di Milo Julini

Nel commemorare la morte di San Giovanni Bosco, ho ricordato come nel maggio del 1929, nell’imminenza della proclamazione a Beato, dopo la ricognizione della sua salma sepolta in Valsalice, questa era stata ricomposta e oggetto di un intenso pellegrinaggio. Fra i moltissimi pellegrini vi era anche Maria Bruneri (Torino, 5 settembre 1881 – 14 gennaio 1948), sorella di quel Mario Bruneri noto come lo “Smemorato di Collegno”, gravemente inferma per un tumore al fegato.

Mi pare interessante soffermarmi su questo corollario del clamoroso caso giudiziario dello “Smemorato”, o caso “Bruneri-Canella”, iniziato nel 1927 e, a quel tempo, in pieno svolgimento.

Maria Bruneri

La famiglia Bruneri abita al numero 18 di via Milano, nel palazzo del conte Faussone di Germagnano che ostenta nella facciata i leoni presenti nello stemma del casato del nobile personaggio.

I problemi economici sono iniziati dall’anno 1891, quando è morto prematuramente il padre Carlo, a soli 43 anni, lasciando la moglie Eugenia Mantaut con quattro figli: Maria, di 9 anni, Felice di 7, Mario, nato a Torino il 18 giugno 1886, di 5 e Matilde di pochi mesi. Privi del sostegno del capofamiglia, i Bruneri, che per parte della madre Eugenia Mantaut, discendono da una illustre casata piemontese, i Valperga di Caluso, sono ridotti a vivere con la rendita di un lascito nobiliare all’ospedale San Giovanni, di circa seicento lire annue. Per tirare avanti, la madre – allora di 39 anni – e la figlia maggiore Maria hanno intrapreso l’attività, faticosa e poco remunerativa, del confezionamento di ombrelli in casa.

La famiglia Bruneri, nella pur difficile situazione, trovava conforto nella fede, che la madre ha trasmesso ai figli, ad eccezione di Mario che si atteggiava a libero pensatore ateo.

La giovane Maria, ragazza bella, sorridente e gioiosa malgrado le sofferenze, che aiutava i familiari col suo lavoro di sarta, frequenta l’Oratorio salesiano di Valdocco, poco distante dalla sua casa.

A 24 anni decide di consacrarsi a Dio e, nel 1922, sceglie la Compagnia di Sant’Orsola, fondata nel 1535 da Sant’Angela Merici e sorta a Torino nel 1860 per opera del gesuita Padre Sapetti.

L’episodio più significativo della sua esistenza avviene in via San Domenico dove ha sede l’istituto che ha la finalità di assistere gli ammalati a domicilio.

Accostiamoci ad esso direttamente dalle colonne de “La Stampa” del 3 ottobre 1929, che titolano: “La sorella di Mario Bruneri ridotta in fin di vita vede Don Bosco e guarisce improvvisamente”.

Così il cronista si rivolge ai suoi lettori:

«[…] la cronaca registra […] un’altra novità: l’improvvisa, straordinaria guarigione di Maria Bruneri che la scienza medica aveva già dichiarata inguaribile. […] Nella primavera del 1927, Maria Bruneri si sentì così debole da non poter più nemmeno inghiottire il cibo.

Quando furono celebrate, nello scorso maggio, le feste per la traslazione della salma di Don Bosco, dalla Chiesa innalzato agli onori degli altari, Maria Bruneri volle recarsi a Valsalice, per pregare sulla tomba del nuovo Beato. Vi si fece naturalmente trasportare in vettura. Quando essa si inoltrò, sorretta da due compagne, nel giardino dell’Istituto, vi fu chi, osservando il suo viso diafano, le sussurrò alle spalle: «Povera figliola! Non c’è che Don Bosco, oramai, per te!». […] Raccontano le compagne di Maria Bruneri che, rientrata nell’Istituto di via S. Domenico, essa stette per circa cinque giorni senza riprendere i sensi. Il medico affermava che non c’era più nulla da fare. Il 29 giugno avvenne un consulto».

