“E’ assai pericoloso da attraversare nel periodo delle abbondanti nevicate per due motivi, dicono gli abitanti di quel paese. Una, perché si devono avere buone guide, che essi chiamano “marroni” (marrons nella parlata locale, di matrice franco-provenzale), per trovare la via che è coperta e per non perdersi; l’altro motivo perché il vociare fa cadere la neve con impeto, dicono i marroni. E per questa ragione, ci impedirono di parlare ad alta voce”.
Così si esprime, nelle sue memorie di viaggio, Bertrandon de la Broquière, che fu agente segreto al servizio del duca di Borgogna e pellegrino in Terra Santa nel 1432-1433, uno dei tanti viandanti che, nel corso dei secoli, dovettero affrontare le fatiche dell’ascesa al valico del Moncenisio, fondamentale via di passaggio attraverso la barriera delle Alpi occidentali.
Proprio al territorio alpino del Moncenisio, oggi politicamente suddiviso tra il Piemonte italiano e la Savoia francese, ma che fino al trattato di Torino del 24 marzo 1860 ha fatto parte di un unico Stato, quello sabaudo, è dedicata l’ultima fatica dello scrittore biellese Roberto Catuzzo Moglia, “La strada del Moncenisio e i lavori dei valligiani biellesi”, edito dalla Tipografia Rosso di Valdilana (Biella). Ingegnere meccanico e cultore di fotografia, Catuzzo Moglia fa confluire la sua passione per l’escursionismo in alta montagna e per la storia militare del Piemonte e le fortificazioni in quest’opera in cui ripercorre le vicende del Moncenisio e del suo territorio, focalizzandosi sullo sviluppo dei collegamenti tra la Valle di Susa e la Maurienne, che portarono, con il tempo, a trasformare un semplice sentiero tra le montagne in una via di comunicazione e di transito internazionale.
Nella narrazione, l’autore non si limita a ricostruire avvenimenti storici e rivolgimenti politici, che hanno spostato i confini di Stato, modellato il paesaggio fino quasi a stravolgerlo, come accaduto con la costruzione della diga in terra del 1968, e influito sulle condizioni di vita dei montanari che, ad esempio, con il tracciamento nel primo Ottocento della strada carrozzabile napoleonica, in luogo della precedente Strada Reale, furono privati della tradizionale fonte di reddito, derivante dal mestiere di guide e portatori, i cosiddetti “marrons”, ma rivolge una particolare attenzione alle vicende delle persone che lavorarono, con tanta fatica e dedizione, alla realizzazione delle opere militari, legate alle esigenze della difesa, e delle comunicazioni stradali e anche ferroviarie (la straordinaria, ma dimenticata, Ferrovia Fell) che videro la luce, nel corso dei secoli, nel territorio del Moncenisio.
In molti casi, questi lavoratori, operai e impresari, furono di origine biellese, come lo è l’autore del libro, originari in particolare della Valle Cervo, nota un tempo come Valle di Andorno, inesauribile fonte di abili scalpellini, esperti nel taglio e nella lavorazione della pietra (la “sienite” estratta nelle cave valligiane), impiegati tra Settecento e Ottocento nei tanti cantieri edili, civili e militari, fioriti nella capitale, Torino, e nei territori dello Stato Sabaudo.
E’ importante ricordare, per rimarcare gli ostacoli incontrati da queste persone, che il punto più alto raggiunto dal tracciato, supera i 2000 metri di altitudine e, quindi, i mesi per effettuare i lavori sono da sempre limitati alla bella stagione, durante la quale erano comunque frequenti nevicate con vento forte e nebbia fitta. Oltre alla strada, soprattutto nel periodo napoleonico, viene prestata particolare attenzione all’assistenza dei viandanti che percorrevano la via di comunicazione del Moncenisio a piedi e, successivamente, con le carrozze.
Al riguardo, l’autore riporta alla memoria la figura dei “marrons”, i robusti uomini della Val Cenischia (Novalesa, Venaus) e di Lanslebourg in Savoia (oggi frazione del comune di Val-Cenis) che si dedicavano al faticoso mestiere di guida e di portatore lungo le impervie mulattiere del Moncenisio, utilizzando rudimentali portantine (le “cadreghe”) e resistenti slitte (dette “ramasses” in quanto, in origine, costituite da fasci di rami).
Ampio spazio è dedicato alla storia delle varie strutture realizzate per l’accoglienza, a partire dai primi rifugi e locande, fino ad arrivare all’edificazione del grande Ospizio Napoleonico, del quale sono inserite numerose foto d’epoca e una pianta con varie sezioni. I lavori per rendere sicura la zona non riguardano solo le costruzioni civili ma anche le numerose opere militari che hanno dovuto essere aggiornate per rimanere al passo con l’evoluzione degli armamenti.
La narrazione prosegue poi con un capitolo dedicato alla Ferrovia Fell, con la descrizione del suo tracciato, accompagnato da foto d’epoca. L’attenzione è sempre posta sulle persone che vi lavorano e su chi, come passeggero, ha utilizzato questo innovativo, ma sfortunato mezzo di trasposto, il cui destino è legato alla realizzazione del traforo del Frejus.
La storia più recente di questo territorio alpino è, inoltre, strettamente legata allo sfruttamento delle risorse idriche che, come è già stato sottolineato, ha provocato un rilevante cambiamento nell’aspetto e nella morfologia, tramite la realizzazione di dighe sempre più imponenti, al fine di ottenere un bacino idrico di maggiori dimensioni.
La Seconda Guerra Mondiale e il periodo successivo hanno portato ai cambiamenti più significativi, non solo nel pianoro del Moncenisio, ma anche in tutto il territorio circostante, coinvolgendo sensibilmente la popolazione locale.
L’appassionata e coinvolgente narrazione si conclude con una breve descrizione dei giorni nostri e di quanto rimane del glorioso passato, e in ogni passo dell’opera emerge, come un leit motiv, un argomento caro all’autore, il ruolo importante svolto dai Valligiani Biellesi nella realizzazione sia delle opere civili che di quelle militari, e anche nella loro demolizione in seguito ai trattati di pace tra le nazioni confinanti.
Il libro è disponibile presso le seguenti librerie:
Torino: Libreria La Montagna
Valle di Susa: Librerie Panassi
Biella: Libreria Il Libro e libreria De Alessi
Tutte le immagini dell’articolo, tratte dal volume “La strada del Moncenisio e i lavori dei valligiani biellesi”, sono state pubblicate con il permesso dell’autore del libro.