di Giovanni Dughera

La Valchiusella, in provincia di Torino, è una zona montana poco conosciuta, così stretta tra due sorelle maggiori dal nome prestigioso: la Valle d’Aosta, e la valle dell’Orco che conduce al Gran Paradiso.

Scorcio d’una borgata valligiana – foto di Giovanni Dughera

Essa venne originata dagli sconvolgimenti geologici conseguenti allo scioglimento dei ghiacciai della Valle d’Aosta, che lasciarono forme inconsuete come la lunga e piatta Serra d’Ivrea, antica sua poderosa morena e, dall’altra, la Serretta, che sbarra l’accesso alla Valchiusella. A mezzo, i rilievi ondulati della bassa Valle, morfologicamente simili a creste impennate, costellate di laghetti (Alice, Meugliano), residuo di quel mitico Gran Lago che si formò nella piana d’Ivrea a seguito dello scioglimento dei ghiacciai, 20.00 anni fa.

Veduta della valle – foto di Giovanni Dughera

Questo relativo isolamento, dovuto anche all’accesso che ancora nel 1835 era consentito esclusivamente tramite mulattiere , questa posizione, “discreta” anche per il paesaggio consistente in pendii erbosi e boscosi più che in eclatanti cime, sono probabilmente i motivi che hanno salvato in gran parte la sua tradizionale architettura, avente per di più caratteri precipui e originali che la discostano da tante altre vallate alpine.

Caratteristico pilone a tema mariano e casa a loggiato sullo sfondo – foto di Giovanni Dughera

Segni di presenze umane in epoche antichissime sono i sentieri lungo i quali troviamo massi ricchi di incisioni rupestri, un monolite in pietra (il menhir), i resti di palafitte e piroghe trovati nell’Ottocento nelle torbiere di Alice.

I primi abitanti protostorici furono i Salassi, tribù di origine celto-ligure, che lottarono duramente con i colonizzatori romani, pur mantenendosi una certa convivenza.

La borgata di Fondo, frazione di Traversella, con il caratteristico ponte arcuato in pietra – foto di Paolo Barosso

In epoca medievale riscontriamo un fenomeno poco conosciuto: una rivolta popolare contro i nobili, chiamata tuchinaggio, da tucc un (tutti insieme), sorta di antesignano della Rivoluzione Francese che distrusse castelli, dei quali rimangono solo più rovine come o trasformazioni, come a Pecco. 

Veduta d’una casa a loggiato, tipologia comune in Valchiusella – foto di Giovanni Dughera

LE CASE  Troviamo nelle case della Valchiusella un elemento architettonico particolare, pur presente anche nelle pianure ai suoi piedi: il loggiato, ossia teorie di arcate disposte a più livelli, piani che donano alle case in pietra, a volte intonacate, una modularità piacevole, che ne alleggerisce nel contempo il volume  con il vuoto creato dai profondi balconi ad arco “scavati” nelle facciate.

Il Cavallari Murat, studioso di arte e architettura che ha dedicato al Piemonte particolare attenzione, afferma che questo tipo di architettura deriva dalla passata “romanità” del Canavese, riscontrabile peraltro anche nelle teorie di colonne in pietre a secco che sorreggono i vigneti di altre zone del Canavese: di ordine classico si parla, della colonizzazione romana del contado di Ivrea..

Scorcio della borgata di Tallorno (Traversella) con le tipiche baite in pietra – foto di Paolo Barosso

Rileviamo quindi una continuità, ma la casa a loggiato è generalmente sei-settecentesca, a volte cinquecentesca, il vuoto temporale andrebbe quindi dalla caduta dell’impero romano all’età barocca: possiamo pensare al recupero della classicità attuato per l’appunto in tale epoca e infatti molte borgate, come vedremo, sono settecentesche.

Qui la rusticità delle case contadine  esclude l’aulicità, mancano certamente stucchi, rilievi ed essenzializzando in tal modo le linee viene preservata l’eleganza, rendendola sobria.

Gruppo di case a loggiato – foto di Giovanni Dughera

Le facciate presentano un’interessante tipologia già nelle scale d’accesso: rigorosamente in pietra, spesso con due simmetriche rampe che si uniscono alla porta d’ingresso. Il disegno ha un movimento che ricalca, ovviamente in scala ridotta e senza impreziosimenti, gli scaloni monumentali barocchi esterni ai castelli sei/settecenteschi piemontesi. A volte sono addirittura palladiane.