Interrompiamo la lettura per spiegare che il cronista fa riferimento al 1927 perché due anni prima si sono svolti i drammatici confronti quando i Bruneri hanno riconosciuto nello “Smemorato” il loro congiunto Mario che però li ha rinnegati senza un attimo di cedimento!

Lo “Smemorato” era stato identificato in precedenza dalla signora Giulia Canella come il proprio marito, professor Giulio Canella, capitano di fanteria, nato a Padova il 2 dicembre 1882 e disperso dopo la battaglia di Nitzopole, presso Monastir, in Macedonia il 25 novembre 1916. E sosteneva, con forza e con convinzione, di essere “Giulio Canella”!

Maria, molto legata al fratello Mario, ha molto sofferto quando questi ha rinnegato i familiari. Inoltre, per le sue profonde convinzioni religiose, disapprova profondamente che il fratello sposato sia andato a convivere maritalmente con una donna già sposata con altro uomo.

La madre Eugenia Mantaut, gravemente sofferente di cuore, non è mai stata messa confronto con lo “Smemorato” per timore che l’emozione potesse esserle fatale. In ogni caso è stata molto addolorata dal fatto che il figlio prediletto l’abbia rinnegata.

Nei giorni 2 e 3 di quel luglio 1929, si sono svolte le udienze alla Corte d’Appello di Torino che con sentenza del 7 agosto confermerà la sentenza del Tribunale Civile di Torino del 5 dicembre 1928 che identificava Mario Bruneri nello “Smemorato”.

Da parte sua Mario Bruneri si ostina a impersonare a tutti gli effetti il professore veronese Giulio Canella e lo fa con zelo, visto che il 21 novembre 1928 è nata Elisa, figlia sua e di Giulia Canella. Ma in quel luglio 1929 deve impegnarsi con particolare diligenza nella sua simulazione visto che a Torino, dove si reca per seguire l’andamento del processo, trova gravemente ammalate le due donne della sua famiglia che lo hanno più amato, la madre e la sorella Maria. Riesce però a non tradirsi, anche a costo di rinnegare la madre.

Riprendiamo la lettura dell’articolo de “La Stampa”: «Ed ora lasciamo che il susseguirsi degli avvenimenti sia narrato dalla stessa ammalata.

Il 5 scorso luglio, verso le ore 6 – racconta Maria Bruneri – mi trovavo come assopita. Ed ecco che vedo venirmi incontro mia madre. [Eugenia Mantaut Bruneri muore il 4 luglio 1929, n.d.a] Si siede accanto al mio letto, mi prende nelle sue le mani e mi dice: «Ti ho sempre raccomandata alla Consolata. Ora più ancora. La mia missione è finita quaggiù. Per questo me ne sono andata; non mi seguirai, perché devi fare ancora del bene. Vieni con me… – mi dice, invitandomi a seguirla… – Ed ecco che io mi trovo con lei nel santuario di Maria Ausiliatrice. Lo vedi Don Bosco? – mi andava sussurrando. – Lo vedi? Egli ti guarirà E, dopo la tua guarigione, vi saranno delle conversioni…».

Questo il racconto che Maria Bruneri fa dell’apparizione della madre. […] Nel pomeriggio di quello stesso giorno, prevedendo un attacco del suo male, si fece porre sul pavimento un materasso e su questo si sdraiò per evitare in tal modo che durante i contorcimenti, ai quali si abbandonava durante il rincrudirsi del male, potesse cadere a terra. In quel momento andò a trovarla una sua amica carissima, la signora Orlandi, alla quale confidò che intendeva rivolgersi a Don Bosco, come le aveva consigliato la sua compianta mamma.

