di Paolo Barosso

Nell’Alto Monferrato, su uno sperone boscoso a picco sull’ampia valle del torrente Orba, sorge il paese di Rocca Grimalda, strategicamente posto a guardia delle strade che collegano la costa genovese alla pianura alessandrina, attraverso il territorio dell’Oltregiogo ovadese.

Veduta della valle del torrente Orba dal paese di Rocca Grimalda

Il toponimo originario, Rocca, si spiega con la morfologia del sito che, tra balze e scoscendimenti, è conformato in maniera tale da risultare facilmente difendibile, sede ideale per una postazione fortificata.

Il secondo vocabolo da cui è formato il nome del paese, Grimalda, venne aggiunto più tardi, in omaggio ai Grimaldi, illustre famiglia patrizia di radici genovesi, ramificata in più lignaggi, che nel 1570 acquistò il castello di Rocca dai precedenti proprietari, i Trotti, di nobiltà alessandrina, tenendolo per circa due secoli. Fu così che la denominazione del sito mutò dalle versioni di più antica attestazione, Rocca Val d’Orba e Rocca de’ Trotti, nell’odierno Rocca Grimalda.

Nucleo primigenio del castello di Rocca è la possente torre cilindrica di avvistamento, decorata alla sommità da un triplice ordine di archetti ciechi aggettanti, elemento tipico dell’architettura monferrina, che si riscontra anche nella torre di Roccaverano, simile per forma, datazione, apparato decorativo (anche se differisce per materiale, essendo in pietra e non in mattoni).

La torre cilindrica che domina il complesso di Rocca Grimalda

Edificata tra XII e XIII secolo, la torre, che appare oggi priva del coronamento merlato, faceva parte in origine di una struttura fortificata destinata a ospitare le truppe di sorveglianza. Per secoli gli ambienti interni, sovrapposti su cinque piani e collegati da una scala elicoidale, illuminata da strette feritoie, furono adibiti a prigione, come ci indicano i graffiti incisi sulle pareti, gli anelli in ferro nella stanza più in alto e il “trabocchetto” al pian terreno (sezione mobile di un pavimento che si apre a comando facendo cadere l’intruso nel vuoto).

Le fasi costruttive del complesso di Rocca Grimalda rispecchiano le vicende storiche e politiche che coinvolsero il feudo, inizialmente compreso nei domini dei marchesi aleramici del Monferrato, poi passato ai marchesi di Gavi, di ascendenza obertenga, e nel 1440 a Gian Galeazzo Trotti, capitano di ventura al servizio dei Visconti, che avevano preso il castello nel 1431. La nobile famiglia alessandrina dei Trotti, da cui il nome di Rocca Trotti (o Rocca de’ Trotti) assunto dal paese prima dell’avvento dei Grimaldi, abitò la fortezza per oltre un secolo, avviando gli imponenti lavori di ammodernamento e aggiornamento stilistico che la trasformarono in elegante dimora signorile.

Il cantiere proseguì con i Grimaldi, che acquisirono feudo e castello nel 1570 e che fecero realizzare la maestosa facciata occidentale, ultimata a fine Settecento, la pregevole cappella interna decorata a trompe l’oeil e il giardino pensile, oggi inserito nell’elenco dei giardini storici del Piemonte.

Scorcio del giardino all’italiana

L’estesa area verde, punteggiata di essenze autoctone e esotiche, comprende tre distinte sezioni: il giardino all’italiana, con la rigorosa simmetria di aiuole, viali e vasche, e le forme geometriche disegnate dalle siepi di bosso, il boschetto o giardino romantico, che digrada lungo il ripido fianco della collina scendendo verso l’Orba, e il giardino segreto, ricco di erbe aromatiche e officinali, d’ispirazione monastica medievale.

Le storiche cantine del castello, grandiose per dimensioni, ospitano l’attività di vinificazione delle uve coltivate nei terreni di proprietà della famiglia che oggi abita il maniero e che ha fondato l’azienda agricola Rocca Rondinaria, dal nome d’un insediamento romano la cui effettiva esistenza è rimasta per secoli sospesa tra storia e mito e che antiche leggende narrano fosse stato fondato per accogliervi gli schiavi addetti alla raccolta dell’oro contenuto nelle sabbie dei torrenti Orba e Piota.

Veduta di un ambiente interno

Il vitigno tradizionalmente presente in zona è il Dolcetto, da cui l’azienda, che ha ottenuto per i metodi utilizzati in vigna e in cantina il marchio “Agribiodinamica” e la certificazione biologica, ricava lo Spessiàri, Dolcetto d’Ovada Doc, e il Gesusio, Dolcetto di Ovada Superiore Docg o Ovada Docg.