Testo e foto di Paolo Barosso

Sulle colline dell’Astesana, nel cuore del territorio appartenuto per secoli al consortile dei conti Radicati di Cocconato, sorge alla sommità di un’altura, ad oltre 400 metri di quota, il castello di Robella.

Veduta della frazione Cortiglione di Robella dalla specola del castello

Riconoscibile da lontano per la curiosa costruzione in ferro che sormonta la torre, il castello è oggi abitato dai conti Cotta, discendenti per via femminile della famiglia che lo edificò circa 800 anni fa, i Radicati di Robella, ramo dei conti di Cocconato. L’edificio, seppure denominato “castello” com’è nell’uso linguistico dei piemontesi, che designano con questo termine, al pari dei francesi (chateau) e dei tedeschi (schloss), non solo le fortezze medievali, ma anche le residenze e le ville signorili derivanti da trasformazioni barocche o ottocentesche, non conserva che poche tracce della veste fortificata originaria.  

Scorcio del castello di Robella con la facciata settecentesca rivolta a nord

Del primitivo castrum, risalente al XII/XIII secolo, con planimetria poligonale, mura a scarpa in funzione difensiva e torre quadrata coronata da merlatura guelfa, sono rintracciabili alcuni elementi superstiti nelle murature della facciata principale, nelle imponenti cantine e nel cortile interno, dove si notano le aperture con ghiere ad arco bicromo. I primi interventi di ammodernamento della struttura vennero effettuati già tra XVI e XVII secolo, epoca a cui risale l’allestimento della Sala Magna, ampio salone al piano terra provvisto di un imponente soffitto a cassettoni, mentre la demolizione della possente torre quadrata è forse da collocare cronologicamente nel 1625, quando il castello di Robella venne cinto d’assedio dalle truppe spagnole, nel quadro della guerra che contrappose il ducato di Savoia, appoggiato dal regno di Francia, alla Repubblica di Genova, sostenuta dal regno di Spagna.

Le tracce della fortificazione medievale sono ancora leggibili in alcune parti del complesso

Nella seconda metà del Settecento fu l’architetto Filippo Castelli a intervenire, progettando la costruzione del corpo rivolto a mezzanotte, concepito come un edificio di carattere signorile, sul modello dei palazzi cittadini. Sarà poi, nei primi decenni dell’Ottocento, l’ingegnere e architetto biellese Carlo Bernardo Mosca a completare la facciata, realizzando la scenografica scalinata a due rampe che incornicia l’ingresso principale del castello.

Torino, veduta della Dora Riparia con il ponte Mosca in primo piano

All’ingegner Mosca si deve anche l’elemento che più di altri caratterizza visivamente l’edificio, permettendo al viandante di riconoscerlo con facilità anche da una certa distanza, la progettazione nel 1823 della specola, una torre in muratura, posta in asse con la facciata sud, sormontata da una struttura in ferro adibita all’osservazione astronomica. Sulla balaustra si leggono due sigle: KMD, Karolus Mosca Delineavit, a indicare colui che ideò e installò (delineavit) la struttura in ferro, e ERI, Eustachio Radicati Iussit, che allude invece al committente dell’opera, il conte Eustachio II Radicati. Dalla piattaforma della specola, alta 18 metri, la vista abbraccia non soltanto l’ampio parco che cinge il castello, in cui prosperano 30 diverse specie di alberi, ma anche un vasto orizzonte, dal Monte Rosa al Monviso, dalle risaie alla dorsale appenninica.

La specola del castello, progettata dall’ingegner Mosca

L’importanza della struttura realizzata a Robella dall’ingegner Mosca, alla cui memoria Torino ha intitolato il ponte sulla Dora (1828-1830), da lui progettato e noto appunto come “ponte Mosca”, deriva dall’essere il primo esempio di “architettura del ferro” documentato in Piemonte (e forse in Italia).  

