di Paolo Barosso
La celebrazione del patrono Sant’Eldrado scandisce, come ormai da tradizione, la ripresa delle visite all’abbazia di Novalesa, gioiello medievale di arte, storia e cultura in Val Cenischia: un bene di proprietà da molti anni della ex provincia di Torino, oggi Città metropolitana, affidato alle cure della comunità monastica benedettina.

Quest’anno, per i visitatori si prospetta una nuova possibilità in aggiunta al consueto percorso alla scoperta delle cappelle all’interno dell’Abbazia: è entrata infatti nel circuito “Chiese a porte aperte” la Cappella della Maddalena. Si tratta di un’occasione unica e nuova per entrare ad ammirare la Cappella, esterna ai muri dell’abbazia e finora chiusa al pubblico.
Come annota l’anonimo redattore del “Chronicon Novaliciense” (XI secolo), la cappella, che balza all’occhio del pellegrino o del visitatore in procinto di raggiungere l’abbazia provenendo dal paese di Novalesa, si trova “dinanzi al sacro cenobio, e lontano da esso un tiro di freccia“.
Nelle vicinanze della chiesa, prosegue l’anonimo monaco autore del Chronicon, si ergeva un edificio destinato ad ospitare le donne, sia nobili che di umili origini, quando si recavano al monastero “per adorare Dio e venerare gli Apostoli“. La cappella, infatti, segnava il confine fisico e ideale tra il mondo esterno e l’area di pertinenza del monastero, e veniva adoperata come punto di sosta e di preghiera dai fedeli che giungevano in pellegrinaggio a Novalesa.
La chiesa è ritenuta dagli studiosi originaria dell’VIII secolo, come attestano alcune tracce di decorazione pittorica risalenti a questo periodo, ma venne rifatta nel tardo X secolo, quando i monaci fecero ritorno a Novalesa dopo averla abbandonata per fuggire alle incursioni saracene1, e consolidata nell’XI secolo inoltrato, con la ricostruzione del lato nord a seguito di un crollo.
L’interno della cappella conserva, nell’abside, due riquadri con gli affreschi raffiguranti Santa Maria Maddalena e Santa Maria Egiziaca, ricondotti al XV secolo. La prima, Maria Maddalena, è rappresentata con un manto rossiccio provvisto di risvolto in armellino, cappelli ramati lunghi fino al gomito e, tra le sue mani, un vaso a pisside contenente l’olio di nardo, utilizzato, secondo quanto riporta il vangelo di Luca, dalla “peccatrice di Betania” per cospargere i piedi di Cristo. L’olio di nardo, costato trecento denari, cioé una somma ingente per l’epoca, evocava simbolicamente l’amore divino ed era considerato depositario di poteri mistici, spesso adoperato, in forma di unguento, per l’unzione dei re e dei defunti.
Il secondo riquadro presenta, invece, la figura di Maria Egiziaca, talvolta confusa con la prima, considerata dalla tradizione bizantina come la penitente per eccellenza, una prostituta convertita, nata ad Alessandria d’Egitto nel IV secolo, che, ritiratasi per circa quarant’anni a vivere da eremita nel deserto giordano, si lasciò crescere i capelli al tal punto che, una volta consumatosi il vestito, solo questi le ricoprivano le nudità del corpo. Proprio in questo modo appare raffigurata nell’affresco, all’interno di una grotta, che richiama le asperità del deserto roccioso, con le mani giunte in preghiera e i lunghi capelli che la avvolgono per intero 2

“Chiese a porte aperte” è il progetto che consente di visitare autonomamente i beni culturali ecclesiastici del Piemonte e della Valle d’Aosta con l’ausilio delle nuove tecnologie. L’applicazione gestisce molteplici operazioni dalla prenotazione della visita all’apertura automatizzata della porta: una volta effettuato l’accesso tramite QR, si viene guidati alla scoperta del bene al suo interno.
“Siamo davvero contenti che il percorso di visite alla scoperta della Abbazia della Novalesa si ampli – commenta il vicesindaco di Città metropolitana di Toirno Jacopo Suppo – si tratta di un tassello importante nell’impegno della comunità monastica benedettina e del nostro Ente verso la celebrazione a gennaio 2026 del 1300° anniversario della fondazione di questo bene“.
Da sabato 15 marzo l’Abbazia riapre ai visitatori con i seguenti orari: visite Abbazia sabato ore 10.30 e 11.30, domenica ore 11.30; visite museo archeologico sabato e domenica ore 11-13.
Gruppi e scuole possono prenotare una visita dedicata – tranne al lunedì – scrivendo a viste@abbazianovalesa.org
- La fuga dei monaci di Novalesa, che avevano avuto sentore dell’imminente assalto delle bande di predoni saraceni, risale al principio del X secolo (nel 906 seguendo la datazione del Chronicon o dopo il 920 secondo lo storico Aldo A. Settia). I religiosi fuggitivi trovarono scampo prima a Torino, presso la chiesa di Sant’Andrea, poi incorporata nel Santuario della Consolata, e successivamente a Breme in Lomellina, dove avevano ricevuto in dono dal marchese d’Ivrea Adalberto alcune terre, rigogliose e ricche di selvaggine, per fondare una nuova comunità monastica. Da qui, verso la fine del X secolo, un gruppo di loro fece rientro a Novalesa, per ricostruire l’antica abbazia, da allora divenuta priorato alle dipendenze di Breme. ↩︎
- Oltre ai lunghi capelli, Santa Maria Egiziaca è spesso rappresentata nell’iconografia tradizionale accanto a una grotta con i tre pani che si portò nel deserto e talvolta con il leone che, secondo il racconto agiografico, aiutò il monaco palestinese Zosimo a seppellirla, scavando la fossa con gli artigli. ↩︎