Testo e foto di Giovanni Dughera
“Il luogo è lontano da ogni impaccio e mondano tumulto. Qui non strepito d’uomini e d’animali, non frastuono, non ruggiti. La pianura d’Italia, gioconda di laghi e fiumi, vi si stende a far lieti gli sguardi umani. Gl’inverni vi sono tiepidi e l’estate rassomiglia a primavera. Fra tale e tanta quiete la mente dei servi di Dio esclama giuliva: “Grande è il Signore!”
Il monaco Guglielmo, primo cronista della Sacra e testimone dell’atmosfera spirituale del monastero, tra il 1079 e il 1090 scrive così inneggiando.
La Sacra di San Michele si erge sul monte Pirchiriano, a picco sulla Valle di Susa (Torino), che fu ed è via di transito verso la Francia, antica Gallia al tempo della colonizzazione romana. Dai valichi alpini del Moncenisio e del Monginevro passarono moltitudini: da Annibale con i suoi elefanti sino a Papi, Re, pellegrini, dal Medioevo all’Ottocento, assistiti dai monaci degli Ospizi cluniacensi. E anche la Sindone passò di qui, se non nel viaggio iniziale al tempo del trasferimento della capitale del ducato dei Savoia da Chambéry a Torino, ad opera dei Savoia, sicuramente nelle numerose ostensioni.
La cristianizzazione delle Alpi Cozie, abitate da popoli celti e liguri, trasse impulso dalla vittoria di Costantino contro l’usurpatore Massenzio (312 d.C.), ma avvenne probabilmente a partire dal 400 d.C., ad opera dei primi Vescovi di Torino: San Vittore e San Massimo.
Nell’anno 773 Carlo Magno sconfisse i Longobardi alle Chiuse, strettoia nella valle sottostante nella quale i Longobardi avevano costruito muraglie difensive. Da tale evento il Manzoni prese lo spunto per l’opera “L’Adelchi”.
Fu intorno all’anno 1000 che cominciarono a sorgere i monasteri alpini, e qui alla Sacra la fondazione è attestata al 983-987 ad opera di Ugo di Montboissier, nobile dell’Alvernia (Francia) dal non limpido passato, che aveva fatto voto, per penitenza, di costruire un cenobio dedicato all’Arcangelo Michele.
E’ da notare che la Sacra si trova a 1000 km. dal Mont St. Michel (Normandia – Francia) e a 1000 dal santuario di Monte S. Angelo (Gargano-Puglia), dove si venera l’Arcangelo Michele.
Nel monastero si stabilirono dapprima i benedettini, con l’alvernate abate Adverto.
Nel 1600 i monaci scomparvero a causa di continue guerre, e dobbiamo arrivare al 1836, con l’insediamento dei Padri Rosminiani ad opera di Re Carlo Alberto di Savoia, per veder rivivere la Sacra. Ma le leggi Rattazzi dell’epoca pre-risorgimentale espropriarono la Sacra che divenne proprietà dello Stato.
Un percorso spirituale
Il pellegrino giungeva alla Sacra di San Michele della Chiusa da S. Ambrogio, paese sito nel fondo della valle, e da qui percorreva, e percorre ancora, il ripido e tortuoso sentiero di ciottoli che si snoda lungo le pareti del monte Pirchiriano, con un dislivello di 700 m.
Al culmine del cammino gli si parava dinnanzi la vertiginosa facciata dell’Abbazia. Entratovi, il pellegrino affrontava ancora il ripido e alto Scalone dei Morti, così chiamato per esservi tombe di monaci, e passava sotto il Portale dello Zodiaco, che reca scolpite le costellazioni dello Zodiaco, un rimando forse a una simbolica porta del Cielo.

Vediamo qui i Vizi capitali e le Virtù, tema pittorico tipico del Medioevo, qui scolpito però.
I capitelli sono opera di Nicolao (sec. XII) e rappresentano i fatti di Caino e Abele, Sansone, le furie, donne che allattano serpenti, un leone furente, le sirene e altro (per approfondimenti: Il Portale dello Zodiaco, capolavoro di scultura romanica).
Un percorso curvilineo di gradini di pietra conduce infine dinnanzi al portale vero e proprio della Chiesa Abbaziale (nell’Ottocento furono aggiunti i contrafforti ad arco). Qui la scansione ritmica dei capitelli pare un “abbraccio” fermato nella pietra, quasi un simbolico voler accogliere il pellegrino e introdurlo nella Chiesa. Ai lati un monaco scolpito osserva e pare custodire e mediare tra l’Uomo e Dio, simbolico dell’insegnamento; esisteva anche l’allievo, poi scomparso.

Il culmine vertiginosamente santo, espressione del poeta ottocentesco Clemente Rebora per la Sacra, non può che concludersi all’altar maggiore, sovrastato dalle solenni, alte figure dei Profeti, degli Evangelisti e dell’Angelo annunciante a Maria il concepimento di Gesù, Culmen et Fons. Vediamo anche un monaco in atto di scrivere.
La Chiesa, iniziata nel 1148, è un esempio del progressivo trasformarsi del romanico in gotico: un romanico normanno, un romanico di transizione e un gotico francese. In essa vediamo il sepolcro dell’abate Rodolfo, la tomba gotica dell’abate Guglielmo III, sepolcri di membri di Casa Savoia, affreschi tra i quali il più grande rappresenta la sepoltura di Gesù, la Madonna morta (soggetto raro e oggetto di dispute teologiche), la Madonna Assunta, un enorme San Cristoforo dell’Ottocento e una tela rappresentante l’Arcangelo Michele ornano l’altar maggiore.

In Chiesa vediamo 139 capitelli: vi compaiono ippogrifi, uomini incantati o urlanti, serpenti, uccellacci, giraffe, mani, teste d’asino, fiori, arpìe, sfingi, animali vari. Un “bestiario” fantastico e terrifico che si accompagna a Bacco con uva, fenicotteri, foglie di acanto. Sembrerebbe siano qui rappresentati i simboli del Bello e del bene accanto agli orrori del Male: la coscienza della complessa realtà, ma distinta, non “relativista”.
L’opera più bella è il Trittico di Defendente Ferrari, raffigurante la Madonna che allatta il bambino, tra l’Arcangelo Michele che sconfigge il demonio e San Giovanni Vincenzo che presenta alla Vergine Urbano di Miolans, abate commendatario della Sacra dal 1503 al 1522.

Defendente Ferrari fu artista “di moda” in quel tempo, sensibile e fine: in certe zone del Piemonte troviamo una sua opera in ogni parrocchiale. Alla Sacra dello stesso autore esiste anche una tela con S. Benedetto e Santa Scolastica, e un’altra con la Madonna in Trono con Bambino e Santo.
Calamità naturali, abbandono, guerre hanno reso una rovina chiostri, lo scriptorium, la biblioteca, ricostruibili solo congetturalmente: le rovine affiorano talvolta dalle nebbie o sono visibili, incombenti sulla valle, col cielo sereno.

La Sacra di San Michele è stata restaurata dalla Regione Piemonte che la gestisce a livello economico, mentre la cura spirituale è affidata ai Padri Rosminiani, che ringraziamo per la gentile collaborazione. Per ritiri o visite: tel 011.939130.
La foto del Trittico è dei padri Rosminiani