Testo e foto di Paolo Barosso

La chiesa di San Ferreolo, immersa nella quiete campestre di Grosso Canavese ai piedi delle grandi Vaude di Rocca e di Nole, si fa risalire come fondazione agli esordi dell’XI secolo e, secondo gli studiosi, mostra elementi caratteristici dell’architettura benedettina tanto da ritenere probabile la sua erezione al tempo del vescovo di Torino Landolfo (1011-1035).

Esternamente si presenta nella sua composta eleganza romanica, con abside orientata (rivolta a est) e fornita di tre strette feritoie a doppia strombatura. La struttura muraria è in ciottoli di fiume (tratti dal vicino torrente Banna) disposti a spina di pesce (opus spicatum) legati da malta e frammisti a laterizi mentre l’unica concessione all’ornamento è la cornice di archetti pensili che corre lungo l’intero perimetro.

L’interno, a navata unica e copertura a capriate in vista, presenta interessanti affreschi: più antichi quelli dell’area absidale, datati all’XI/XII secolo e accostati da Augusto Cavallari Murat alla scuola pittorica di Reichenau (complesso abbaziale bavarese situato su un’isola del lago di Costanza, famoso per il prezioso ciclo di affreschi di epoca ottoniana raffigurante i miracoli di Cristo), di fattura quattrocentesca gli altri, realizzati sulla parete di sinistra.

Gli affreschi dell’area absidale

Nel catino absidale campeggia la figura ieratica del Cristo pantocratore assiso su un trono rivestito di broccato che, secondo il Cavallari Murat, unisce i modi dell’arte compendiaria romana all’esperienza bizantina: la stessa impronta si rileva osservando le figure degli apostoli che occupano il registro inferiore, tra le finestrelle dell’abside. Secondo Aldo Moretto, che data gli affreschi al principio del XII secolo, considerandoli appartenenti a una fase di “romanico avanzato” per “sicurezza compositiva e per estrema abilità e delicatezza cromatica”, risultano evidenti, almeno in parte, influssi cluniacensi, con assonanze con analoghe composizioni realizzate nei possedimenti benedettini di Berzé-la-Ville in area borgognona e di Regensburg (Ratisbona) in Baviera.

Madonna con il Bambino: nel volto della Vergine si riconoscono le sembianze di Jolanda di Valois, consorte del duca Amedeo IX di Savoia

Tra gli affreschi delle pareti laterali spicca la Madonna con il Bambino (o Madonna del latte), affiancata dall’arme dei Cavalleri, signori del luogo e committenti dell’affresco: il volto della Vergine, realizzato nel 1472, sembra riprodurre le fattezze di Jolanda di Valois, figlia del re di Francia Carlo VII e consorte del duca di Savoia Amedeo IX.

Interessante è anche la sottostante figura di San Bernardino da Siena, canonizzato nel 1450, molto venerato in Piemonte, e l’affresco che propone il tema iconografico delle Virtù e della Cavalcata dei Vizi, di maniera quattrocentesca. L’opera, dallo stile popolaresco, vivo e diretto, si richiama a uno tipologia diffusa nel tardo Medioevo nell’area alpina occidentale, tra Provenza, Piemonte, Savoia, Delfinato.

La rappresentazione delle Virtù e la Cavalcata dei Vizi

Il registro superiore è dedicato alle personificazioni femminili delle Virtù, ciascuna inserita dentro una nicchia e provvista di corona e di cilicio, simbolo di penitenza. A questa fascia si contrappone, in funzione di ammonimento morale, il registo inferiore in cui si susseguono le personificazioni dei Vizi, rappresentati sempre da figure femminili tormentate da diavoletti, raffigurate in groppa a un animale, simbolicamente collegato al tipo di peccato capitale commesso, e dirette verso la porta dell’inferno.

Secondo alcuni studiosi in questa interpretazione del tema s’intrecciano i modi tipici dell’arte quattrocentesca delle Alpi occidentali con varianti che richiamano l’area culturale centro-italica: ad esempio l’allegoria della Prudenza è resa da una donna dal triplice volto – giovane, maturo e anziano – tipizzazione adottata nel centro Italia, ed è connotata da due oggetti, il compasso, allusivo alla misura nel giudizio, e lo specchio, richiamo alla capacità di vedersi come si è, entrambe soluzioni riferibili all’iconografia medievale alpina.

Le personificazioni dei Vizi: la Gola, l’invidia e la Pigrizia

Discusso è il tema della dedicazione a San Ferreolo, l’evangelizzatore della Franca Contea (venerato come San Ferreolo di Besançon) martirizzato nel 211/212 d.C. cui sono dedicate molte chiese nel territorio tra Lione e Besançon (l’antica Burgundia), ma il cui culto è poco diffuso in area piemontese. Secondo alcuni studiosi l’intitolazione al santo non sarebbe quella originaria, dato che mancano raffigurazioni a lui dedicate nell’apparato pittorico e le figure che affiancano il Cristo Pantocratore sono San Giovanni e la Madonna. Un documento del 1386 lo cita comunque già come santo titolare della chiesa.

Il culto di San Ferreolo, poco attestato in Piemonte, è legato alle strade e al passaggio di pellegrini e viandanti. L’osservazione appare coerente con la tradizione locale che parla di un’antica strada pedemontana, costruita in epoca romana e poi caduta in disuso, che metteva in comunicazione Aosta e Ivrea con Avigliana e l’area della bassa Valle di Susa, e quest’ultima con la Borgogna transalpina, da cui potrebbe essere giunto il culto di San Ferreolo attraverso la mediazione di Guglielmo da Volpiano, figura di monaco costruttore cui si deve la fondazione delle due abbazie dedicate a San Benigno, quella borgognona di Digione e quella piemontese di Fruttuaria nel Canavese.

Note bibliografiche e siti internet:

Caterina Calza e Attilio Bonci, Nelle terre di Margherita di Savoia. Vademecum di itinerari storico-artistici da Lanzo a Torino, Ciriè, 2002

Augusto Cavallari Murat, Tra Serra d’Ivrea, Orco e Po, Torino, 1976

www.archeocarta.org

www.percorsiartestoriafede.it

www.credendaridelcerro.com