L’aggettivo «compianta» meravigliò i presenti, qualcuno dei quali sapendo che alla Maria era stata pietosamente tenuta nascosta la morte della madre, prova a smentirla.

No, no – dichiarò allora l’ammalata – so tutto. Me lo ha detto la mamma. La mamma è morta. Essa mi ha detto che don Bosco mi guarirà. Fu mandato subito a chiamare un Salesiano. […]

Copertina di una pubblicazione coeva: dall’alto in basso e da sin. a dx. Giulia Canella, Mario Bruneri, figlia di Giulio Canella, Felice Bruneri, figlio di Mario Bruneri, due figli di Giulia Canella e Mario Bruneri, figlio di Giulio Canella

Il sacerdote, che aveva portato con sé una reliquia di Don Bosco, la porse all’ammalata, che la baciò e quindi se la pose in seno. […] quella sera, l’ammalata e le sue compagne decisero di fare una novena a Don Bosco. Il secondo giorno della novena, Maria Bruneri, dopo parecchi mesi di assoluta astinenza, riusciva ad ingerire una tazza di brodo. Il male sembrava che andasse aggravandosi. Nell’ultimo giorno della novena, la catastrofe appariva imminente. Ma il 14 luglio ogni male cessò improvvisamente.

– Mi alzo sul letto – racconta la graziata. – Le mie compagne credono che sia vittima di una allucinazione. Provano a tenermi. Riesco io a scendere a terra e grido: «Vengo a te, Don Bosco, eccomi!». Ed ora sono guarita. […] Questo fatto straordinario sarà anche registrato sul Bollettino del Salesiani «Maria Ausiliatrice», il cui direttore, don Spriano, ha fatto in proposito una diligente inchiesta. Avvicinato da noi, don Spriano ci ha dichiarato che la guarigione di Maria Bruneri è avvenuta in condizioni tali da non essere umanamente spiegabili: «ma – ci ha soggiunto – non bisogna correre troppo e parlare di un vero e proprio miracolo. Bisognerà innanzi tutto vedere se la guarigione non prepara delle sorprese e poi la prima parola sarà quella del dott. Aicardi, medico curante».

Ho riportato questo testo, sicuramente datato, de “La Stampa” per rievocare il clima del tempo, senza alcun intento ironico e/o denigratorio, nella convinzione che si è trattato di un miracolo dell’allora Beato Giovanni Bosco: lo dico perché ho potuto vedere le foto di Maria Bruneri ammalata scattate per incarico dei Salesiani a maggior gloria del loro Fondatore.

Maria Bruneri, nel 1931, diventa Superiora o «Madre» della Compagnia Figlie di Sant’Angela di Torino. Muore il 14 gennaio 1948. La notizia viene pubblicata da “La Stampa” il giorno successivo col titolo: «È morta Madre Maria sorella di Mario Bruneri». Così recita: “È morta stamane suor Maria Bruneri, superiora della Compagnia di Sant’Angela dei Merigi, che ha sede in corso Regina Elena 29. Aveva 66 anni, e lo scorso anno aveva festeggiato il suo venticinquennio della vestizione. Suor Maria era la sorella più anziana di Felice e di Mario Bruneri, il protagonista della clamorosa vicenda sbocciata al Manicomio di Collegno. La buona suora, che tanto dolore aveva provato per la pubblicità fatta al nome del fratello, vuole che per i suoi funerali non vengano inviati fiori: «Fate opere di bene – ha lasciato scritto ai congiunti – e pregate per me»”.

I suoi resti mortali sono tumulati nella cappella dell’Istituto di Torino delle Figlie di Sant’Angela Merici, in via Goffredo Casalis, nel Borgo San Donato. Ma certo l’episodio più significativo della sua esistenza era avvenuto in via San Domenico…

Antonio Boffetti, Madre e Maestra. Maria Bruneri, Torino, 1973.

Il sito “santiebeati” la inserisce nella Sezione Testimoni (biografia di Carla Osella).