Testo di Paolo Barosso

Foto di Roberto Beltramo e Paolo Barosso 

Celle di Macra (Sèles in provenzale alpino, Sele dl’Arma in piemontese) è un comune della valle Maira, composto da più borgate sparse e adagiato in un suggestivo vallone laterale.

Oltre allo scenario naturale e paesaggistico in cui è inserito, il paese vanta diverse attrattive tra cui due chiese di notevole interesse per le opere di valore artistico e figurativo che vi sono conservate.

Scorcio della chiesa parrocchiale di Celle con il caratteristico campanile cuspidato – ph Roberto Beltramo

La chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni Battista, d’aspetto settecentesco, ma originaria del Trecento, con campanile medievale cuspidato, presenta all’altar maggiore un magnifico polittico datato 1496 del celebre artista piccardo Hans Clemer che, dopo l’apprendistato nelle Fiandre e il periodo trascorso in Provenza lavorando con il pittore conterraneo Josse Lieferinxe, esponente della “scuola provenzale” o “avignonese”, s’era trasferito nei territori del Marchesato di Saluzzo, mettendosi al servizio della corte marchionale e delle famiglie nobili locali (si pensa che Clemer abbia conosciuto il marchese di Saluzzo Ludovico II quando questi svolgeva in Provenza, per conto del re di Francia Carlo VIII, l’incarico di luogotenente generale, a dimostrazione degli stretti legami politici e militari, con riflessi evidenti in ambito culturale e artistico, tra il piccolo stato all’ombra del Monviso e il regno transalpino).

Il polittico di Hans Clemer nella parrocchiale di San Giovanni Battista

Nel polittico, spogliato dell’originaria cornice polilobata, è raffigurata la Madonna in trono con il Bambino attorniata da santi e dal committente raccolto in preghiera dinnanzi alla Vergine (identificato in Giovanni Forneris, all’epoca parrocco di Celle, morto nel 1503 e sepolto sotto il coro della chiesa).

Come evidenzia Natalia Gozzano, nell’opera si riscontrano tutti gli elementi culturali e artistici di diversa origine che sono confluiti nell’arte di Hans Clemer, drecretandone l’originalità: la “struttura compositiva” del trittico è di matrice provenzale, il carattere monumentale delle figure e la salda volumetria del personaggi deriva dalla scuola piemontese e nizzarda, in particolare dai modi di Martino Spanzotti, l’accentuata e drammatica espressività dei volti dei santi rappresentati nelle tavole laterali e nella cimasa, accanto al “raffinato decorativismo”, appartengono invece all’arte tedesca e nordica.

Uscendo dalla chiesa e addentrandosi nelle stradine di borgata Chiesa, colpiscono i notevoli esempi di architettura alpina, talora impreziositi, come d’uso comune in queste valli, da affreschi parietali a carattere sacro, tra cui spicca quello di mano ignota raffigurante la Madonna in maestà tra santi datato 1668.

L’affresco parietale seicentesco con la Madonna in maestà fra santi

Da visitare, all’interno della ex chiesa seicentesca di San Rocco (dove un tempo era conservata una pregevole tela attribuita al pittore fiammingo Jean Claret, morto a Savigliano nel 1679, ora custodita al Museo di Arte Sacra di Acceglio), il Museo Seles – Museo multimediale dei mestieri itineranti, che appare incentrato sulla specifica figura dell’ancioé (acciugaio), mestiere stagionale tradizionalmente esercitato dai montanari della valle Maira, in particolare provenienti da paesi e borgate disposti sul versante orografico destro, allo scopo di integrare i redditi derivanti dall’attività agricola e pastorale.

Acciughe al mercato di Dronero – ph Roberto Beltramo

L’acciugaio, con i suoi caratteristici e ben riconoscibili indumenti (sufficientemente spessi da resistere all’azione corrosiva del sale e alle intemperie) e la sua attrezzatura da lavoro (in particolare la stadera e il carretto colorato d’azzurro, all’occorrenza utilizzabile come banco di vendita), partiva dal paese d’origine nella tarda estate, terminata la semina del grano, per recarsi nei porti liguri dove si approvvigionava di pesce sotto sale, non solo acciughe, che trasportava poi in Piemonte, Lombardia e anche più lontano, Emilia e Veneto, per venderlo in cascine e paesi.

