di Paolo Barosso 

Il complesso del monte di Crea, che comprende il santuario e il Sacro Monte con ventitrè cappelle e cinque romitori, è uno dei principali centri di pellegrinaggio mariano in Piemonte ed è da molti secoli il simbolo dell’identità religiosa del Monferrato.

Situato in cima a un’altura che domina il paesaggio circostante, a poca distanza da Casale Monferrato, il santuario venne edificato al tempo dei marchesi Aleramici nel luogo dove già dai primi secoli dell’era cristiana sorgeva un oratorio in cui era custodita la statua della Madonna di Crea, ancora oggi visibile e venerata dai fedeli nella cappella dietro l’altar maggiore.

La facciata del santuario di Santa Maria di Crea – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

Due sono le narrazioni, che intrecciano storia e leggenda, sulla fondazione della chiesa e del santuario.

La prima, suffragata da un documento del IX secolo conservato nell’Archivio Capitolare di Vercelli, che è la prima attestazione scritta del nome e della presenza del luogo, fa risalire le origini del sito al protovescovo di Vercelli, Eusebio, patrono del Piemonte, che nel IV secolo, nell’ambito della sua azione di diffusione del Cristianesimo, avrebbe trasportato qui dall’Oriente una statua della Vergine, deponendola in un sacello sull’alto colle monferrino.

La statua della Madonna di Crea – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

La statua della Madonna bruna di Crea, in legno di cedro (recenti restauri hanno restituito un colore rosato), risale però a un periodo successivo a quello eusebiano, essendo datata dagli studiosi per caratteri stilistici e altre considerazioni al XIII secolo, ed è custodita nella nicchia centrale della cappella dietro l’altar maggiore, sorta secondo la tradizione nell’esatto punto in cui Eusebio, salito al colle, si raccolse in preghiera.

Panorama monferrino – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

La seconda narrazione mette al centro la figura di Arduino, marchese anscarico di Ivrea consacrato rex Italiae a Pavia nel 1002: a lui la tradizione storiografica attribuisce l’iniziativa di aver fatto innalzare sul colle al principio dell’XI secolo una cappella, a seguito d’una visione mariana che l’avrebbe esortato a edificare luoghi di culto dedicati alla Vergine (Torino, Crea e Belmonte).

La chiesa venne successivamente affiancata da un convento, affidato in una prima fase alle cure dei canonici Agostiniani di Vezzolano (Asti), poi nel 1478 all’Ordine mendicante dei Servi di Maria, detti serviti, e infine dal 1483 ai canonici Lateranensi, cui si deve il grande sviluppo religioso, edilizio e artistico del complesso, sotto la protezione dei signori del Monferrato, i Paleologi, che sin dal primo Trecento investirono risorse per il potenziamento del Monte di Crea come polo devozionale legato alla dinastia.

Veduta del monte di Crea dal castello di Serralunga di Crea (in primo piano la torre) – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

Furono proprio i Paleologi, casata di origine bizantina che con Teodoro I nel 1306 era subentrata agli Aleramici nella guida dello Stato monferrino, a far edificare tra fine Trecento e primo Quattrocento la cappella di Santa Margherita d’Antiochia, posizionata a destra dell’altar maggiore, dove si collocò la reliquia della santa, inserita in un reliquiario a forma di piede (oggi conservato a Casale) che, secondo la tesi più accreditata, venne donata al santuario di Crea dal marchese Giovanni IV Paleologo (1413-1464) in omaggio alla moglie, Margherita di Savoia, figlia del duca Ludovico di Savoia e Anna di Cipro (un’altra ipotesi retrodata la donazione al marchese Teodoro II, morto nel 1418, che aveva sposato in terze nozze la giovane Margherita di Savoia, figlia di Amedeo di Savoia-Acaia e di Caterina di Ginevra, beatificata dalla Chiesa Cattolica nel 1669).

Scene del martirio di Santa Margherita d’Antiochia, sec. XV – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

Più tardi, tra il 1474 e il 1479, il marchese Guglielmo VIII Paleologo commissionò il prezioso ciclo di affreschi che orna le pareti della cappella, considerato una delle più significative pagine della pittura rinascimentale in Piemonte.

Scene del martirio di Santa Margherita d’Antiochia , sec. XV – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

Gli affreschi, tradizionalmente attribuiti all’opera del “Maestro di Crea”, che studi recenti hanno identificato in un pittore della cerchia di Martino Spanzotti, forse il padre Pietro o, come sostiene Giovanni Romano, il fratello Francesco Spanzotti, rappresentano sulle vele della volta i quattro Dottori della Chiesa e sulle pareti laterali scene della vita e del martirio di Santa Margherita.

La parete centrale è invece occupata da un trittico con la Vergine in trono tra santi e, ai lati, in atteggiamento di preghiera, le figure dei donatori inginocchiati: a sinistra il marchese Guglielmo VIII Paleologo con tre suoi consiglieri e a destra la terza moglie Bernarda di Brosse con le figlie Giovanna e Bianca, nate dai precedenti matrimoni del marchese con Maria di Foix e Elisabetta Sforza.

L’affresco della parete centrale con il marchese Guglielmo VIII Paleologo a sinistra, la Madonna in trono fra santi e Bernarda de Brosse a destra – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

Nonostante i saccheggi compiuti nel periodo napoleonico, quando il santuario venne devastato e il convento espropriato e venduto all’incanto, e i danneggiamenti del periodo risorgimentale, dovuti alla soppressione del convento nel 1866, la struttura conserva diverse opere d’arte e elementi d’arredo che nei secoli vennero aggiunti per arricchire il complesso.

