di Paolo Barosso

L’abitato di Lemie, nella parte mediana della valle di Viù, la più meridionale delle tre valli di Lanzo, si adagia su un promontorio ricoperto di faggi e castagni, allo sbocco del vallone del rio d’Ovarda, dominato dalla cima imponente della Torre d’Ovarda che supera di poco i 3000 metri di quota.

Veduta del paese di Lemie dal poggio su cui sorge la chiesa parrocchiale di San Michele.

L’etimologia del toponimo, Lemie, è incerta: c’è chi ne sostiene la derivazione dal vocabolo latino limen, confine, nel significato di località di frontiera, forse a suggerire la presenza di un attestamento militare romano, e chi, con un’argomentazione suggestiva, ne fa risalire l’origine al termine sempre latino lamiae, a designare un luogo “infestato da streghe o creature dai poteri sovrannaturali” (il termine è tratto dalla mitologia greca per cui le “lamie” erano esseri femminili mostruosi, a metà tra la strega e il vampiro, che rapivano e divoravano i bambini). Le streghe, però, nel folclore delle valli piemontesi sono in genere identificate con il vocabolo masche, che compare per la prima volta in una disposizione dell’Editto di Rotari, corpus normativo longobardo risalente al 643.

La chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo.

Il paese di Lemie vanta un ragguardevole patrimonio architettonico, storico-artistico e religioso. Nel punto più alto del promontorio su cui sorge l’abitato, svetta la chiesa parrocchiale dedicata a San Michele Arcangelo, di fondazione medievale, ma completamente riplasmata tra la fine del Seicento e il primo Settecento, con un interno impreziosito dagli affreschi eseguiti nella seconda metà dell’Ottocento dal pittore valligiano, nativo di Viù, Giovanni Battista Fino, cui si deve anche la pala dell’altare maggiore.

Un altro edificio religioso che merita attenzione è la cappella della Santa Sindone, d’impianto seicentesco, che custodiva, fino a qualche tempo fa (prima del trasferimento in luogo protetto), un dipinto raffigurante il telo sindonico, con gli angoli superiori annodati e la doppia immagine del corpo di Gesù rappresentato “con veristica anatomia”.

La presenza della cappella e del quadro si collegano all’ipotesi, avanzata da diversi studiosi come Giovanni Donna d’Oldenico, fondatore nel 1946 della Società Storica delle Valli di Lanzo, e da don Luigi Caccia, parroco di Lemie, che la Sindone, nei suoi spostamenti tra Chambéry e Torino nel 1535 e nel 1578, possa essere transitata per le valli di Lanzo e forse proprio per la più appartata valle di Viù, itinerario che, in quel periodo, pur essendo più difficoltoso per l’altezza considerevole dei valichi (il colle dell’Autaret, sopra Usseglio, supera i 3000 metri di quota), garantiva però condizioni di maggiore sicurezza rispetto alla valle d’Aosta o alla valle di Susa, esposte al rischio di attacchi da parte degli Ugonotti e dei Calvinisti, ostili al culto delle reliquie.

La parrocchiale di San Michele Arcangelo.

Il centro del paese è poi dominato dall’imponente fabbricato della Piccola Casa della Divina Provvidenza, di proprietà del Cottolengo di Torino, che racchiude un vero e proprio gioiello artistico, il ciclo di affreschi realizzati nel 1546 per ornare gli interni della cappella appartenuta alla Confraternita della Vergine Maria, poi intitolata al SS. Nome di Gesù, che alla fine dell’Ottocento fu incorporata nel complesso architettonico.

Lemie: scorcio del paese.

Il lavoro pittorico, commissionato dai componenti della facoltosa famiglia Goffi (raffigurati in veste di donatori), dediti fin dai secoli centrali del Medioevo alla redditizia attività mineraria legata all’estrazione e alla lavorazione del ferro e del rame, di cui sono ricche le montagne circostanti, è stato accostato, per alcune analogie, alla scuola di Giovanni Martino Spanzotti e Defendente Ferrari, due maestri del Rinascimento piemontese, e propone episodi della Vita di Gesù e di Maria.

