Testo e foto di Paolo Barosso

Su un poggio a nord-ovest della città di Asti, in splendida posizione panoramica, si trova la chiesa parrocchiale di Maria Ausiliatrice di Viatosto che, nella struttura attuale, rappresenta l’esito del prolungamento e della parziale riedificazione in forme gotiche trecentesche di un preesistente edificio di culto romanico, indicato nelle fonti con il titolo di Santa Maria di Riparupta.

Veduta della chiesa di Viatosto sulla sommità della collina – ph ATL Asti

Già attestata in un documento della fine del XII secolo (conservato nell’archivio capitolare di Asti), la chiesa primitiva era probabilmente la pieve di un villaggio poi scomparso, che doveva sorgere sulla collina di Viatosto, il cui toponimo appare di incerta e discussa origine.

L’antica costruzione, di cui l’odierna chiesa ingloba alcuni elementi architettonici e decorativi, venne ampliata e riplasmata nel XIV secolo, tra il 1340 e il 1350, su committenza di facoltosi esponenti del patriziato astigiano, che lasciarono, come segno concreto del proprio afflato devozionale, gli stemmi gentilizi dipinti e scolpiti e gli affreschi votivi di cui è adorno l’interno.

Giungendo sul sagrato della chiesa, dopo aver ammirato il panorama sulla città e le colline che le fanno da contorno, definite dalla catena alpina all’orizzonte, si percepisce subito l’armonica integrazione della fondazione romanica preesistente con la linee gotiche derivanti dagli interventi trecenteschi.

Dettaglio del portale d’ingresso.

La facciata, a salienti interrotti, presenta un portale con leggero aggetto e a forte strombatura, decorato da cordonature caratterizzate dal cromatismo tipico del romanico astigiano e monferrino, con l’alternanza del bianco della pietra arenaria e del rosso del laterizio. Il campanile, costruito a cavallo tra XV e XVI secolo, venne sopraelevato alla fine dell’Ottocento.

Scorcio dell’abside a pianta pentagonale.

L’interno conserva la ripartizione originaria in tre navate, con quella centrale conclusa da una grande abside. Il cantiere trecentesco modificò in parte l’aspetto interno della chiesa, con il prolungamento della fabbrica, la realizzazione di volte a crociera costolonate e la trasformazione secondo uno schema planimetrico pentagonale dell’area dell’abside, che presenta, agli angoli, piccole semicolonne addossate alla parete.

I pilastri quadrilobati tra le navate presentano interessanti capitelli in arenaria, rusticamente lavorati con motivi ornamentali tratti dal mondo vegetale e animale, tutti diversi tra loro e in parte recuperati dalla precedente costruzione romanica (ad esempio, si ritiene che il capitello a sinistra dell’ingresso, con due leoni attorno a una spiga di grano, di fattura più rozza rispetto agli altri, appartenga alla fase romanica).

Uno dei capitelli interni, scolpiti con elementi antropomorfi, zoomorfi e araldici.

Gli affreschi che ornano l’interno risalgono a periodi diversi e vennero eseguiti in almeno cinque differenti campagne decorative, condotte tra l’inizio del Trecento e il primo Novecento, quando, precisamente nel 1906, si realizzò l’ultimo intervento, con pitture ispirate al gusto neo-gotico, ancora rintracciabili in testa alle navate laterali, dove si osservano stelle dorate e finti conci.

Veduta d’insieme dell’interno.

Le decorazioni pittoriche del presbiterio vengono fatte risalire agli anni Ottanta e Novanta del XIV secolo e sono attribuite al cosiddetto “Maestro di Viatosto”, rimasto anonimo, cui si deve, in particolare, il San Giorgio che uccide il drago, la scena dell’Annunciazione, una Madonna del Latte (ve ne sono altre tre, rispondenti a questa tipologia, visibili su due colonne della navata centrale) e, sopra la porta del campanile, la rappresentazione ad affresco della “leggenda di Viatosto”, uno schema iconografico raro, simile ad un ex voto, che mostra Sant’Antonio Abate, intercessore e taumaturgo, nell’atto di presentare alla Madonna tre nobili astigiani.

La frequenza, nel repertorio iconografico, di Madonne allattanti fa presumere che la chiesa di Viatosto fosse meta devozionale per le giovani donne, alla ricerca della grazia del parto e del dono del latte.

L’area absidale con il grande crocifisso appeso e la nicchia sul fondo, dove si trova la statua lignea trecentesca della Madonna di Viatosto.

Nella chiesa sono custodite altre opere d’arte sacra degne di nota: nella nicchia dell’abside si trova una Madonna lignea trecentesca che sostiene con la mano sinistra il Bambino intento a giocare con un uccellino, nella cappella di destra si ammira una tavola lignea, sempre databile al Trecento, raffigurante la Madonna con il Bambino, detta Madonna delle ciliegie o anche Madonna di Valmanera in quanto proveniente dalla certosa astigiana di Valmanera, soppressa in epoca napoleonica con conseguente dispersione degli arredi e delle opere ivi contenute, infine nella cappella di sinistra è collocato un gruppo scultoreo in pietra arenaria dipinta con l’incoronazione della Beata Vergine, risalente al Quattrocento.

Qui, a fungere da supporto all’edicola con il gruppo scultoreo della Beata Vergine, si trovava, fino al trafugamento avvenuto nel 1870, un magnifico capitello in arenaria (oggi ne esiste una copia), scolpito in altorilievo sulle quattro facciate e dipinto.

Acquistato sul mercato antiquario dal marchese Emanuele Tapparelli d’Azeglio, che lo donò al Museo Civico d’Arte Antica di Torino, dove attualmente è conservato, il capitello mostra un ricco apparato scultoreo che è stato attribuito al “Maestro di San Domenico di Chieri” per le analogie stilistiche con le opere di questo autore conservate nell’antica chiesa chierese. Gli altorilievi policromi, che uniscono una “cultura di estrazione tardo-campionese ai modi del Gotico internazionale”, raffigurano l’Annunciazione, i santi Secondo e Stefano, san Francesco che presenta un devoto, due angeli serafini e un cherubino cantori.