Tra questi, ricordiamo una tela realizzata da Guglielmo Caccia detto il Moncalvo (1568-1625), con il Padre eterno, un’altra eseguita dalla figlia del Caccia, Orsola, che rappresenta Santa Margherita d’Antiochia, e le pitture su tavola attribuite a Macrino d’Alba, artista rinascimentale molto apprezzato alla corte dei Paleologi, la prima esposta in chiesa e datata 1503 con la Madonna in trono fra Santi e le altre due, conservate in convento, raffiguranti il marchese Guglielmo IX Paleologo e la consorte Anna d’Alençon.

L’interno della chiesa di Santa Maria di Crea – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

La chiesa, d’impianto rinascimentale, venne rimaneggiata in epoca barocca, dal 1608 al 1612, con l’aggiunta di una campata e la costruzione dell’elegante facciata, che subì poi ulteriori interventi di modifica nel 1735 e un restauro importante nel 1953 con la posa di nuove colonne e l’inserimento del mosaico raffigurante l’Assunta, opera di Piero dalle Ceste.

Attorno al Santuario venne realizzato a partire dal 1589, su iniziativa di Vincenzo I Gonzaga duca di Mantova e del Monferrato, che aveva accolto l’idea del priore Costantino Massino, il complesso del Sacro Monte composto da una serie di cappelle con apparati scultorei e pittorici incentrati sul tema delle storie della Vergine.

La cappella “Il Paradiso” – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

La dinastia mantovana dei Gonzaga era subentrata ai Paleologi nel 1536 dopo la morte dell’ultimo marchese di questa casata, Gian Giorgio, defunto nel 1533: la questione successoria, che aveva alimentato le speranze del duca di Savoia e del marchese di Saluzzo, s’era però conclusa, nonostante i malumori della nobiltà monferrina, con la pronuncia dell’imperatore Carlo V a favore del duca di Mantova Francesco II Gonzaga e dei suoi eredi, che avrebbero governato da allora in avanti il territorio tramite un Governatore residente a Casale.

Grazie al sostegno dell’impero e della Chiesa l’antico marchesato venne elevato nel 1573 al rango di ducato e infine nel 1708, a seguito del pronunciamento della Dieta di Ratisbona e all’investitura formale dell’imperatore Giuseppe I d’Asburgo, si sancì la definitiva annessione del Monferrato agli Stati di Savoia, consentendo quindi al duca (poi re) Vittorio Amedeo II di coronare un’ambizione a lungo coltivata dalla dinastia sabauda.

Assunzione e Incoronazione della Vergine nella cappella “Il Paradiso” – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

Con l’obiettivo di legittimare il proprio potere e trasformare il culto mariano legato al territorio monferrino in devozione dinastico-statale (tanto da far raffigurare la Madonna di Crea su monete e medaglioni), Vincenzo I Gonzaga commissionò dunque la realizzazione del Sacro Monte, incentrato sulla rappresentazione pittorica e scultorea della vita della Vergine ( “i misteri della Reina de’ Cieli”).

Per il tema trattato, incentrato sulla figura della Madonna, il Sacro Monte di Crea si discosta dai motivi ispiratori dei primi complessi appartenenti a questa tipologia santuariale, come quello di Varallo Sesia, che ne fu l’archetipo, costruito su iniziativa del minore osservante Bernardo Caimi a partire dal 1491 e conosciuto con l’appellativo di Nuova Gerusalemme.

Scene del Nuovo Testamento all’interno delle cappelle del Sacro Monte – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

Nelle sue prime realizzazioni lo schema concettuale del “Sacro Monte”, in seguito interpretato più che altro in un’ottica di contrasto alla propagazione delle idee protestanti dal nord delle Alpi (dunque il Sacro Monte come “sentinella” a difesa della Cattolicità), era infatti inteso come risposta concreta all’urgenza di offrire ai pellegrini, impossibilitati a recarsi in Terra Santa per i pericoli del viaggio, l’occasione di vedere dal vivo i luoghi in cui visse e operò Gesù.

Questo obiettivo veniva perseguito attraverso la fedele riproduzione architettonica e ambientale dei luoghi di Terra Santa e con la riproposizione in forma scultorea e pittorica di scene ispirate alla vita di Cristo, capaci di suscitare negli spettatori lo stesso coinvolgimento emotivo e spirituale di una visita in Palestina. Significativa appare in questo senso la scritta che si legge sopra l’ingresso del Santo Sepolcro di Varallo Sesia: “Ut hic Jerusalem videat qui peragrare nequit” (affinché veda Gerusalemme chi non può recarvisi come pellegrino).

La Crocifissione – Sacro Monte di Crea – ph Gianluca Grassano (archivio Alexala)

La realizzazione dell’apparato scultoreo e pittorico del complesso di Crea venne affidata al fiammingo Jan de Wespin, detto il Tabacchetti, e al piemontese Guglielmo Caccia.

La cappella situata nel punto più elevato del monte, dedicata all’Assunzione e Incoronazione di Maria Vergine, ma detta anche “Il Paradiso”, ha pianta circolare, circondata da un loggiato, e sorge sulle vestigia di una fortificazione, che si ritiene identificabile con il luogo definito nelle antiche carte come “Castrum Credonensium” (Settia), da cui avrebbe tratto origine il toponimo “Crea”.

Si ringrazia per le foto Gianluca Grassano e l’archivio fotografico di Alexala (ATL provincia di Alessandria)

Note bibliografiche:

Ritratto di Casale, Mercedes Viale Ferrero, Istituto Bancario San Paolo di Torino, Torino, 1966

Geografia celeste dei duchi di Savoia. Religione, devozioni e sacralità in uno Stato di età moderna (secoli XVI-XVII), Paolo Cozzo, editrice Il Mulino, Bologna, 2006

www.cittaecattedrali.it

www.marchesimonferrato.it