Veduta d’una abitazione valligiana in pietra – foto di Giovanni Dughera

Il castello di Agliè, il più ricco e imponente del Canavese, potrebbe essere l’esempio imitato dalle maestranze che agirono in Valchiusella che, può stupire, furono di origine comacina e luganese, le stesse che lavoravano coi loro maestri alle residenze sabaude. Ciò dimostra la tesi del Cavallari Murat, studioso di fama ormai scomparso, il quale rilevava qui la non separazione, anzi l’incontro tra architettura minore e grande Arte, ove i capimastri di opere di grandi architetti portavano con sé i loro moduli costruttivi, ripetendoli nel panorama edilizio montano, e nello stesso tempo i grandi copiavano dai piccoli i loro segreti costruttivi, dettati dalle condizioni climatiche montane, neve, gelo, vento, che obbligavano a determinate tipologie.

Interno d’una abitazione della Valchiusella con la caratteristica scala in legno – foto di Giovanni Dughera

C’è in queste case e baite un fascino che deriva dall’integrazione di semplicità di linee, blocchi, aperture che esitano in un’eleganza senza fronzoli, in una scioltezza delle masse, peraltro in pietra e quindi apparentemente pesanti, e nella genialità delle soluzioni costruttive interne.

Il loggiato, in zone piovose come queste, rispondeva ad esigenze domestiche di riparo del lavoro, di essiccamento di prodotti agricoli, ricovero di attrezzi agricoli, biancheria da asciugare. I loggiati in legno, in Valchiusella profondi e d’ampio respiro, le scale, i soffitti e i pavimenti in legno si affiancano alla pietra e all’intonaco, nelle stalle, stanze e fienili: questo connubio di materiali naturali, in case inserite in paesaggi verdi, le rende parte integrante della Natura.

Affresco a tema sacro sulla parete d’una casa a Tallorno (Traversella) – foto di Paolo Barosso

Le ritmiche teorie di loggiati presentano inoltre un’assonanza con la musicalità, riscontrabile anche nella ripetizione di archetti sospesi sulla superficie dei campanili romanici del Canavese.

Notiamo spesso, sulle facciate, curiosi uncini in ferro a becco d’oca, che disegnano eleganti guizzi come fatti a china: sostenevano pertiche a cui si appendeva biancheria, granoturco e foglie di rapa ad essiccare , utilizzate quest’ultime per l’alimentazione animale. Anche sotto i loggiati erano presenti questi elementi.

Pilone votivo lungo un sentiero della valle – foto di Paolo Barosso

Il colore si insinua  come un improvviso flash, una macchia di tinte, quando sulla casa compare una meridiana, un affresco religioso, (Tissone ne è ricca) o vi si appoggia un pilone votivo: un caso magistrale è a Drusacco, sulla strada maestra. Qui una stradina selciata sale d’improvviso da un bellissimo pilone ricco di colori, arrestandosi ai piedi di una raccolta casa in pietra a tre ordini di loggiati, accanto a un’altra intonacata: un “compact” di rara bellezza.

Interessanti le decorazioni, lievi, che compaiono talvolta negli interni: comune è il cosiddetto Sole delle Alpi, un disegno che pare un quadrifoglio ed è un chiaro simbolo solare celtico, come lo erano gli antichi abitanti del Canavese (i Salassi).

Scorcio della cascata di Fondo (Traversella) – foto di Giovanni Dughera

A Del Pizzen,  nella zona di Fondo, una casa, questa volta “ricca”, presenta all’esterno muri a scarpa medievali che sorgono dai prati, e un cortiletto interno, intimo e claustrale, raccolto sotto begli archi: intorno a una finestra graffiture in rilievo dal chiaro disegno barocco e una data, 1735. Al di sopra i tetti con teorie di lose (tegole piane di ardesia, provenienti da cave locali o vicine) paiono bagnati dalla cascata che si intravede sull’altro versante: il “Pis”, che ha dato forse luogo all’insolita germanizzazione del toponimo originale, in genere oggetto di italianizzazione da parte dei geografi fiorentini che dopo l’Unità d’Italia compilarono le carte del neonato Regno d’Italia.

Scorcio della valle con le cime più alte innevate – foto di Giovanni Dughera

Sul sentiero tra Fondo e Tallorno avremo una bella visione della cima più importante della Valchiusella, il monte Marzo, 2350 m.., che spunta dal scenografico “corridoio” serpeggiante di baite.

  • continua

 

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