di Paolo Barosso

E’ da poco disponibile nelle librerie “Piemonte rinascimentale55 luoghi da scoprire e visitare”, volume nato dalla collaborazione tra Simone Caldano, ricercatore free-lance e guida turistica, già autore per il Capricorno edizioni di “Piemonte medievale” (2020), “Liguria medievale” (2022) e “Il Piemonte che non c’è più” (2023), e Serena D’Italia, esperta di pittura norditaliana e ed europea dal Quattrocento al Seicento e di storia del collezionismo, che è stata cocuratrice della mostra “Rinascimento privato” tenutasi a Torino alla Fondazione Accorsi-Ometto.

Ancora oggi, come rimarcano gli autori del libro, alcuni preconcetti duri a morire fanno sì che una certa letteratura descriva il Piemonte come un territorio refrattario alle innovazioni artistiche del Rinascimento.  

È vero che la ricognizione nel territorio dimostra che la «maniera» dominante fu quella tardogotica fino all’inizio del XVI secolo, ma sarebbe scorretto lasciare in ombra il fatto che, negli anni di passaggio tra fine Quattrocento e inizio Cinquecento, il Rinascimento attecchì anche in Piemonte.

Nel nostro territorio, le grandi novità rinascimentali centroitaliane furono recepite appieno, con l’unicità che gli elementi del Rinascimento tosco-romano e di area padana lombardo-emiliana furono fatti convivere con quelli della tradizione tardogotica e dell’Ars Nova fiamminga, dando vita a un dialogo unico e di grande fascino.

In area subalpina, dunque, si guardava verso Milano, verso Roma, ma anche verso il milieu fiammingo e non solo, non senza giungere a elaborazioni di notevole originalità.

Questo fenomeno fu possibile grazie alle personalità di committenti colti, ambiziosi e al passo con i tempi: ecco, quindi, che a guidarci in questo itinerario troveremo membri del clero a tutti i livelli, nobili, capitani militari, confraternite, comunità desiderose di avere un santuario che perpetuasse la venerazione nei confronti di un miracolo e altri soggetti ancora.

Piemonte rinascimentale. Viene quindi delineato un panorama molto più ricco e composito di quanto spesso si creda: si tratta di monumenti che meritano di essere visitati, conosciuti e «sdoganati», così che non continui a trascinarsi una narrazione faziosa e parziale della vicenda storica e artistica del territorio.

Lasciamoci allora accompagnare dalla guida esperta degli autori alla scoperta del patrimonio artistico e architettonico della stagione rinascimentale in Piemonte, partendo dall’illustrazione di tre casi, raggruppati nel “Prologo“, ancora riferibili alla tradizione tardogotica, ma già protesi verso le novità artistiche – la chiesa di Santa Maria della Scala a Chieri, la Collegiata di Santa Maria Assunta a Chivasso e il complesso del San Giovanni a Saluzzo – per poi addentrarci nel territorio delle sei province piemontesi dove, con influenze e esiti diversi, la cultura del Rinascimento ha modellato le sue testimonianze più significative.

Saluzzo, cortile di Casa Cavassa – veduta del ciclo dipinto da Hans Clemer tra il 1506 e il 1511 sul tema delle “Fatiche di Ercole”.

Il libro, che vuole essere un invito alla scoperta di un Piemonte diverso, non medievale né barocco, si conclude con una piccola raccolta di “schede tematiche” su aspetti specifici del periodo rinascimentale, meritevoli di attenzione, come la “moda” delle case dipinte, con focus sui casi di Cuneo, dove le abitazioni affacciate sulla “contrada Maestra” si arricchirono al principio del Cinquecento di affreschi con cicli narrativi complessi, in parte riscoperti da recenti campagne di restauro, e di Saluzzo, la piccola capitale marchionale in cui operava il pittore piccardo Hans Clemer, cui vennero commissionate le decorazioni esterne del loggiato di Casa Cavassa sul tema delle “Fatiche di Ercole”, o il fenomeno dei “compianti scultorei”, gruppi di statue in terracotta, in legno o anche (raramente) in pietra raffiguranti la scena del “Compianto sul Cristo morto”, ispirata alle sacre rappresentazioni del periodo pasquale.