di Milo Julini

La chiacchierata sul monumento al pittore Angelo Beccaria mi ha portato a citarne l’autore, lo scultore Tancredi Pozzi ma soltanto di sfuggita. Ritengo quindi interessante spendere qualche parola su questo artista torinese d’adozione, autore tra l’altro del monumento commemorativo del re Umberto I collocato a Superga.

Va premesso che in rete le notizie su Tancredi Pozzi sono piuttosto scarse ed è curioso notare che una sua biografia non compare nella Wikipedia italiana ma in quella inglese.

Lo studioso Francesco De Caria, che ha considerato il Nostro in occasione dell’evento “Quel consentimento unanime e caldo” (Settembre 2014), scrive: «Anche per questo scultore, all’epoca assai illustre, oggi a pochi noto, sul quale ad ora risulta non esistere un’opera monografica recente di grande rilievo o comunque completa, è sufficiente osservare le date anagrafiche per rendersi conto della temperie culturale in cui visse e si trovò ad operare in ruolo di protagonista, ad onta del silenzio attuale».

Quando il Nostro era in piena attività, leggiamo nella guida “Augusta Taurinorum. Torino illustrata nelle sue Cose e nei suoi Cittadini” (1901):

«Cav. Tancredi Pozzi. – Studio: Via Giannone, N. 5.

Il cav. Tancredi Pozzi nacque a Milano nel 1864 [il 14 ottobre, da famiglia torinese originaria di Prato (Canton Ticino), ha studiato all’Accademia Albertina, N.d.A.] ed è un allievo dello scultore comm. Giuseppe Dini.

Fin da quando, nel 1884, esponeva alla Promotrice di Torino la statua Sarà tempesta?, una maschia figura di marinaio che colle braccia incrociate interroga il firmamento, si rivelò tosto giovane studioso pieno d’ardimento che voleva iniziare la sua carriera artistica con opere forti e pensate, che fossero il riflesso del suo cervello scrutatore sulle cose e sugli uomini.

Il Pozzi si diede in seguito alla scultura storica scegliendo a preferenza soggetti che gli dessero occasione di presentare gruppi equestri, conscio della maniera come era riuscito a modellare i cavalli: in Ettore Fieramosca, Tancredi innamorato [bronzetto equestre il cui titolo gioca sulla omonimia dello scultore con il personaggio de La Gerusalemme liberata del Tasso], Kamir, Tafàni molesti [un cavallo inquieto tormentato dalle punture degli insetti], Re Arduino d’Ivrea, Clelia Romana, Rez, Populus, Fetonte sul Po, Autari, noi abbiamo belli esempi di questa sua invidiabile capacità; sono cavalli focosi, sfrenati, pieni di vita, di movimento.

Il Pozzi è poi autore di due monumenti assai importanti: quello per la sua stessa famiglia, nel Camposanto di Torino, e l’altro, ad Angelo Beccaria […].

Fra le altre sue statue e gruppi ricordiamo: La Pace, Regata vinta [vittoria nella gara fra gondolieri veneziani], Il Genio delle Alpi [giovanotto sulle rocce che suona un corno da cui zampilla l’acqua, bozzetto per la fontanella di via XX Settembre angolo via Santa Teresa], Il Fischio. Eseguì inoltre: Il poema della donna, finissimo cofano in bronzo con bassorilievi ricchi di figure; Eleazar elefante in bronzo; lo Scudo a Re Carlo Alberto, nella Basilica di Superga e la lapide allo stesso Re nel Palazzo Carignano.

Datosi al ritratto, anche in questo genere di scultura il Pozzi esplicò un’attività sorprendente eseguendo oltre a un considerevole numero di busti per persone private, quelli per gli onorevoli Berti, Chiaves, Coppino, Boselli, Sineo, quello al generale Conte di Robilant, nell’Asilo del Lingotto, quelli dei compianti Principe Amedeo e Mario Andreis, nella Vedetta Alpina e quello della Regina Margherita, nell’Ospedale Infantile che dell’Augusta Donna prende nome.

Ma qui non ha termine ancora la dimostrazione dell’attività del cav. Pozzi; egli prese parte con elogiati bozzetti ai principali concorsi di monumenti e veniva premiato in quello per una Fontana monumentale in Torino.

E, cosa assai rara in artista, il Pozzi è ancora poeta: egli diede alla luce volumi di versi che spirano soavità e sentimento: Faville, Patria e preghiera, Italia, altorilievi in versi, Le Alpi, trittici, Mètope equestri, Ebano ed oro».

Per motivi cronologici, la guida “Augusta Taurinorum” non cita il monumento più noto, almeno a Torino, del Nostro: Umberto I alla basilica di Superga, inaugurato nel 1902, anno di una grande Esposizione Universale torinese.

Così ne parla Francesco De Caria: «[…] questo bronzo – di altissima fattura – è quanto mai lontano dalla nostra sensibilità e assai vicino al gusto espresso dalle feste in costume cui l’aristocrazia partecipava numerosa, e che varie pagine dei quotidiani all’occasione occupavano nei resoconti, nei quali l’articolista non poteva permettersi di dimenticare neppur un nome delle illustri famiglie e personalità».

L’analisi è piuttosto calzante e può trovare una conferma in un ricordo personale. Il guerriero Allobrogo con la corazza a squame e l’elmo gallico, antenato dei piemontesi, era stato inserito nella testata del mensile
Assion Piemontèisa”, creato e diretto da Beppe Burzio (Pier Paolo Salvaja) tra il finire del ‘900 e i primi anni del 2000: non ha mai incontrato troppa simpatia da parte dei piemontesisti ed è stato anche oggetto di ironia.

Concludiamo con questo giudizio di De Caria che appare particolarmente appropriato: «Crediamo di poter dire che nell’ambito compreso fra la celebrazione di un eroismo ad un certo punto svuotato e tradotto in maniera e la rappresentazione di un’elegante e ricca società forse inconsapevole delle bufere che incombevano, la dimostrazione di un’abilità tecnica di altissimo livello che rende le sue sculture formalmente mirabili, si muova l’arte più significativa di Tancredi Pozzi, efficace espressione di un’epoca o meglio di una società che nella bufera incombente si teneva come aggrappata ad antiche glorie e ad un potere che sarebbe stato – anche in forme drammatiche o tragiche – ridimensionato almeno nell’espressione».

Tancredi Pozzi muore, il 14 marzo 1924, a Torino dove gli è stata dedicata una breve, e anonima, via nel quartiere Mirafiori Nord, tra via Guido Reni e via Castelgomberto.

“Quel consentimento unanime e caldo” (Pasquale De Luca, da La Lettura, 1914). Tre generazioni di scultori: Bistolfi, Pozzi, Galateri, Borelli, A. Alloati. Testi di Donatella Taverna e Francesco De Caria, Quaderni d’arte del San Giuseppe n. 14, Settembre 2014.