di Paolo Barosso
Un tempo chiamata “Tabernieres”, per l’esistenza di una taverna che era un punto di riferimento per i viandanti diretti in Francia, la borgata, sita a oltre 1600 metri d’altitudine nell’alta valle Varaita, venne ribattezzata “Celle” (Lou Séles nella parlata locale, d’impronta provenzale alpina), toponimo che alcuni studiosi collegano alla presenza di un insediamento conventuale dedicato a Sant’Antonio, di possibile fondazione templare, e altri riconducono invece al pendio sassoso osservabile attorno al villaggio.
L’aggregato di Celle è una delle quattro borgate del cosiddetto Cartiér n’Aout, cioè Quartiere Alto, del vallone di Bellino (il Quartiere Basso è il Cartiér n’Avàl), una delle due diramazioni della valle Varaita che si dipartono all’altezza del comune di Casteldelfino, l’antico capoluogo della Castellata (Ciastelado), ripartizione amministrativa, chiamata Escarton, che prese forma nella prima metà del XIV secolo, insieme con quelle di Pragelato, Briançon e del Queyras, come forma di autonomia riconosciuta ad alcune comunità alpine dai conti di Albon, conosciuti come Delfini dall’emblema principale della loro arme dinastica. Nel 1349 la Castellata di Casteldelfino, che al tempo confinava con il marchesato di Saluzzo, venne incorporata nel Regno di Francia e dal 1713, con il trattato di Utrecht, entrò a far parte del Regno di Sardegna, assoggettandosi all’autorità dei Savoia.
La vicinanza di Celle al confine, dapprima fra marchesato di Saluzzo e Delfinato, poi tra Saluzzo e Francia e infine tra Francia e Regno di Sardegna, influenzò la vocazione economica del villaggio di Celle e delle borgate dell’alta valle di Bellino, favorendo la nascita di locande, punti di ristoro e alloggiamento per i viaggiatori, negozi per le provviste e botteghe di fabbri ferrai. Oltre alle attività connesse al passaggio dei viandanti, a Celle sono documentati diversi manufatti legati al funzionamento delle macchine ad acqua, come mulini, battitoi per la lavorazione di canapa e lana, fucine.
L’abitato di Celle è di notevole interesse sia per le architetture alpine, ben conservate, sia per il ricco patrimonio di affreschi parietali a carattere sacro e di meridiane. Come per tutti gli insediamenti umani d’alta quota, la scelta del sito per fondare il villaggio è stata condizionata da considerazioni riguardanti la messa in sicurezza da eventi naturali potenzialmente distruttivi, come piene alluvionali, frane, valanghe, la disponibilità di terreni coltivabili, a sua volta influenzata dalla protezione dai venti e dall’esposizione solare (il versante solatio, adrèch, preferito all’ubach, rivolto a nord), la distanza rispetto ai tragitti commerciali e alle aree di scambio.
Nella disposizione delle abitazioni all’interno del villaggio, pur in assenza di precise regole urbanistiche, si può osservare una certa pianificazione, su cui hanno inciso fattori culturali, ma anche di natura orografica, strettamente legati alla conformazione dei suoli.
Nel caso di Celle, la notevole pendenza del terreno rispetto ad esempio al villaggio di Prafauchier, che è una delle quattro borgate del Cartiér n’Aout insieme con Chiazale e Sant’Anna, ha determinato una maggiore complessità dell’aggregato, con l’addossamento delle case composto a scaletta secondo uno schema per cui le abitazioni retrostanti si impostano in comunione di muri su quelle antistanti.
L’impostazione viaria del villaggio di Celle, inoltre, è del tipo a scacchiera, con due strade principali parallele, di cui una corrispondente al Chemin Royal (o Viò vieio), l’importante itinerario che collegava Casteldelfino e la Castellata alla Francia, e una serie di stradine perpendicolari, dette quintàno, che servono non solo a collegare le due vie principali e a consentire l’accesso alle case, ma anche a raccogliere lo stillicidio dei tetti e convogliare a valle l’acqua da essi derivante.
Nel 1522, con il permesso del vescovo di Torino, si edificò a Celle una cappella intitolata alla Spirito Santo, eretta poi in parrocchia con la visita pastorale del 1770. Inoltre, nella parte ovest dell’abitato è presente la chiesa della Confraternita di San Siro. Strutture di uso comunitario, ancora oggi visibili, sono il forno, il lavatoio e le fontane pubbliche in pietra.
Tra gli elementi decorativi di pregio di cui è ricco il villaggio, risalta la parete d’una casa affrescata con temi iconografici originali: una Trinità triandrica e cristomorfa, che è un modo di rappresentare la Trinità considerato non più appropriato dalla Chiesa a partire da metà Settecento, la scena della Crocifissione vista da dietro con Maria e la Maddalena raffigurate in ginocchio, e una raffigurazione della Sindone di Torino sorretta da tre angeli, che richiama una devozione molto diffusa in Piemonte e negli Stati Sabaudi.
Per completare il tour della borgata, consigliamo di visitare il Museo del Tempo e delle Meridiane, allestito nei locali della ex scuola elementare, che illustra le modalità messe a punto dai montanari per misurare il fluire del tempo e organizzare la giornata. L’esposizione documenta, in particolare, l’arte della gnomonica, presentando al pubblico gli elementi costitutivi e caratteristici di una meridiana.