Dal lato sinistro della valle, soprattuto da Elva, provenivano invece i caviè, raccoglitori di capelli femminili, che venivano acquistati anche a notevole distanza (addirittura in Veneto) per poi essere ripuliti e sistemati a cura delle donne del paese e venduti ai fabbricanti di parrucche francesi e inglesi (prima che s’introducessero le fibre sintetiche, motivo di decadenza del mestiere).

L’edificio che ospita il Museo degli acciugai – foto di Roberto Beltramo

Poco fuori l’abitato, lungo l’antica mulattiera che collegava il centro principale (borgo Chiesa) alle borgate più alte, su uno sperone roccioso a picco sulla valle, sorge la chiesetta dei Santi Sebastiano e Michele, esternamente caratterizzata da un impianto trecentesco riplasmato nel Seicento, con portico addossato alla facciata.

La chiesetta dei Santi Sebastiano e Michele

Al di sopra della porta d’ingresso si trovano raffigurati San Sebastiano e San Rocco (che ha curiosamente sostituito il legittimo dedicatario, San Michele), entrambi invocati contro le epidemie di peste.

L’interno è ornato da un ciclo di affreschi risalenti al 1484 e firmati da Giovanni Baleison di Demonte, figura esemplare di artista itinerante attivo tra Piemonte, Liguria e Contea di Nizza, espressione di quella cultura pittorica e figurativa tardo-gotica di cui si trovano numerose testimonianze nelle chiese sparse per il territorio alpino marchionale.

Nel catino absidale campeggia la scena del martirio di San Sebastiano, trafitto da frecce, sovrastato dall’Eterno in gloria, mentre sui piedritti dell’arco trionfale si trovano a sinistra San Michele in tunica bianca nel ruolo di pesatore di anime e il diavolo intento a trasportare le anime dei dannati all’inferno usando una gerla (sono questi gli affreschi attribuiti con certezza a Baleison).

Il contorno della scena del San Sebastiano trafitto, in particolare il tetto delle case sullo sfondo e l’abbigliamento degli arcieri, ricorda lo stile fiorentino del XIII secolo.

La parete sinistra della navata è occupata da raffigurazioni inerenti la Gerusalemme Celeste, cinta da alte mura merlate, con all’interno la schiera di anime in adorazione del Cristo posto tra la Madonna e San Giovanni, le anime purganti, il Limbo e, nella fascia sottostante semi-cancellata, le virtù teologali, personificate da donne in atteggiamenti diversi.

Sul lato destro, disposte sue due fasce e otto riquadri, si contrappongono scene che rappresentano le pene inflitte ai dannati: gli iracondi trafitti da rami appuntiti, gli avari cotti su uno spiedo, i superbi e gli eretici bruciati in una fornace, i pigri e gli oziosi immersi in acqua gelida tra murene, i lussuriosi cavalcati da demoni, gli invidiosi morsicati da draghi alati, i golosi ingozzati a forza.

Lussuriosi cavalcati da demoni

Da notare infine, addossato all’abside, l’altare quattrocentesco in muratura affrescato con motivi floreali e trigramma di Cristo, raro esempio nel Cuneese di altare pre-riforma giunto intatto ai nostri giorni.

Pigri e oziosi immersi in vasche di acqua gelida tra murene

Tra le varie borgate che compongono il Comune di Celle, ricordiamo Combe, toponimo derivante dalla radice celtica “Kumba”, vallone, situata in posizione incassata lungo un impetuoso torrente.

Scorcio di borgata Combe

La località, in cui si notano due case signorili con monofore e alcuni affreschi murali a carattere sacro, vantava, secondo la relazione del Brandizzo del 1750, cinque mulini e un battitoio da canapa, recentemente restaurato. Tali strutture produttive, di cui rimane ancora in parte testimonianza, ci rivelano come, tra le principali fonti di reddito della popolazione residente a Celle, vi fosse la coltivazione di granaglie (segale, orzo, biada, grano primaverile) e di canapa.

Chiesa dei Santi Sebastiano e Michele – Avari cotti sullo spiedo

Fonti bibliografiche:

Rosella Pellerino e Davide Rossi, Le chiese di Mistà. I tesori romanico-gotici delle valli Grana, Maira, Varaita e Po, Bronda, Infernotto, Più Eventi edizioni, 2012

Noemi Gabrielli, Arte nell’antico Marchesato di Saluzzo, Istituto bancario San Paolo di Torino, 1974

Natali Gozzano, Per la definizione della cultura figurativa di Hans Clemer. Un confronto con l’arte tedesca, Université libre de Bruxelles, 1995