di Milo Julini

Nel 1824, Chambéry è teatro di un caso criminale che appassiona l’opinione pubblica e che porta l’autore sulla forca: inizia nella serata dal 30 al 31 marzo, in una casa del borgo del Reclus dove vive la famiglia Dumontel.

Scorcio del Faubourg Reclus di Chambéry, teatro del delitto

Quella notte, Victor-Denis Dumontel detto Delisle, giovane avvocato di 28 anni iscritto all’ordine di Chambéry, strangola la madre, Victoire Pelletier vedova Dumontel, chiude il cadavere in un baule poi, il giorno seguente, lo fa trasportare nella loro casa di campagna a qualche chilometro dalla città, dove la seppellisce nella cantina. L’avvocato parte poi per un viaggio e, quando viene arrestato – perché usava documenti falsi – la giustizia scopre il suo crimine.

Il suo processo è rapidamente concluso e viene condannato a morte l’11 giugno 1824, per parricidio (comprendeva anche l’uccisione della madre).

Il Senato di Savoia, come previsto dalle Regie Costituzioni, stabilisce che come matricida doveva avere la mano destra tagliata, sarebbe stato fatto passeggiare sanguinante per le strade, impiccato al Vernay e, per finire, il suo cadavere sarebbe stato bruciato.

Il giorno seguente, sabato 12 giugno, alle 3 del pomeriggio, Dumontel è impiccato dopo il taglio della mano destra. Il suo corpo è poi dato alle fiamme e le sue ceneri, con quelle della pira, sono gettate nel vicino ruscello.

Nel «Journal de l’Ain» si legge: «… il colpevole ha accettato di ricevere i soccorsi della religione che gli sono stati prodigati nei suoi ultimi momenti, ed è apparso subire il suo supplizio con rassegnazione».

Il «Journal des débats» da parte sua scrive: «L’esecuzione è durata tre o quattro ore; e questo parricida ha conservato fino all’ultimo sospiro l’atroce sangue freddo del criminale più consumato».