Cappella della Confraternita del SS. Nome di Gesù: il grande affresco con la Madonna in Trono tra santi e i committenti della famiglia Goffi in ginocchio (foto tratta dal gruppo fb “Amatori dell’arte romanica e gotica del Piemonte”).

Oltre a questo, vi troviamo rappresentate figure di santi legati alla tradizione devozionale delle valli di Lanzo, tra cui San Michele Arcangelo, provvisto di un’armatura dalla foggia quattrocentesca, con la bilancia per la pesatura delle anime (psicostasia) e nell’atto di schiacciare e trafiggere il demonio, secondo il suo ruolo di difensore della Cristianità e antagonista di Satana, e, nell’arco che dava l’accesso al presbiterio, San Bernardo di Mentone, raffigurato secondo i dettami dell’iconografica classica, mentre sottomette il diavolo tenendolo incatenato.

Nel territorio di Lemie, ma al di fuori del centro abitato, sorgono inoltre due importanti santuari mariani, entrambi sorti, come sovente accade, attorno ad antichi piloni votivi, eloquenti testimoni di religiosità popolare alpina. 4

Il primo, posizionato a 1890 metri d’altitudine, in cima al Collombardo (o Colombardo), il passo montano che consente di raggiungere il versante valsusino di Condove, è il santuario della Madonna degli Angeli. Costruito tra il 1870 e il 1905 nell’area dove, in precedenza, sorgeva una cappella eretta nel 1705, che inglobava un preesistente pilone votivo, l’edificio sacro era meta di pellegrinaggio devozionale, ma fu anche teatro di accese dispute tra i residenti nelle borgate degli opposti versanti, che si contendevano la proprietà e lo sfruttamento dei ricchi pascoli della zona dando origine a dissidi legali, ma anche a violente liti che, in certe occasioni, degenerarono in scontri sanguinosi tra le fazioni rivali dei lemiesi e dei mocchiesi. Tra i tanti episodi, ricordiamo quello, particolarmente cruento, che si verificò la mattina del 2 agosto 1837, giorno della festa della Madonna degli Angeli, fissato nella memoria popolare come la “battaglia del Collombardo”.  

Il santuario della Madonna degli Angeli al Collombardo – foto tratta dal gruppo fb “Piemonte da scoprire”.

Discussa è l’origine del nome, Collombardo, spiegata dai cultori di storia locale con tre diverse ipotesi. La prima è che il toponimo faccia riferimento alla direzione dei venti che spirano sul valico, che si dispongono spesso dai quadranti orientali, quindi dall’odierna Lombardia, mentre altri ne sostengono la derivazione dal passaggio dei mercanti “lombardi”, accezione che, nelle fonti del periodo medievale, era riferita non solo agli abitanti dell’odierna Lombardia, ma anche ai piemontesi, in particolare astigiani e chieresi, che intrattenevano proficui commerci con le regioni transalpine e del nord Europa, transitando d’abitudine per i valichi alpini.

Esiste poi una terza, suggestiva, ipotesi, che mette in correlazione “lombardo”, contrazione di “longobardo”, con una possibile frequentazione del valico da parte dei Longobardi, che sopraggiunsero in area piemontese nella seconda metà del VI secolo, ma che furono arrestati nella loro prorompente espansione verso ovest dalla resistenza dei Burgundi, popolo federato ai Franchi. Tale ipotesi si connette altresì al curioso nome assegnato a una delle alture che attorniano il colle, chiamata “Tomba di Matolda”, che un certo filone leggendario collega alla figura, storicamente non documentata, di Matolda, principessa di sangue longobardo, che qui sarebbe stata sepolta, insieme con un favoloso tesoro, nascosto – si dice – dai Longobardi in fuga precipitosa dopo la battaglia delle Chiuse contro Carlo Magno.