Le iniziali ER, Eustachio Radicati, compaiono tra i decori della balaustra

Come si è già accennato, gli attuali proprietari del castello discendono, per via femminile, dai primi feudatari e costruttori, i Radicati di Robella, ramo dei conti di Cocconato. All’indomani della disgregazione dell’impero carolingio, su queste colline, situate in una posizione confinaria tra la marca arduinica torinese, tramontata alla fine dell’XI secolo, e i territori dei marchesi Anscarici e Aleramici, si impose un potentato locale, costruito grazie all’intraprendenza di un gruppo di famiglie, fra cui risultavano egemoni i signori di Cocconato, che nel XIII secolo strinsero un patto consortile per la gestione condivisa dei beni e un’azione politica comune.

La struttura in ferro della specola

L’aggregato politico militare che ne derivò, il consortile detto “De Radicata” da una località oggi scomparsa forse situata nel territorio di San Sebastiano Po, agì come strumento di rappresentanza e di difesa su scala regionale, particolarmente efficace nei momenti di crisi, come il passaggio dagli Aleramici ai Paleologi alla guida del Monferrato nel quinquennio 1305/1310 o le lotte per l’egemonia tra Savoia, Monferrato e Visconti nel Piemonte trecentesco. Nei nuovi statuti di cui il consortile si dotò alla metà del Trecento è descritto il meccanismo di funzionamento della struttura, retta da un “capitano”, scelto con criterio rappresentativo dei tre colonnellati, terzieri o cespiti in cui nel frattempo s’era articolata la casata, Bròzolo, Casalborgone, Robella, e che diedero poi origine nel secolo successivo a ulteriori rami.

Il cortile interno visto dalla sommità della specola

Nel corso del XVI secolo, con il declino e l’allentamento progressivo dei vincoli di solidarietà tra i consorti, il predicato “De Radicata”, che prima designava il consortile, assunse forma cognominale (ad esempio Radicati di Robella o Radicati di San Sebastiano), rimanendo però nell’uso corrente il designare i vari rami dei Radicati come “consorti”, “consignori” o “conti” di Cocconato. Nel 1586 infine venne siglata una convenzione o transazione con lo scopo di regolare i rapporti tra il duca di Savoia Carlo Emanuele I e i rappresentanti del consortile, sancendo la definitiva sottomissione all’autorità sabauda.

Panorama delle colline astigiane dalla specola del castello

Altre fasi significative nella storia della famiglia Radicati di Robella furono il 1826, quando “Rosa” Lucia Radicati di Robella, ultima discendente del ramo, si sposò con Carlo Emanuele Gabriele Nicolis di Robilant, e la seconda metà dell’Ottocento, epoca a cui risale il matrimonio tra Carlo Emilio Nicolis di Robilant, conte di Robella, e l’esponente di una nobile dinastia russa, Maria Alexeievna (Stella) Zubov.   

Scrcio panoramico sulle colline astigiane dalla specola del castello

Il paese di Robella, oltre che alle vicende famigliari dei conti Radicati, è legato anche alla memoria di Enrico Martini, medico e docente in patologia chirurgica all’Università di Torino, che vi nacque nel 1872. Il chirurgo robellese è ricordato a Torino per la fondazione nel 1911 dell’ospedale Martini, al tempo situato nel popoloso quartiere di Borgo San Paolo, seguita nel 1923 dall’apertura dell’Astanteria Martini, poi ospedale Luigi Einaudi (oggi dismesso), in Barriera di Milano. Il complesso ospedaliero Martini, formato da ariosi padiglioni alternati a giardini e affacciato sull’attuale corso Ferrucci, in origine corso Circonvallazione, venne completamente distrutto dai bombardamenti britannici della RAF del novembre 1942: l’odierno ospedale che porta il nome di Enrico Martini, edificato nel 1970, si trova invece nel quartiere di Pozzo Strada.  

Per maggiori informazioni visitare il sito www.castellodirobella.it

https://www.archiviocasalis.it/localized-install/biblio/asti/cocconato