di Arconte

Un ladro di polli, originario della Val d’Ala (Valli di Lanzo) e trapiantato a Torino ci conduce in una escursione fuori porta o meglio fuori della Barriera del Martinetto (via San Donato angolo via Tassoni) fra le cascine e le case di campagna di Lucento.

Michele Rapello, detto Brica, di 33 anni, nato ad Ala di Stura e residente in Torino, questa le generalità del nostro ladro, ha iniziato la sua serie di furti nella notte dal 29 al 30 marzo 1870, al Martinetto, dove, nel giardino della Cascina Marchesa, ha rubato a Giacomo Gavazza vestiti e biancherie per un valore dichiarato di lire 83 circa, dopo essere entrato nel giardino con la scalata del muro di cinta alto oltre due metri. La precisazione dell’altezza del muro non è una informazione casuale ma rappresenta una delle moltissime circostanze che rendono i furti “qualificati” cioè aggravati. Nel caso di Rapello vedremo anche altre aggravanti previste dal Codice Penale in vigore, del 1859, che tutela con pugno di ferro la proprietà privata.

Nella notte dal 2 al 3 aprile 1870, presso Lucento, Rapello scala un muro alto più di due metri per entrare nella casa di abitazione di Giuseppe Ossola dove ruba parecchi utensili da cucina, due galline e alcuni vestiti per un valore complessivo di circa 50 lire.

In una notte imprecisata del mese di maggio, sempre presso Lucento, va a rubare nella casa di campagna di Salomone Malvano. Questa volta deve scalare un muro ed un balcone, alti oltre due metri, e scassinare le porte. Ruba vari vestiti e biancheria, utensili e stoviglie, per una valore di 300 lire.

Casa di campagna” vuol dire che il suo proprietario vive nel centro di Torino e si reca in villeggiatura a Lucento! La casa è evidentemente disabitata e così, quando il furto viene scoperto, non è possibile sapere esattamente in quale notte Rapello si è introdotto.

L’ultimo della serie di furti è stato eseguito nella notte dal 30 al 31 maggio 1870, sempre presso Lucento, nella cascina il Beus. Rapello ha rubato a Teresa Grimaldi una coperta di lana, del valore lire 15, presa in una stalla. Dal pollaio di Maria Milone,  dopo aver scardinato la porta, si è portato via dieci galline, per un valore di 18 lire.

Una settimana dopo, viene arrestato Domenico Bonino, detto Manorlet, di 55 anni, nato a Piobesi ma dimorante in Torino. Bonino si qualifica come pollivendolo ma non disdegna di acquistare oggetti rubati: la Polizia lo ha trovato in possesso di alcuni utensili ed oggetti rubati a Salomone Malvano.

Forse è lo stesso Bonino a fare il nome di Rapello, forse la polizia lo conosce come ladro abituale, fatto sta che viene arrestato il 10 giugno 1870. Anche a lui sono trovati oggetti rubati nei furti prima descritti.

Alla fine dell’istruttoria, Rapello è accusato dei quattro furti, considerati qualificati, cioè aggravati per il tempo (perché commessi di notte) e per il mezzo (rottura e scalata). Risulta inoltre con l’aggravante della recidività.

Bonino, detenuto dal 7 giugno 1870, è accusato di “dolosa ricettazione” di parte della refurtiva del furto a Salomone Malvano.

Al processo, nel settembre dell’anno successivo, i giurati ritengono Rapello colpevole dei quattro furti aggravati mentre considerano Bonino reo soltanto di contravvenzione per non aver fatto denuncia dell’acquisto di oggetti rubati, pagati lire 18, anche dopo averlo saputo in via confidenziale da Rapello. Gli concedono anche le attenuanti.

Michele Rapello è così condannato alla reclusione per anni 8, all’interdizione dai pubblici uffici, alla sorveglianza della Polizia per 5 anni dopo aver scontata la pena, ad indennizzare le sue vittime e alle spese processuali. Gli oggetti rubati che gli sono stati sequestrati devono essere restituiti ai proprietari ma si mantiene il sequestro di quelli di sua proprietà, per pagare le spese processuali.

Bonino è soltanto condannato a una ammenda di lire 50, con l’arresto in caso di mancato pagamento.

Così la sentenza del 13 settembre 1871.

Michele Rapello usufruisce di uno sconto di pena di 6 mesi grazie all’amnistia del 19 gennaio 1878, concessa dal nuovo re d’Italia, Umberto I, al momento di salire al trono.