e il principio dell’VIII secolo, al tempo del re longobardo Ariperto II, ma la dedicazione a San Genuario sostituì quella primitiva di San Michele, particolarmente cara ai longobardi, intorno alla metà del IX secolo quando l’imperatore carolingio Lotario I donò ai monaci le reliquie di San Genuario (purtroppo trafugate in tempi recenti).
Nelle vicinanze della borgata, si estende l’area di interesse naturalistico e paesaggistico della Palude di San Genuario, ambiente umido di pregio oggi salvaguardato come Zona Speciale di Conservazione.