La Madonna degli Olmetti in frazione Chiandusseglio di Lemie.

L’altro santuario mariano di Lemie s’incontra percorrendo la strada del fondovalle, all’altezza della frazione Chiandusseglio, ed è conosciuto con il nome di Madonna degli Olmetti per via dei boschetti di olmi che prosperavano nella zona. Una prima chiesa, fin dalle origini meta di pellegrinaggio, venne edificata nel 1721 sul sito di un pilone votivo che fu testimone di un fatto miracoloso e che si trova oggi incorporato nella struttura del santuario, in seguito ingrandita e rimaneggiata.

Come risulta dalla lettura dell’atto notarile con cui si certificò la veridicità dell’evento, nel 1701 un pescatore di nome Bernardo Bovero, residente con la famiglia nella borgata di Castagnole di Germagnano, s’era recato a “prendere pesci” lungo la Stura, nel territorio di Lemie, e qui, giunto in località Olmetti, si era raccolto in preghiera dinnanzi all’effigie della Vergine affrescata su un pilone implorando l’intercessione mariana per la salute dei due figli, che giacevano gravemente ammalati e in pericolo di vita. In base al resoconto notarile, l’uomo, tornata a casa, trovò i figlioli completamente ristabiliti, “sani e liberi”, facendosi in seguito promotore della costruzione d’una cappella che includesse il pilone con l’immagine venerata.

Nacque così, dall’adempimento d’un voto, il santuario degli Olmetti, che appare circondato, per l’intero perimetro, da un suggestivo camminamento provvisti di portici, aggiunto in una fase successiva come riparo per i pellegrini, che accorrevano sempre più numerosi.

La località degli Olmetti è, inoltre, luogo di leggende: si narra, infatti, che vi si radunassero le masche della valle di Viù per celebrare i riti legati al sabba e, in un periodo imprecisato, prese anche forma la credenza, forse indicativa di pratiche cultuali pre-cristiane connesse al culto dei morti, che, nella notte dell’8 settembre, giorno della festa della Natività di Maria, si muovessero in processione, attorno alla chiesa, le anime dei defunti.

Possiamo ipotizzare che la costruzione in loco di un pilone con l’immagine della Vergine, cui potersi affidare per soccorso e protezione, sia stata promossa in tempi remoti dalla comunità lemiese proprio con una funzione apotropaica, tranquillizzante, per esorcizzare ancestrali paure, connesse al raduno delle masche o al possibile ritorno delle anime dei defunti. D’altronde i pilon delle nostre campagne, con le nicchie abitate da immagini mariane e dalle figure di santi depositari di poteri taumaturgici e protettivi, non venivano mai costruiti a caso, senza una precisa motivazione: spesso li ritroviamo presenti nei luoghi che segnavano i confini estremi del territorio abitato da una comunità, nel ruolo di sentinelle soprannaturali, quasi a formare una “cintura sanitaria” a difesa della stessa.  

Scorcio di Lemie.

Per la visita alla frazione Forno di Lemie, con gli affreschi di scuola jaqueriana della cappella di San Giulio (1486) e il ponte quattrocentesco sulla Stura, conosciuto come ponte Goffi (1477), rimandiamo all’articolo già pubblicato e disponibile qui: Forno di Lemie, la cappella di San Giulio e gli affreschi di scuola jaqueriana.

Riferimenti bibliografici e siti internet:

Delfina Sissoldo, Alla riscoperta delle Valli Piemontesi. Lanzo, Editrice Il Punto-Piemonte in bancarella, 1977.

Augusto Cavallari Murat, Lungo la Stura di Lanzo, Istituto Bancario San Paolo di Torino, 1972.

 www.comune.lemie.to.it, Guida Turistica

www.percorsiartestoriafede.it, Percorsi di Arte, Storia e Fede nel Canavese, Ciriacese e valli di Lanzo